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A Bologna ‘Un uomo a nudo’ ed altri ‘ritrovamenti’

A Bologna ‘Un uomo a nudo’ ed altri ‘ritrovamenti’

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(Di Carlo Di Stanislao) Sul manifesto Anouk Aimée, con il suo fascino sottilmente inquietante, figura appartata all’interno dello star-system, eppure diva straordinaria in film di Fellini, Bellocchio, Lumet e dei connazionali Cyvatte, Astruc, Demy e Lelouch, con cui fu candida agli Oscar che non vinse, ma si preparò a “Salto nel vuoto”, con cui fece centro al Festival di Cannes nel 1980.
La ricordiamo, superba ed ineffabile, ne “Il generale della’armata morta”, unica regia di Luciano Tovoli, girato a L’Aquila, nel 1983, tratto da un romanzo di Ismail Kadare, capace di far trasparire un vagare tra vecchi rancori, risentimenti e ricordi di orrori, conservando intatta la sua particolare bellezza.
Ora ha ottantadue anni ma è in piena attività: recita nel cinema ed in tv ed è sempre disponibile a sostenere iniziative che si occupino della Settima Arte.
Come quella di Bologna: otto giornate magnifiche ed immaginifiche, per riscoprire,per la 27° volta, l’incanto dei film, quelli di un tempo, spesso dimenticati o posti ai margini, recuperati nel loro significato e splendore, con una indefettibile pasione.
Questo lo scopo di “Cinema ritrovato” (http://www.cinetecadibologna.it/cinemaritrovato2013) , vero paradiso per cinefili, organizzato dalla Cineteca di Bologna, che ieri ha voluto celebrare i 100 anni “eventuali” che Burt Lancaster avrebbe compiuto il prossimo 2 novembre, proiettanto, con presente la figlia Joanna, una copia perfettamente restaurata di “Un uomo a nudo”, film di Frank Parry, uscito nel 1968, realizzato due anni prima, ma tenuto bloccato dalla casa di produzione che temeva l’insuccesso, uscito sull’onda ia di un altro film sulle piscine che aveva avuto successo nel ‘67, ma che fu un totale fiasco, per la stranezza della trama, la mancanza dell’happy end ed una storia cupa e senza speranza.
Tratto, grazie all’intuizione di Eleanor Perry, allora moglie del regista, da un ottimo racconto di John Cheever e la regia, oltre che di Frank Perry, che abbandonò il set per “divergenze creative” con i produttori, per qualche scena, di Sidney Pollack, mostra un intelligente parallelismo fra la progressiva discesa verso la delusione di Merrill (Burt Lancaster) e il fallimento del sogno americano, con la piscina che diviene l’emblema dello status symbol dell’americano medio, secondo cui possederne significa aver raggiunto il successo ed entrare così nel mondo delle relazioni di buon vicinato con altrettanta gente di successo, mentre queste relazioni sono uno stanco susseguirsi di festicciole noiose il sabato sera, tanto utili per le relazioni sociali quanto inutili per la vacuità morale dei protagonisti.
L’ottimismo che sembrava essere il motore dell’imponente crescita economica e della conseguente prosperità, svanisce per lasciare spazio al crollo degli ideali che avevano reso possibile quel “boom”.
Si tratta di un film non solo fra i migliori di Lancaster, ma anche, molto singolare, in cui predomina il ritratto psicologico, sullo sfondo di un ambiente rappresentato in modo impietoso.
Vi si racconta di Ned Merril, un uomo di mezzà eta, che in un caldo pomeriggio d’estate, di ritorno da una lunga assenza, decide di raggiungere la propria casa, in cui ha lasciato la moglie e due figlie, passando di piscina in piscina attraverso le ville disseminate fra il verde.
In esse abitano tutti coloro che lo hanno conosciuto e il suo è una specie di itinerario sentimentale. Il viaggio ha inizio nella villa di alcuni amici, che lo festeggiano e gli ricordano i suoi successi con le donne.
La vecchia signora Hammer, invece, dimostra di non gradire la sua presenza e gli rimprovera di aver tradito l’amicizia del figlio. Passando ad altra villa, e ad altra piscina, Ned ritrova la bella Judianne Hooper, già governante in casa sua, che gli confessa di essere stata, a suo tempo, molto innamorata di lui. I coniugi Hollorans, invece, fanatici ma dignitosi nudisti, si ricordano di lui come di un eterno squattrinato e temono che egli sia venuto da loro a chiedere soldi.
La sua presenza è sgradita anche in casa dei coniugi Biswanger, che hanno un ricevimento e non tollerano di vederlo circolare in costume da bagno in mezzo a tanti abiti da sera.
E’ poi la volta di Sherley Abbott, un’attrice di cui era stato l’amante, che gli rivela brutalmente di non avergli mai voluto bene.
Avviandosi al termine del viaggio, Ned raggiunge una piscina pubblica, ma non riceve dai presenti altro che umiliazioni e rimproveri. Sotto un improvviso temporale, giunge finalmente alle soglie della sua casa.
Maestro del novecento statunitense, colpevolmente trascurato per anni, John Cheever è stato riscoperto in tempi recenti da Fandango, che a partire dal 2000 ha proposto in libreria i romanzi e soprattutto alcune selezioni centellinate di storie brevi, la sua forma di narrativa d’elezione. Dopo tanti assaggi, il 23 maggio scorso, la Feltrinelli a fatto un regalo ai lettori , pubblicando ‘I racconti’, corposa antologia “definitiva”, e i due romanzi “Cronache della famiglia Wapshot” e “Bullet Park” (già editi dalla casa romana), rilanciando definitivamente anche da noi una delle voci più significative della letteratura recente. Il film più noto e forse più bello di Frank Parry, girato con bassissimo budget e vincitore del Davide di Donatello del 1962, è “David e Lisa”, storia di disagio mentale ispirata ad un romanzo di Theodore Isaac Rubin e sceneggiata dalla allora moglie Eleanor Perry, che per tale sceneggiatura ottenne una candidatura all’Oscar.
All’epoca di “Un uomo a nudo” Lancaster aveva 58 anni, ma ancora un fisico aitante e statuario, già vincitore di due Oscar e due premi come migliore attore a Berlino e Venezia.
Negli anni sessanta, divo di prima grandezza, dopo il piccolo cameo (travestito da vecchia) ne “I cinque volti della’assassino” di John Husto, e il ruolo del rigido pediatra che lavora in un istituto per la rieducazione dei bambini handicappati nel film di John Cassavetes “Gli esclusi”, interpreta la parte del principe Fabrizio di Salina ne “Il Gattopardo” di Luchino Visconti, dando vita ad un altro dei suoi ruoli più memorabili, riuscendo a calarsi, con straordinaria aderenza e perfetta padronanza scenica, nei panni rigidi e austeri di un personaggio, tutto sommato lontano dal suo mondo e dalla sua cultura.
Nel 965 fa il contrabbandiere di whisky nel western comico-grottesco “La Carovana della’Alleluya” di John Sturges; poi, ne “I Professionisti”, è l’esperto di esplosivi ingaggiato da un ricco americano, insieme ad altri tre uomini (un veterano dell’esercito, uno specialista di cavalli ed un esperto cacciatore) per liberargli la moglie, rapita da un rivoluzionario messicano, per scoprire poi che in realtà dietro il rapimento si nasconde una tormentata storia d’amore. Il film del regista Richard Brooks, contiene tutti gli ingredienti del classico western, in realtà racconta le disillusioni e le amarezze di quattro eroi che scoprono sulla loro pelle che la vita è molto più complessa e le verità non sono sempre quelle che ci appaiono, ma nascondono spesso uno straordinario coacervo di menzogne e inganni.
Decisamente più leggero (ma solo in apparenza, perchè sotto un velo di humor si nasconde una morale sul razzismo molto più profonda di quella che il film lascia trasparire) è l’avventuroso e picaresco “Joe Bass l’implacabile”, di Sydney Pollack, in cui è costretto a barattare le sue pelli con uno schiavo nero, ma poi si butta all’inseguimento di chi gli ha imposto quel baratto, trascinandosi dietro il suo riluttante compagno.
In “Un uomo a nudo”, Lancaster è straordinario, come anche nel successivo “Ardenne 44: un inferno” di Sydney Pollack. Colpito da un ictus nel 1990, Lancaster è morto il 20 ottobre 1994.
Tornando all’edizione di quest’anno di “Cinema ritrovato”, restaurati e presentati, sempre sotto l’impulso dell’inguaribile cinefilo Martin Scorsese, i muti di Hitchcock, il cinema di Allan Dwan e di Chris Marker, “La belle et la bete” di Jean Cocteau, “The Invisible Man di James Whale” e realizzati omaggi a Jerry Lewis, al proto-cinema del 1913, ai russi Ol’ga Preobraženskaja e Ivan Pravov, al laboratorio permanente su Chaplin; con in più magiche serate in piazza Maggiore, la cui inaugurazione con la “Carmen “di DeMille (1915) musicata dal vivo, ha raccolto, il 29 giugno, 5.000 spettatori.
Fra gli altri eventi, ogni giorno, dal 29 giugno al 6 luglio, due appuntamenti con le ormai classiche Lezioni di cinema, con protagonisti i grandi nomi di cinema, cineasti e attrici, come Alexander Payne e Anouk Aimée, critici di fama internazionale, come Jean Douchet, Jonathan Rosenbaum, Goffredo Fofi e molti altri professionisti tra i più importanti al mondo, come il direttore del Festival di Cannes Thierry Frémaux.
Nei giorni del Festival, poi, la Biblioteca Renzo Renzi e gli atrii del Cinema Lumière, del Cinema Arlecchino e del Cinema Jolly, ospitano i manifesti originali dei film programmati, provenienti dalla collezione di Maurizio Baroni, acquisita nel 2012 dalla Cineteca di Bologna, una delle più importanti del nostro paese, per numero, per qualità e per interesse delle opere.
Inoltre, al programma in sala, si sono aggiunti quest’anno una serie di incontri nella Biblioteca Renzo Renzi, una ricca agenda di appuntamenti per presentare al pubblico gli archivi extra filmici della Cineteca di Bologna (Archivio Alessandro Blasetti, Archivio Fotografico e della Grafica, Archivio Audiovisivi e Archivio Videoludico) e alcune recenti pubblicazioni di cinema, italiane e internazionali, alla presenza di autori e ospiti, più, per l’undicesimo anno consecutivo la promozione di una Mostra Mercato Internazionale dell’Editoria Cinematografica dedicata a libri, DVD e antiquariato.
Infine, collegata al Festival, dal 18 giugno e fino a fine agosto, nella Biblioteca Sala Borsa di Piazza Nettuno, un viaggio nell’infanzia del cinema attraverso i manifesti, ritrovati alcuni anni fa, appartenuti all’artista ambulante belga Léon Van De Voorde, che nei primi anni del Novecento portò il cinematografo di villaggio in villaggio nelle feste paesane insieme al mirabolante Théâtre Mécanique Morieux, con manifesti che pubblicizzano alcune tra le prime produzioni Pathé Frères e Gaumont, realizzate tra il 1902 e il 1910.

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