(di Carlo Di Stanislao) – La Palma d’Oro è andata ad “Amour” , poetica elegia sull’amore e le sue più estreme conseguenze dell’austriaco Michael Haneke, con Isabelle Hupper e Jean-Louis Trintignat, latitante dagli schermi da quasi tre lustri.
Il premio della Giuria è stato invece assegnato a “The Angels’share” di Ken Loach, regista da sempre caro al Presidente Nanni Moretti.
Quanto agli altri premi, Mads Mikkelsen (The Hunt), ha vinto quale miglior interprete maschile; Cosmina Stratan e Cristina Flutur per “Beyond The Hills” di Cristian Mungiu, che ha vinto anche il premio per la miglior sceneggiatura; per la migliore prova al femminile ed il premio alla regia, assegnato al messicano Carlos Reygadas, per il particolarissimo “Post Tenebras Lux”.
A sopresa, poi, il Gran Prix all’unico film italiano in concorso: “Reality”, di Matteo Garrone, non protonostica fra i favoriti e la cui premiazione manda giustamente in visibilio la Rai (che con “Cesare deve morire” aveva già vinto a Berlino e ai Donetallo), oltre all’Italia dei cinefili.
La cupa favola sull’invasione mediatica nella vita di tutti i giorni, raccontato con stile sobrio da Garrone, non aveva completamento convinto i giornalisti presenti ed invece c’è l’ha fatta e nel modo migliore, sconfiggendo l’agguerrito esercito dei competitors, con, in testa, da Allen, Cronenberg e gli autori francesi, dati favori nei pronostici.
E un’altra buona notizia si aggiunge al premio: l’acquisto, da parte della società indipendente di distribuzione Indie Oscilloscope, dei diritti di distribuzione per l’America.
Quanto agli altri premi, a Benh Zeitlin la Caméra d’or, trofeo assegnato al miglior debutto, per “Beasts of the southern wild”, pellicola che aveva già trionfato al Sundance, mentre a “Sessiz / Be Deng (Silent)”, del turco Rezan Yeşilbaş è andato il premio per il miglior cortometraggio.
Niente americani (c’èra da aspettarselo con Moretti) nel Palmeres, ma soprattutto (e a sorpresa) niente francesi; con dimenticati anche alcuni film meritevoli, fra cui, soprattutto, “Holly Motors” di Leos Carax, detestato, si dice, da Moretti, ma che comunque resta la “creatura” più strana e originale del concorso e “Ruggine e Ossa” di Audiard, con una magnifica prova di Marion Cotillard.
Garrone è tornato dunque a vincere a quattro anni di distanza da Gomorra , per il quale, nel 2008, aveva già ottenuto il Gran Premio della Giuria : il secondo riconoscimento più importante del Festival.
E la cosa ci sorprende non poco, non perché il film non sia bello, ma per la grande concorrenza delle pellicole in concorso.
Ma è ancora più sorprendente il premio Carlos Reygadas: miglior regia per Post tenebras lux, storia torbida e surreale di una famiglia che vive nella giungla messicana; film, ermetico e con numerosi elementi onirici, non era stato accolto molto positivamente da parte della critica.
Scontato invece il premio al maestro del cinema britannico Ken Loach, vincitore della Palma d’Oro nel 2006 per Il vento che accarezza l’erba, premiato per “The angel’s share”, una commedia dai risvolti sociali sulla vicenda di un giovane padre di famiglia scozzese, che trova il modo di riscattarsi dagli errori del passato.
Quanto alle sezioni minori , “Un certain regard” e “Cinéfondation”, ha vinto la prima il messicano Michel Franco, con “Despues de Lucia”, sua opera seconda; mentre il premio speciale è andato alla commedia “Le grand soir” di Benoit Delepine e Gustave Kervern.
Invece il premio per migliore interpretazione è stato tutto al femminile, diviso a pari merito fra Suzanne Clement per “Laurence Anyways” (storia di infanticidio) e Emilie Dequenne per “A perdre la raison” (sull’ amore transgender).
Anche la menzione speciale è andata ad una donna: Aida Begic con “Djecà”, robusta, toccante storia di due fratelli, orfani di guerra.
Per concludere, in Cinéfondation, la sezione nata nel 1998 per dare visibilità a corti e mediometraggi prodotti nelle scuole di cinema di tutto il mondo, si aggiudico il primo premio “Doroga Na” (The Road To) di Taisia Igumentseva e il secondo e terzo, “Abigail” di Matthew James Reilly e “Los Anfitriones” (The Hosts) di Miguel Angel Moulet.
Come italiani possiamo ritenerci più che soddisfatti e non solo per il premio a Garrone, ma anche per gli attestati di stima agli altri due film fuori concorso “Io e te” di Bertolucci e “Dracula 3D” di Argento, accolto dalla stampa internazionale come un vero e proprio capolavoro.
Girato (grazie anche alla splendida “luce” creata da Luciano Tovoli) in perfetto stile B-movie anni ’70, il “Dracula 3D” di Dario Argento, presenta un vampiro (Rutger Hauer) molto romantico e melanconico , pervaso da dubbi “morali” ed esistenziali e presenta molte scene ‘hot’, con avventi contadinelle nude da cinema italiano anni Settanta, predatori notturni con canini a scatto e, invece di un pipistrello, una civetta che si trasforma in Dracula.
La tecnologia 3D ha aiutato a creare una prospettiva diversa e gli effetti speciali hanno fatto il resto, in un film visionario ed innovativo, costruito come antidoto ai vampiri buoni di ‘Twilight’ e alla maniera del vecchio cinema che incanta e sorprende.
“Dracula” sul red carpet, con cast al completo, è andato lo scorso 19 maggio, con Asia Argenta, ormai musa del padre, che indossava un abito sorprendente, in un tessuto particolare, simile alla pelle di un rettile e un Rutger Hauer in sobrio e vampiresco abito nero.
Il film è in uscita nelle sale e, ne siamo certi, sarà un trionfo.
Speriamo, con il viatico anche del premio a Garrone, sia questo il segno di una “rinascita” che attendiamo da anni e che tarda, per ora, a venire.
E speriamo che, oltre agli incassi, con distribuzione anche fuori dagli italici confini, arrivino anche i premi, dopo la “Palma” e “l’Orso”.
Prossimi appuntamenti, da non mancare, Locarno, Venezia, Torino, Montreal e Londra, senza contare la mitica “notte degli Oscar”.
(70)