(Di Carlo Di Stanislao) Proteggersi la pelle mettendola a riparo dai raggi solari è ormai un assioma abbracciato dallo star system e dopo Julianne Moore e Winona Ryder, dopo la stella del burlesque Dita Von Teese e l’ex Spice Victoria Beckham, ora anche la bad girl Miley Cirus (diva della Disney con all’attivo notti folli e i look eccessivi), si è lasciata fotografare come mamma l’ha fatta (direi con molto impegno e buon gusto) sulla t-shirt della campagna “Protect the Skin You’re In” di Marc Jacobs, risultando non meno sexy delle precedenti super-testimonial Bar Rafaeli, Milla Jovovich, Cara Delavingne, Christina Miller, Miranda Kerr e Naomi Campbell.
La giovane star, nata a Nashville il 23 novembre 1992, attrice e cantautrice, divenuta famosa con lo zuccheroso pesonaggio di Hanna Montana, ha anche comunicato sul social network Twitter tutte le indicazioni per l’acquisto delle magliette al momento disponibili solo negli store degli Stati Uniti d’America ed ha inteso rammentare l’importanza di curare la propria pelle, invitando i suoi ammiratori a proteggersi dai raggi del sole.
Degna erede di Lindsay Lohan, la bella Miley ha volentieri posato per l’amico Marc Jacobs, con foto che ne mettono in evidenza la silhouette super skinny, risultando la più venduta di tutte sul sito ufficiale dello stilista, dove è possibile ammirare l’intera collezione della campagna “Protect the Skin You’re In”, disponibili in tante nuance diverse, in vendita a 35 dollari e che già stanno andando a ruba tra le fashioniste.
Comunque, a parte questa vincente campagna, pare che la Cirus non stia passando un bel momento, sovraffaticata, pare ed in preda ad una feroce insommia (come ha più volte twittato), nonostante le amorevoli attenzioni del compagno Liam Hemsworth, non ancora ripresasi dalla fatica del primo singola dal suo ultimo album (“We cant stop”, uscito il 3 giugno), con relativo tour massacrante negli USA ed in Europa.
Ma, nonostante la debacle, continua a fare scandola e, in una recente intervista a Style Magazine, ha dichiarato che fumare marijuana è di gran lunga molto più salutare e meno pericoloso che bere alcolici, affermando: “Quando fumo, non ho quel malessere che poi mi viene quando invece bevo“.
Insomma, dopo aver fatto il mea culpa qualche anno fa, quando era stata filmata alla festa dei suoi 18 anni mentre fumava un bel bong alla “salvia”, Miley ha pensato di fare coming out, non nascondendosi più dietro a mille scuse, adottate all’epoca dei fatti solo per rispetto nei confronti dei suoi piccolissimi fans di Hannah Montana.
Ma il fatto è che quando si hanno milioni di fans e per di più adolescenti, certi pensieri sarebbe meglio tenerseli per sé.
Ora va detto, per amore di verità, che L’uso terapeutico della cannabis, del resto, è da anni riconosciuto dalla comunità scientifica. Farmaci con il principio attivo della marijuana sono utilizzati in molte nazioni del mondo, compresi alcuni Paesi dell’Unione europea e negli Stati Uniti, per alleviare i sintomi di malattie come il cancro, il morbo di Parkinson, la sclerosi multipla, la psoriasi e l’eczema atopico e, recenti ricerche, dimostrebbero una efficacia nel diabete e nella obesità.
Ma appunto un uoso accoro e conrtrollato e non libero e smodato come quello reclamizzato dalla Cyrus, che è invece in grado di determinare cambiamenti d’umore, accompagnati da alterazioni nella percezione del tempo, dello spazio e della propria dimensione corporea, con i processi mentali che vengono disturbati da idee e ricordi frammentari.
Nota in Asia centrale e in Cina sin dal 3000 a.C., la marijuana è stata per lungo tempo utilizzata dalla medicina popolare. Nei secoli passati è stata assunta in modo sporadico; solo a partire dagli anni Sessanta e Settanta ha conosciuto un consumo di massa, soprattutto tra i giovani. Benché la marijuana non provochi dipendenza fisica e l’interruzione del consumo non causi una sindrome da astinenza, i consumatori abituali sembrano, comunque, sviluppare una forma di dipendenza psicologica.
E, ancora, tra le persone che consumano marijuana abitualmente e in grosse dosi vi è chi sviluppa una “sindrome amotivazionale”, caratterizzata da passività, demotivazione e ansia; la relazione fra il consumo di marijuana e questa sindrome non è stato, tuttavia, ancora accertato. Come avviene con l’alcol, anche l’assunzione di marijuana sembra influire negativamente sulla capacità di comprendere testi scritti, di esprimersi oralmente, di risolvere problemi teorici, sulla memoria e sui tempi di reazione.
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