La sindrome di Klinefelter è una malattia caratterizzata dalla presenza di uno o più cromosomi X sovrannumerari all’interno della coppia di cromosomi sessuali (XY), che possono essere di derivazione materna (50%) o paterna (50%). L’anomalia cromosomica XXY ha una frequenza di 1 nascita su 500; nonostante ciò molti uomini che ne sono portatori vivono senza mai sospettare di avere un cromosoma supplementare. Il meccanismo che determina la sindrome Klinefelter è una alterazione del processo di divisione tra i cromosomi materni e paterni (non disgiunzione meiotica). Le cause di tale meccanismo non sono tuttavia ancora del tutto note, tra i fattori predisponenti potrebbe avere un ruolo una avanzata età materna.
Il nome della sindrome deriva dal medico statunitense che nel 1942 pubblicò i risultati delle sue ricerche su uomini che manifestavano testicoli piccoli, aumento del volume delle mammelle e diminuzione o mancanza di peli sulla superficie corporea. I soggetti affetti presentano infatti una scarsa virilizzazione, con testicoli piccoli e duri e gravi alterazioni del liquido seminale fino all’azoospermia, cioè l’assenza di spermatozoi nel liquido seminale. La loro statura è frequentemente superiore alla norma, con alterazione delle normali proporzioni (braccia e gambe lunghe, tronco corto e spalle strette). Hanno una maggiore tendenza all’obesità e possono presentare ginecomastia (prevalentemente bilaterale). Queste persone hanno un rischio maggiore di sviluppare patologie come il diabete mellito, il lupus eritematoso sistemico (LES) e l’artrite reumatoide, l’osteoporosi, alcuni tumori e disturbi psichiatrici, quali ansia, nevrosi, psicosi e depressione.
La diagnosi della Sindrome di Klinefelter si basa sullo studio genetico del cariotipo ovvero dei cromosomi dell’individuo. Prima della nascita l’amniocentesi o il campione dei villi coriali possono mettere in evidenza una eventuale alterazione cromosomica. Successivamente i primi sintomi possono manifestarsi nella prima infanzia con difficoltà comunicative e linguistiche. Durante l’adolescenza può rendersi evidente una ginecomastia (sviluppo eccessivo delle mammelle) che deve essere studiata o un ritardo di sviluppo dei genitali e dei caratteri secondari maschili (come ad esempio barba e peli). In assenza di tali manifestazioni la diagnosi viene generalmente posta in età fertile, quando, dopo diversi tentativi di concepimento, i pazienti si rivolgono ad un andrologo.
La diagnosi genetica deve essere accompagnata da uno studio ormonale completo generalmente caratterizzato da aumento di FSH (ormone follicolo-stimolante) ed LH (ormone luteinizzante), riduzione del testosterone plasmatico prodotto dal testicolo (talvolta nei range di normalità), elevati valori medi dell’estradiolo plasmatico. Sono infine indispensabili uno studio testicolare con ecocolordoppler ed un esame del liquido seminale.
(dire.it)
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