La NASA commemora il 30esimo anniversario del disastro del Challenger, la tragedia dello space shuttle dove persero la vita tutti e 7 i membri dell’equipaggio.
Lo shuttle si disintegrò 73 secondi dopo il lancio da Cape Canaveral il 28 gennaio del 1986, seconda catastrofe spaziale dopo l’incendio dell’Apollo 1 il 27 gennio del 1967 e precedente alla tragedia del Columbia del 1 febbraio 2003.
Con il Day of Remembrance, l’agenzia spaziale americana ha iniziato già da ieri le celebrazioni nelle diverse basi sul territorio USA, in memoria dei membri della NASA che hanno dato la vita per la causa dell’esplorazioni spaziali.
APOLLO 1
L’incendio dell’Apollo 1, fu la prima tragedia legata alle missioni della NASA, e si è verificato il 27 gennaio del 1967.
Gli astronauti Gus Grissom, Ed White e Roger Chaffee erano all’interno della loro capsula equipaggio alla stazione di Cape Canaveral, Florida, conducendo una prova del veicolo, instato programma per il lancio di una missione orbitale meno di un mese più tardi.
Scoppiò un incendio, e tutti e tre i membri dell’equipaggio rimasero bloccati nella capsula senza via d’uscita.
La mattina della prova, l’equipaggio sentì un cattivo odore nella bocchetta dell’ossigeno, e fu impiegata circa un’ora per riparare il guasto.
Poi andò giù il sistema di comunicazione e le famose parole di Grissom: “Come faremo a raggiungere la Luna, se non possiamo parlare tra due o tre edifici?”
Nonostante i problemi di comunicazione, si tenne il conto alla rovescia del test.
Accadde tutto in un attimo.
Alle 18:31 si udì una parola spaventosa dal veicolo spaziale: “Fire” (Fuoco).
Deke Slayton, che aveva curato le selezioni dell’equipaggio alla NASA ed era presente alla prova, poteva vedere le fiamme bianche in un monitor televisivo a circuito chiuso che puntava verso la capsula.
L’equipaggio ha lottato per uscire.
I tecnici sono corsi cercando di combattere il fuoco con estintori con a maschere respiratorie difettose.
Finalmente, la porta era aperta, ma era troppo tardi.
CHALLENGER
Il successivo disastro spaziale è avvenuto 19 anni e un giorno più tardi.
Il 28 gennaio 1986, lo space shuttle si disintegrò appena 73 secondi dopo il lancio, uccidendo Francis “Dick” Scobee, Ronald McNair, Mike Smith, Ellison Onizuka, Judy Resnik, Greg Jarvis e la civile Christa McAuliffe, che avrebbe dovuto essere la prima insegnante nello Spazio.
L’analisi ha dimostrato il malfunzionamento di una guarnizione, chiamata O-ring, che consentì al gas caldo sotto pressione e alle fiamme di fuoriuscire e toccare il serbatoio esterno, provocando un cedimento strutturale.
Con la rottura del serbatoio esterno, il Challenger, che viaggiava a Mach 1.92 a un’altezza di 14.000 metri venne avvolto completamente nel fuoco esplosivo.
Sotto gravi carichi aerodinamici, lo shuttle si disintegrò sopra l’Oceano Atlantico un minuto e 13 secondi dopo il lancio.
Frammenti del orbiter, tra cui il compartimento dell’equipaggio, sono stati poi recuperati al largo della costa della Florida centrale.
Lo shuttle non disponeva di un sistema di lancio di fuga.
Se così fosse stato gli astronauti a bordo del Challenger sarebbero stati in grado di abbandonare in sicurezza l’orbiter durante la sua rottura.
COLUMBIA
Passarono 17 anni fino al successivo disastro spaziale.
Il 1 febbraio 2003, il Columbia si disintegrò durante la fase di rientro nell’atmosfera terrestre, uccidendo i sette astronauti a bordo.
La NASA sospese i voli dello space shuttle per più di due anni, per indagare sulle cause del disastro.
Un’ inchiesta ha stabilito che un grande pezzo di schiuma isolante cadde dal serbatoio esterno dello shuttle e colpì fatalmente l’ala al momento del lancio.
Durante i 16 giorni dell’equipaggio nello spazio, la NASA stava indagando sulla possibilità che del materiale si fosse staccato durante il lift off.
Circa 82 secondi dopo che il Columbia lasciò la terra, un pezzo di schiuma si staccò dalla struttura attaccata al serbatoio esterno della navetta.
Un video dal lancio sembrava mostrare la schiuma che colpisce l’ala sinistra dello shuttle.
(L’immagine di seguito mostra il momento del rientro e una perdita di detriti nell’ala sinistra)
Molte persone all’interno NASA cercarono di ottenere più immagini dell’ala danneggiata in orbita.
Il Dipartimento della Difesa diede piena disponibilità nell’utilizzo delle sue telecamere spia orbitali per ottenere uno sguardo più da vicino.
Tuttavia, sembra che i funzionari della NASA responsabili declinarono l’offerta.
Il 1 febbraio 2003, la navetta iniziò il suo solito metodo di atterraggio al Kennedy Space Center.
Tuttavia, le letture anomale della temperatura dei sensori spinsero la la missione di controllo a collegarsi con l’equipaggio per diuscutere dei valori.
L’ultima parola che si udì dallo suttle fu “Roger”.
Persero la vita tutti e 7 i membri dell’equipaggio, gli astronauti Rick Husband, Michael Anderson, David Brown, Kalpana Chawla, Laurel Clark, William McCool e Ilan Ramon.
In quel momento, il Columbia era vicino a Dallas, viaggiando a 18 volte la velocità del suono e ancora a 61 km dal suolo.
Dodici minuti più tardi, quando lo shuttle avrebbe dovuto essere nella fase finale di avvicinamento alla pista di atterraggio, un controller della missione ricevette una telefonata.
Una rete televisiva mostrava il video dello shuttòe che si disintegrava nel cielo.
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