(di Carlo Di Stanislao) – In attesa de “La bella addormentata”, film di Belloccio, ispirato alla vicenda di Eluana Englaro, con Toni Servillo, Isabelle Huppert, Alba Rohrwacher (ammirata al “Roseto Opera Prima”, il “Missione di pace” di Filippo Laghi), Michele Riondino, Maya Sansa, Roberto Herlitzka (anche lui applaudito a Roseto per “Sette opere di misericordia” dei due De Serio) e Gian Marco Tognazzi, Locarno si prepara al difficile tema della “morte assistita” con il nuovo film di Stéphane Brizé, presentato alla stampa sabato scorso, storia di una donna forte, razionale e severa (con se stessa, il cane, i pochi amici e i suoi famigliari), di nome Yvette (Hélène Vincent), affetta da un tumore al cervello incurabile, che ha un rapporto conflittuale con il figlio 48enne, Alain (Vincent Lindon), appena tornato a casa dopo 18 mesi di carcere per contrabbando di droga. Un film (il titolo è “Quelques heures de printemps”), che fotografa passo dopo passo, con un realismo crudo che sfiora il documentario, il difficile ritorno alla “normalità” di un uomo senza lavoro e prospettive, che fatica a perdonare se stesso.
La totale mancanza di comunicazione con la madre (ogni tentativo sfocia in un litigio), sicuramente antecedente alla prigione, non fa che acuire il suo disagio interiore. I silenzi tra i due fanno più male di un pugno allo stomaco. Soprattutto quando Alain scopre l’effettivo stato di salute della madre, che oltretutto ha già preso accordi con un’organizzazione svizzera per procedere con il suicidio assistito.
Una scelta alla quale l’uomo è incapace di opporre qualunque argomentazione, dato che per lui la vita è un disastro e ha perso senso e valore. Così, non resta che il consenso o, meglio, il rispetto, la comprensione e, paradossalmente, un primo passo verso la riconciliazione.
Stasera, invece, la pellicola in programma in Piazza Grande è “Camille redouble, film francese in prima visione internazionale, diretto dall’attrice e regista Noémie Lvovsky che, tra l’altro, è pure membro della giuria del concorso . Subito dopo il Festival film attribuirà il Premio Raimondo Rezzonico al produttore israeliano Arnon Milchan.
Ieri, in scena “Bachelorette”, prima internazionale e opera prima della regista Leslie Headland, con premio alla carriera all’attore e cantante Harry Belafonte, soprannominato il “Re del Calypso”, che ha reso popolare la musica caraibica nel mondo a partire dagli Anni Cinquanta.
Un po’ di delusione, invece, per “Padroni di casa”, unico film italiano in concorso, opera seconda di Edoardo Gabbriellini, che racconta (ma meno bene di “B.B. e il Cormorano”), di due fratelli romani, Cosimo ed Elia (Valerio Mastandrea – che ha collaborato anche alla sceneggiatura – ed Elio Germano), giunti in un paesino dell’Appennino Tosco-Emiliano, per ristrutturare la casa di un popolare cantante ormai ritiratosi dalla scene, Fausto Mieli, interpretato da un inedito Gianni Morandi, al suo ritorno sul grande schermo dopo trent’anni.
Con un mood che riflette contaminazioni di classici archetipi del cinema horror, di cui il film si appropria per suo personale uso e consumo, smorzandone inoltre i toni virando nella direzione del dramma, in particolar modo nelle scene che esplorano la solitudine del personaggio di Moira, o creando diversivi attraverso la comicità di alcuni passaggi, dove brilla la coppia di protagonisti; la pellicola non può dirsi completamente riuscita.
Molto applaudita, invece e definita “straniante”, Stla performance di Morandi, che dietro la faccia sorridente e l’affabilità che d’impatto accomunano il personaggio al Gianni pubblico che tutti conosciamo, insinua la complessità di un uomo turbato, affranto dal dolore e dall’impotenza, che lo hanno reso cinico e freddamente spietato.
Stasera si attende anche Bellocchio, il cui difficile film è stato inserito alla 69esima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia e in uscita nelle sale il 6 settembre.
Ciò che conosciamo è lo script, sviluppato in vari luoghi d’Italia, durante gli ultimi sei giorni di Eluana Englaro, la cui vicenda resta sullo sfondo. Personaggi di fantasia dalle diverse fedi e ideologie le cui storie si collegano emotivamente a quella vicenda, in una riflessione esistenziale sul perché della vita e della speranza malgrado tutto.
Un senatore deve scegliere se votare per una legge che va contro la sua coscienza o non votarla, disubbidendo alla disciplina del partito, mentre sua figlia Maria, attivista del movimento per la vita, manifesta davanti alla clinica dove è ricoverata Eluana.
Roberto, con il fratello, è schierato nell’opposto fronte laico. Un “nemico” di cui Maria si innamora.
Altrove, una grande attrice cerca nella fede e nel miracolo la guarigione della figlia, da anni in coma irreversibile, sacrificando così il rapporto con il figlio.
Infine la disperata Rossa che vuole morire, ma un giovane medico di nome Pallido si oppone con tutte le forze al suo suicidio.
E contro ogni aspettativa, alla fine del film, un risveglio alla vita.
Il film di Bellocchio sarà uno dei tre italiani in concorso a Venezia, con “E’ stato il figlio” di Daniele Ciprì (alla prima regia senza Franco Maresco) e “Un giorno speciale” di Francesca Comencini.
Lo spot è visibile, dal 27 luglio, sul web, all’indirizzo: http://www.screenweek.it/film/27482-Bella-Addormentata.
Situata sulle rive del lago Maggiore ai piedi delle Alpi, la città medievale di Locarno, ha realizzato un Festival che, lungo i suoi 64 anni di storia, ha saputo conquistarsi un posto unico nel panorama delle grandi manifestazioni cinematografiche.
In questa edizione, il film più applaudito è stato, sin’ora The Wedding Party, presentato lunedì 6, con la star di True Blood Lizzy Caplan di fronte allo schermo open air più grande d’Europa, che ha e portato il saluto delle colleghe Kirsten Dunst, Isla Fisher e Rebel Wilson, protagoniste con lei di questa d pazza commedia al femminile, diretta da Leslye Headland, che si immette nella scia dei fortunati Una notte da leoni e Le amiche della sposa, narrando la storia di tre amiche avvenenti, ma inevitabilmente single, invitate all’addio al celibato della compagna di scuola corpulenta e sgraziata nota come Pigface. Una storia molto banale ed un film pieno di battute scurrili ma che, a giudicare dalle reazioni del pubblico, funziona molto bene.
Sempre lunedì, per concludere questo aggiornamento, due pellicole di spessore nel concorso internazionale.
L’inteso “A ultima vez que vi Macau”, dei registi e interpreti portoghesi João Rui Guerra da Mata e João Pedro Rodrigues, viaggio emozionale da Occidente e Oriente nato dall’occasione di un’email con cui una donna stabilitasi a Macao contatta un conoscente, anche lui un tempo residente laggiù; e l’ottimo “The Shine of Day”, pellicola firmata dagli autori di “Non è ancora domani” Tizza Covi e Rainer Frimmel, che narra la storia delicata dell’incontro tra Philipp, talentuoso attore di teatro che si divide tra l’Austria e la Germania, e Walter, il fratellastro del padre con cui la famiglia ha rotto i ponti da tempo.
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