(Di Carlo Di Stanislao) Prima c’era Barrett, poi Barrett se ne andò ed arrivò Gilmour, segnando uno spartiacque, per cui si parla delle due vite dei Pink Floyd, che però esistevano prima e continuano ad esistere con musiche che se anche non si fondano su melodie particolarmente orecchiabili, dal 1967, sono una band di culto per migliaia di fan di almeno due generazioni.
Il 18 aprile scorso è scomparso, a soli 69 anni, Storm Thorgerson, fotografo e designer britannico, non tanto celebre per le copertine di gruppi come i Genesis, Black Sabbath, Muse e ancora di Paul McCartney e Peter Gabriel, ma fondatore, dello studio grafico Hipgnosis, che produrrà l’immagine Ip “Dark Side of the Moon”, certamente l’opera più famosa degli anni settanta: sfondo nero ed una luce divisa da un prisma.
Dopo 40 anni, quella compilation ci fa ancora capire che la musica è materia e spirito insieme ed il suo dualismo risiede nella percezione dei suoni e nelle emozioni che ci suscita, in contrapposizione con il suo lato oscuro, quello che non si sente e non si vede ma che in fondo si percepisce. Per questo, in copertina, un prisma che divide l’onda, la rifrazione, la filosofia, l’arte, la scienza.
Molte le tribute band che si sono fondate in nome dei Pink Floyd, ieri come oggi, e fra queste, celebre soprattutto nell’Italia del Sud e Centrale, i Fint Floyd, constituitasi quattro anni fa, composta da Monica Gemmiti (vocalist), Simona Iafrate (tastiere), Antonello Lombardo (basso elettrico e voce principale), Paolo Rosa (chitarra solista) e Stefano Stirpe (batteria e percussioni), nato per caso dopo una serata organizzata in omaggio alle canzoni di Lucio Battisti e giunto poi al rock innovativo dei Pink Floyd, con un repertorio che spazia dai primi dischi dei sino ad arrivare all’estremo Divison Bell: l’ultimo dei favolosi quattro che riescono a rinascere ogni voltea per ogni nuova generazione, e la cui musica non è fatta di nostalgia e di ricordi, ma di attualità e di passione.
Lo scorso anno, poi, dopo aver suonato ad Arpino (Fr), in occasione del Certamen Ciceronianum (la più importante gara nazionale di traduzione latina), unica band invitata all’evento, l’editore di Ferrara Arteecarta (Nicola Di Cristofaro) ha ingaggiato il gruppo prospettandogli un progetto unico al mondo: l’incisione, iIn occasione del 40° anno dalla produzione di “The dark side of the moon”, della traduzione in latino del disco, mantenendo le musiche originali.
Un progetto ambizioso e complesso, poiché la metrica latina è molto diversa dall’inglese, ma che, dopo mesi di studi e di prove ed un concerto alla fiera internazionale dell’editoria a l’Aquila (6 ottobre) dove è stato presentato solo Money (ossia Pecunia), è riuscita compiutamente, con tanto di video girato fra a L’Aquila, nella città terremotata ed ancora tutta da ricostruire.
Per la traduzione in latino il merito principale va alla professoressa Valeria Casadio della facoltà di Lettere della Università di Firenze ed ora l’intero album, intitolato “Occulta lunae pars”, sarà presentato in concerto a Piazza Palazzo, durante la 719° Perdonanza Celestiniana, il 27 agosto, con inizio alle 20,30.
Ci accorgeremo, così, perché si disse che con “The Dark Side of the Moo”n finisce un millennio e ne comincia un altro, capace, anche in latino, di raccontare la grandezza delle retrovie della psiche umana, tanto grande e tanto fragile, assieme.
Sempre a L’Aquila, a gennaio 2012, L’Officina Musicale, ensemble fondato dall’Avvocato Nino Carloni e diretto sin dalla fondazione da Orazio Tuccella, si era esibita nella prima esecuzione assoluta della trascrizione per orchestra da camera dell’Album dei Pink Floyd “The Dark Side of The Moon”, con partitura per 16 strumenti, commissionata da Alberto Giannangeli e Oscar Cicchetti, a Mark Hamlyn, compositore e pianista di grande valore, che, lo scorso 9 giugno, è stato appluido con suo gruppo jazz a Perugia, in piazza Ferrari, nel corso degli eventi estivi del Conservatorio Morlacchi.
Certamentei l suono dei Pink Floyd ha la capacità intatta di stregare chiunque lo ascolti, con quel mondo di suoni al limite del crepuscolo e delle zone oniriche, dove tutto sembra sconfinare tra reale e irreale, in un universo sospeso tra razionalità e follia. Come una musica, capace di andare oltre la musica. Ed è per questo che l’Aquila, città che scriveva Piovene, soprattutto di musica vive, l’ama così tanto.
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