(Di Carlo Di Stanislao) Lo si odio o lo si ama, senza mezze misure, perché è essenziale, ruvido e definitivo come lo fu Moravia con la penna, capace, con la macchina da presa, di racconti privi di orpelli, limpidi, lineari, in cui porta in scena la delusione e le problematica amare di una intera generazione.
Ieri, 19 agosto, Nanni Moretti ha compiuto 60 anni e non ha festeggiato con feste cialtrone come quelle descritte da Sorrentino ne “La grande bellezza”, ma, come nel suo stile, non ha rilasciato né autografi né interviste e, forse, non gli è neanche piaciuto che Iris lo celebrasse mandando il suo “Bianca” in prima serata.
Non sono un suo sperticarto ammiratore, amo un cinema più “mosso” e barocco, ma ne ammiro il genio e le trovate.
In fondo, poi, molti degli autori di oggi che amoco (Vicari, Garrone, Sorrentino), si debbono in qualche modo alui ed al suo cinema.
Il suo film più bello, per me, resta (a dispetto di chi afferma che si tratti de “La stanza del figlio”, cion cui vinse nel 2001 la Palma D’Oro a Cannes), “La messa è finita”, del 1985, in cui risponde a chi lo considera un gelido intellettuale e dimostra e di essere capace di parlare a tutti affrontando con forza poetica e morale temi delicatissimi (la fede, la vocazione religiosa, il crollo degli ideali in una società allo sbando).
Il suo esordio nel 1976, “Io sono un autarchico” in cui per la prima volta appare il personaggio Michele Apicella, un alterego di se stesso che tornerà in altre sue produzioni, come a volerci indicare che è sempre il suo punto di vista personale ed ironico che viene proposto. Seguono poi “Ecce bombo” del 1978 che gli regala un inaspettato successo di pubblico e lo impone all’attenzione della critica, “Sogni d’oro” del 1981 che vince il Leone d’Argento a Venezia, “Bianca” del 1984 e, l’anno dopo “La messa è finita”
Segue una pausa di tre anni, fino a quando, nel 1987 ti fonda insieme ad Angelo Barbagallo la Sacher-Film, casa di produzione che ha lo scopo di dare spazio al cinema impegnato ed emergente con cui produce “Notte italiana” di Carlo Mazzacurati ed altri ancora, appoggiando piccole produzioni nazionalie.
Torna alla regia nell’89, con l’aspro “Palombella rossa”, dove appaiono delle inquadrature derivanti dal suo primo cortometraggio.
Dopo “Caro Diario” ed “Aprile” e dopo la Palma d’Oro con “La stanza del figlio”, gira “ilò caimano”ispirato alla figura di Berlusconi e “Habemus Papam”, per poi essere presidente della giuria del Festival di Cannes dell’anno scorso, fatto che dimostra inequivocabilmente quanto sia apprezzato soprattutto in Francia.
I bene informati ci dicono che lavoro alla scemneggiatura del suo dodicesimo lungometraggio: “Margherita”, con Margherita Buy, che dovrebbe iniziare, come riprse, prossimamente ed uscire nel 2014.
Come diceva non amo tutto Moretti e gli rimprovero un certo narcisismo che traspare in molti suoi film. Tuttavia ne ho profondo rispetto e non solo come autore, ma anche la tenacia dimostrata nel costruire il vasto arcipelago di attività-satellite ramificatesi col tempo: l’apertura, a Roma nel ’91, del cinema Nuovo Sacher, diventato una calamita, con il suo aspetto spartano e vintage, per un pubblico certo che il passare su quello schermo equivaleva a una garanzia di qualità; il costituirsi nell’87 in società di produzione (con il fondamentale affiancamento, ora rotto, di Angelo Barbagallo) e di distribuzione; l’aver fondato e animato premi (nell’89 il Sacher d’oro) dallo stile stravagante e iniziative di programmazione estiva, gli uni e le altre dedicati alle novità italiane.
Ma anche per certe operazioni produttive come quella dei cortometraggi ispirati ai diari dell’Archivio di Pieve Santo Stefano fondato da Saverio Tutino, punta di un’opera sostanziosa anche se non sempre visibile di esplorazione, scoperta, incoraggiamento, mobilitazione e fiducia a vantaggio di energie emergenti.
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