Nero Wolfe, sceneggiato trasmesso fra il 1969 ed il 1971, che vedeva Tino Buazzelli e Paolo Ferrari, nel ruolo dei due protagonisti, ossia Nero Wolfe e Archie Goodwin, a distanza di cinquant’anni, ha il suo remake, ovviamente aggiornato e rivisto, con otto puntate da 100 minuti ciascuna.
E, a Rex Stout sarebbe piaciuto il modo con cui la Casanova Multimedia (Di Luca Barbareschi) e la RAI lo hanno preparato, presentando Nero Wolf ed il suo gruppo (l’inseparabile Archie Goodwin ed il nuovo cuoco Nanni Laghi) in un immaginario e forzato (per guai con l’FBI) soggiorno romano.
Siamo nel 1959 e, come dicevamo, a causa di piccoli screzi maturati con la polizia federale, Nero Wolfe, il miglior detective d’America, si trasferisce in Italia in compagnia del fido assistente Archie.
Con due obiettivi essenziali: trovare un cuoco all’altezza del suo palato da gourmet e allestire in breve tempo un’ampia serra in cui conservare le preziose orchidee. Passatempi che richiedono dedizione, concentrazione ma soprattutto denaro.
Sollecitato al lavoro dal ben più concreto Goodwin, che procura i clienti, Wolfe indaga su casi di omicidio avvenuti in città: un professore universitario assassinato con un piccolo ago, una giovane avvelenata nel corso di un galà, puntuto, una ricca filantropa investita in circostanze misteriose…; naturalmente senza mai spostarsi da casa.
È antipatico, e se ne vanta Nero Wolfe, ritenuto, da una giuria internazionale di esperti, ad inizio di millennio, il detective più significativo del secolo. E’ asociale, scorbutico, maniacale e chiaramente misogino e, proprio per questo, irresistibile.
Nuovi personaggi della serie di otto puntate iniziata ieri in prima serata su Rai 1, la sinuosa ed intraprendente giornalista di nera Rosa Petrini, il commissario Graziani, ulceroso, irascibile ed estremamente attento, il suo luogotenente e un po’ ritardato maresciallo Bordon, oltre al furbo ed in carriera questore Borsini.
Una serie scritta bene e recitata meglio, con un superbo Francesco Pannafino che non fa rimpiangere Buazzelli ed il contorno riuscito di Pietro Sermonti (Archie Goodwin), Andy Luotto (Nanni Laghi), Giulia Bevilacqua (Rosa Petrini), Marcello Mazzarella (Commissario Graziani), Michele Laginestra (Spartaco Lanzetta), Davide Paganini (maresciallo Bordon).
A giudicare dalla prima puntata, particolarmente bravi gli sceneggiatori (Piero Bodrato, Grazia Giardiello, Roberto Jannone e Alessandro Sermoneta) ed abile la regia di Riccardo Donna.
Consiglio agli spettatori che non conoscessero i romanzi di Rex Stout (il grande creatore della serie Nero Wolf, nata nel anni trenta del secolo scorso come combinazione fra il giallo d’azione americano, l’ hard boiled ed il giallo all’inglese, più intellettuale e deduttivo), di leggere, come prima cosa, l’eccellente volume “Orchidee Nere” che, a cura di Massimo Bucchiola e per la BEAT, contiene due romanzi brevi (o racconti lunghi che dir si voglia) di Nero Wolfe, Orchidee nere – Black Orchids e Cordialmente invitati a incontrare la morte – Cordially Invited to Meet Death, nella storica traduzione di Laura Grimaldi, apparsa per la prima volta nel volume edito da Mondadori nel 1983 I romanzi brevi di Rex Stout, a cura di Gian Franco Orsi e poi ripubblicati più volte in varie collane.
In questi due racconti,, come nota nella prefazione Carlo Lucarelli, Stout, più che altrove, racconta la sua visione personale per il detective bolso, sedentario, misogino ed egoista, ma anche intelligentissimo, snob, a suo modo affascinante, che riserva sentimenti e passioni solo sulle amate orchidee e sul cibo raffinato. Leggendo questi due racconti si comprende (e Pannifano & Co lo incarnano benissimo in tv), che Nero Wolfe non è così grasso per una banale disfunzione ghiandolare, in quanto la sua è un’obesità letteraria, ricercata e perseguita con la raffinatezza, nata dalla convinzione che a muoversi, a sprecarsi in una girandola inutile, devono essere gli altri, a partire dalla sua elastica spalla Archie Goodwin, a cui lascia anche la fatica di raccontare in prima persona la storia.
Wolfe non ha nulla dei detective istituzionali che cercano di competere con lui. E nella mobile immobilità, l’assassino, soprattutto, l’uomo che nasconde, finisce, come una mosca, nella tela sottile e solo apparentemente immobile di Nero Wolfe.
Ultima nota, con la serie si ricompone la coppia artistica di Boris, serie tv cult che vedeva Pannofino nei panni di Renè Ferretti, regista alle prese con fiction di dubbio valor artistico, e Sermonti in quelli di Stanis, attore vanesio e incapace. E, anche in questo caso, la coppia funziona a dovere.
Carlo Di Stanislao
(70)