(Di Carlo Di Stanislao) Mandorla e mandorlo, Prunus e suo frutto, tossico nella varietà selvatica introdotta in Sicilia dai Fenici dalla Grecia (i romani lo chiamavano “noce greca”), con una mutazione genetica che lo ha reso dolce e commestibile, capace di dare nutrimento al corpo e di pacificare il cuore.
In ebraico il pianta e frutto significano “scosso”, “agitato”, ma anche “laborioso” e “vigilante” e vigilante, laborioso e scuotente è l’opera pittorica di Bruna Bontempo Cagnoli, che non a caso ha scelto “Amygdalus” come sigla o precetto per la sua prima personale, con vernissage alle ore 17 del 13 dicembre e continuazione espositiva fino al 23 del mese, presso il Palazzo dell’Opificio, in Via degli Archi.
Dedicati per intero al pastore Mimì e alle sue greggi, i quadri in esposizione divengono il simbolo fecondo e tenace di un luogo che ancora conserva l’incanto di antiche e solide tradizioni, raccontate con tocco sapiente, ricerca rigorosa di forme e di spazi, invenzioni impreviste di colori.
Lacan ci ricorda che il Mandorlo in fiore è il simbolo dell’inverno che finisce per lasciare il posto alla primavera, alla rinqascita e la mandorla che gli deriva, è simbolo di amore duraturo ed appassionato.
Fiorendo in pieno inverno questo albero delle Rosacee è come se dimostrasse agli altri alberi la propria forza, tutta racchiusa nei suoi frutti dolci o amari, come dolce ed amara è la vita, se vissuta nella sua interezza.
Come la pittura di Bruna Bontempo Cagnoli che sa di puro amore per la natura incontaminata e cangiante, selvaggia e misteriosa, densa di colori contrastanti e di storie che fanno anima in ogni racconto.
E’ il cromastismo a stupire soprattutto, con una tavolozza ora carnale ora sfumata, eterea, delicatissima, con un crocihhio di rinvii a varie istanze culturali ed un costante uinnamoramento per la natura e le tradizioni.
Una pittura che sa di memoria e di passato, che traccia il presente con occhio vivace ed attento, che delinea un futuro autentico solo per chi saprà riservarsi di essenziale.
Scrive Franco Ferrarotti nel bel saggio: “L’Italia tra storia e memoria. Appartenenza e identità”, che è il perpetuo divenire, in queste nostre società dinamiche, a mettere in pericolo la memoria,a spezzare la tradizione e il ricordo a decomporre i valori individuali e collettivi.
Questa mostra vuole essere anche questo,: rendere presente il passato, raccontare la bellezza come armonia ora pacificante ed ora drammatica, ripensificare la memoria ed attuarne i lasciti nello sguardo presente.
Sono d’accordo con Antonio Ferrari che nel suo ultimo libro, Altalena. Voci senza filtro ci dice che la vera ricchezza sono gli incontri e l’incontro con la pittura di Bruna Bontempo Cagnoli è un incontro irrinunciabile col sogno di voler cambiare il mondo, recuperando la natura, la forza che tutto trasforma e la sostanza che è immutabile dentro di noi.
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