(Di Carlo Di Stanislao) In duecento per ricordare Tabucci a Vecchiano, in provincia di Pisa, diciotto mesi dopo la sua morte, con il sindaco Giancarlo Lunardi che ha intitolato ufficialmente la Biblioteca Comunale allo scrittore.
E’ successo lo scorso martedì, con, in partenza, la lettura animata a cura del Laboratorio Teatrale “Scuola Carducci”, “Sogno di Carlo Collodi” e prosecuzione all’interno del Cinema Teatro Olimpia, con la presentazione del libro “Una Giornata con Tabucchi” edito da Cavallo di Ferro.
Oggi, sette giorni dopo, Radio Rai Tre, all’interno del programma Fahrenheit, ha dato spazio al ricordo di Tabucchi, con un’intervista del 2004 e vari interventi di intellettuali in qualche modo legati al grande scrittore vecchianese, considerato una delle voci più rappresentative della letteratura europea, autore di romanzi, racconti, saggi, testi teatrali, curatore dell’edizione italiana dell’opera di Fernando Pessoa, con libri sono tradotti in quaranta lingue (in tutti i paesi europei, Stati Uniti e America Latina e nelle lingue più lontane, come il Giapponese, Cinese (Taiwan e Repubblica Popolare Cinese), Ebraico, Arabo (Libano e Siria), Kurdo, Indi, Urdu e Farsi.
Il collegamento di Fahrenheit in occasione di “Una giornata con Tabucchi”, con inediti, illustrazioni e musica portoghese, svoltosi oggi ancora una volta a Vecchiano, nel paese dove è cresciuto, nel giorno della sua nascita.
L’evento, dal foyer del teatro Olimpia, fra le illustrazioni di Isabella Staino, organizzato dal Comune in collaborazione con la Città Teatro di Cascina e l’Associazione Musicale Senofonte Prato di Vecchiano, per ricordare che per Tabucchi nulla e nessuno, neanche lui, va preso in maniera dogmatica, perché un intellettuale (per dirla con Montale), è uno che accende un cerino nel buio e non si sa mai se quella fiamma darà luogo ad un incendio o piuttosto si spegnerà.
E’ stato scrittore di grande impegno civile Tabucchi, ma anche di straordinaria magia, che ha precorso il clima della Italia di oggi e di una destra pericolosamente riemergente con “Sostiene Pereira” e anche con “Tristano muore”, pubblicato da Feltrinelli nella sua collana economica quanto lui aveva 69 anni, intenso e conturbante romanzo in cui un uomo vive la sua agonia raccontandosi ad uno scrittore che ha chiamato al suo capezzale in veste di testimone e lo fa in maniera asciutta, priva di umori, proprio come il sasso che dice di essere, mescolando ricordi e sogni, passato e presente, donne diverse che poi non lo sono e paesi diversi in cui ha vissuto.
Quel romanzo, uscito nel 2004, venuto fuori da una difficile gestazione durata 10 anni, diede luogo ad un esperimento filmico: uno strano film che racconta la genesi dell’opera e le incertezze del suo Autore, intitolato “Tristano e Tabucchi”, prodotto un anno prima dell’uscita del libro da una casa Svizzera per conto della televisione di quel paese. Non è facile vederlo, eppure è un film molto curioso. Di solito gli scrittori sono assai avari di notizie sui loro lavori in corso. Qui accade il contrario: Tabucchi ne legge alcune parti, parla del lavoro della scrittura, commenta il suo romanzo in fieri. E’ un Tabucchi generoso e al tempo stesso scarno. A un certo punto dice che ci vorrebbero dei topi che rodessero un po’ il materiale: c’è troppo in questo romanzo, occorrerebbe sottrarre. Ci vorrebbe un tappo da aprire per far defluire un po’ del materiale accumulato: in quella fase lui sta cercando il tappo. E osserva questo mentre sta in una stazione ferroviaria abbandonata, deserta. Un luogo asciutto anche quello, senza fronzoli, un luogo adatto per far emergere le cose essenziali della vita e spogliarsi invece delle scorie. Bisognerebbe avere il coraggio di buttare qualche pagina: con un gesto rituale e un po’ stregonesco, Tabucchi prende alcune pagine dei suoi taccuini di scrittura per farne un aeroplanino da gettare nel mare. E il romanzo che poi uscirà recherà le tracce di questo scavo sul materiale.
Me lo ricordo bene quel film (come gli scritti dell’Autore), e mi ricordo questo romanziere ed accademico di successo, principalmente impegnato (come prima di lui Sciascia e Pasolini) come appassionato testimone civile, impegnata a descrivere il degrado dell’Italia nel ventennio berlusconiano, scavando in profondità, andando al cuore delle cose, con frasi come questa, per descrivere la berlusconizzazione di tutta una generazione: “quella generazione che dall’infanzia a oggi in Italia non ha conosciuto altro che il sistema tolemaico di quell’imprenditore brianzolo proveniente da un’associazione eversiva che la stampa italiana, con un anglicismo fuori luogo definisce «il premier». E che ha come «seconders» (a questo punto ci sta bene) boss mafiosi, corruttori di giudici, sub-agenti dei servizi segreti, giornalisti al soldo, sicari, cardinali, magnaccia e cocainomani. Un tipetto che di quella nave da crociera, dove dapprima faceva l’intrattenitore, è divenuto il capitano”.
E’ la storia di un’epoca quella che Tristano racconta: egli ne è stato uno degli autori fondamentali, l’ha avviata, formata, difesa fino all’ultimo combattendo per la libertà greca ma ora si è arreso e, insieme ad essa, sta attendendo la morte.
Molto nuova, molto originale, molto intelligente la maniera con la quale Tabucchi ha inteso rappresentare la crisi della civiltà occidentale, dei suoi valori ideali, dei suoi principi morali. Il percorso del libro è lungo ma frammentato, intramezzato perché avviene a tratti, si sposta in continuazione, in continuazione inizia, lascia, riprende, si ricollega, si sovrappone. Non si potevano attraversare tanti secoli tramite una voce ed una memoria deboli come quelle di un moribondo senza cadere in ripetizioni, senza pericoli di confusione, senza fare di alcuni personaggi dei riferimenti importanti e per questo mobili, possibili di diversa collocazione e funzione. Una poema recitato quest’ultimo di Tabucchi e strofe le sue innumerevoli parti che come le strofe hanno un’espressione libera da regole. E’ una prova di grande abilità: contenuto e forma tra le loro innumerevoli manifestazioni convergono a dire di poche cose essenziali, tra tanto movimento non perdono mai di vista i motivi di fondo, tra le tante strade del mondo non smarriscono la direzione perseguita.
Mi viene da dire meglio e prima del Siti di “Resistere non serve a niente” e senza neanche un barlume di compiacimento, anche se vi si conta di storia antica e moderna, occidentale ed orientale, di letteratura, filosofia, scienze, musica, poesia, teatro, di vita e morte, amore e odio, bene e male, di tutto quanto è successo prima e succede ora, dell’esistito e dell’esistente e soprattutto del danno che il passato ha subito ad opera del presente, dell’attuale crisi di ogni idealità e spiritualità, della fine del bene, dell’amore, di ogni sentimento e tradizione che lo celebrava compresa quella letteraria, della morte di Tristano, di quanto, cioè, per secoli la leggenda del suo amore per Isotta ha rappresentato, dei sentimenti che essa ha trasmesso fin dal suo lontanissimo comparire e che ora ora sta finendo perché dell’altro è sopravvenuto, dell’imprevisto, dell’inevitabile è successo.
Vi è un romanzo epistolare, scritto da Claudio Di Scalzo detto Accio, fatto di lettere fra lui e Tabucchi, pubblicato da Feltrinelli nel 1997, rapidamente esaurito, ed ora on line in formato PDF, 40 pagine su 90, scaricabili su: http://books.google.it/books?id=BKAEMT3Uli8C&printsec=frontcover&dq=vecchiano+un+paese&cd=1#v=onepage&q&f=false.
Bisogna leggerle quelle lettere, lettere fra uno strapaesano mai uscito dal paese sotto le Alpi retiche, di striscio alla Svizzera di Segantini ed uno che da un paesino si era fatto cosmopolita.
Bisogna leggerlo perché entrambi, in disaccordo su tutto, credono ancora (in scarna compagnia), nella letteratura come c’è l’hanno consegnata ce l’hanno consegnata le università e le storie letterarie, con annessa gerarchia, che deve essere conosciuta prima di poter essere criticata o smentalletta o messa in dubbio o, addirittura, vilipesa.
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