(di Carlo Di Stanislao) – Ha raggiunto il suo amico Lucentini in un giorno di particolare nostalgia, dopo una separazione di nove anni: appena un breve battito di ciglia, nel luogo che abitano ora.
Lucentini lo aveva conosciuto nel ’52, in un bristot di Parigi, lettore raffinato quanto lui e quanto lui innamorato di racconti e di storie.
Carlo Fruttero se n’è andato sabato, a 85 anni (era nato a Torino il 19 settembre 1926), morto nella sua casa di Roccamare, a Castiglione della Pescaia, dove da qualche anno si era ritirato accudito dalla figlia Carlotta e dalla sua famiglia (l’altra figlia, Federica, vive a Parigi).
Con loro aveva anche giocato a scrivere il suo necrologio (“meglio tenersi sullo stringato, costa meno”), come aveva raccontato l’anno scorso nella lista compilata per Vieni via con me, il programma di Fazio e Saviano.
Sempre lo scorso anno, minato nel fisico ma indomito nella creatività, aveva continuato a scrivere, o meglio a dettare a Carlotta i suoi lampi creativi, come una filastrocca per bambini ispirata alla Genesi (edita da Gallucci) e composta “sotto l’Alto patronato dell’Onnipotente” , immaginandovi un Dio che dopo essersi dedicato all’essenziale scopre che al mondo mancano ancora “parecchie cosette”, tra cui giungle, liquirizia, marijuana e quindi provvede a crearle.
Ora, arrivato al cospetto di quel Dio, con l’aiuto dell’inseparabile amico, già sciorina un nuovo elenco di mancanze, con relative, giamburraschesche motivazioni.
Senza Lucentini aveva scritto solo due romanzi: Visibilità zero, sulle tragicomiche disavventure di un onorevole e, nel 2007, Donne informate sui fatti, dove un delitto è raccontato da otto voci femminili, libro così riuscito da entrare nella cinquina del Campiello.
Ma chi è rimasta famosa è la coppia, che esordì con una raccolta di poesie: L’idraulico non verrà, nel 1971 e divenne famosa l’anno successivo, con il giallo La donna della domenica, che ebbe anche un seguito nel 1979 col titolo A che punto è la notte e che fu poi soggetto per un film, diretto da Luigi Comencini, con Marcello Mastroianni nella parte del commissario Santamaria.
L’anno ridato ieri su Rai 3, con il trio Mastroianni-Bisset-Trintignant che ci dwescrive, con arguta ironia, un’Italia già avvelenata dal boom economico e dalla decadenza di ogni valore.
Da quando Franco non c’era più, uniche consolazioni erano le immancabili Gauloise e le visite giornalieri dell’altro grande amico: Pietro Citati.
Ma sabato tutto questo non è bastato e la nostalgia di Franco è stata più forte, soverchia, maggiore.
Ernesto Ferrero, scrittore e direttore del Salone internazionale del libro di Torino, ha ricordata a La Stampa che Fruttero : ”Ha vissuto gli ultimi mesi seguendo la cronaca con la solita curiosità, divertito per le bizzarrie e le stupidaggini che capitavano nel mondo”.
Ma poi si è stancato di farlo da solo ed è salito in cielo, per raccontare questi giorni all’amico ed imbastire con lui, racconti nuovi, per anime e santi.
E certamente andranno alla ricerca di Giorgio Scerbanenco, il milanese di Kiev, di cui, sulla terra, abbiamo celebrato il centenario dalla nascita lo scorso 12 novembre; convinti che un tandem fra il loro Santamaria ed il detective medico radiato per eutanasia Duca Lamberti, sarebbe scoppiettante edi grande successo, anche in quel luogo di presenze rarefatte.
Così il trio potrebbe far riflettere, nel luogo che davvero conta, gli angeli ed il “capo”, su un’Italia di intrighi e collusioni, ambiguità e arretratezze, in cui nulla va mai per il verso giusto e tutti cercano solo scorciatoie, trovandosi sempre ragionevoli attenuanti morali.
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