Di Carlo Di Stanislao
E’ morto a 75 in un incidente stradale a Cerveteri, dove viveva con la seconda moglie, la giornalista Baba Richerme e le due figlie, Vera e Giuliana, avute dal precedente matrimonio.
Era nato a Roma il 2 settembre del 1938, ma aveva trascorso l’infanzia a Reggio Emilia fino a quando, nel 1944 , la famiglia è tornata nella Capitale.
Qui, giocando in un prato, restò coinvolto nello scoppio accidentale di un ordigno bellico, con alcune ferite rimaste indelebili sullo zigomo rendendolo così inconfondibile.
Giuliano Gemma era diventato popolare a metà degli anni sessanta e con il genere “spaghetti western”, interpretando film come I Giorni dell’ira di Tonino Valerri e, ancora, una pistola per Ringo e Il ritorno di Ringo di Duccio Tessari, Arizona Colt di Michele Lupo, Adiòs Gringo di Giorgio Stegani.
In realtà la sua carriera era iniziata molto prima, quand’era giovanissimo, grazie alle sue doti atletiche (con una particolare inclinazione per la boxe), avviata come stuntman, fino a quando, nel 1958, Dino Riso lo prese per una piccola parte nella commedia Venezia, la luna e tu con Alberto Sordi e Nino Manfredi, per poi continuare, negli anni della Hollywood sul Tevere, con il genere “sandalone” (o più elegantemente peplum) , con un piccolo ruolo nel Ben Hur di William Wyler e presenze sempre più da protagonista in Maciste, l’eroe più grande del mondo, I due gladiatori e Arrivano i Titani. In quel periodo Visconti lo volle per un piccolo ruolo ne “Il Gattopardo” ed i produttori della fortunata serie su Angelica in due film: “Angelica”, appunto e “Angelica alla corte del re”.
Fu poi la volta del western all’italiana, genere in cui è Ringo (o Gringo), eroe buono e positivo per eccellenza, che non spara né uccide più del necessario ed è sempre dalla parte dei poveri e dei deboli, una sorta di Don Chisciotte bello e munito di infallibile colt.
Dopo un decennio di grandi successi commerciali, a metà degli anni Settanta cambia genere e compare in lavori più impegnati, come Il deserto dei Tartari di Valerio Zurlini, Delitto d’amore di Comencini, Il prefetto di ferro di Pasquale Squitieri e Un uomo in ginocchio di Damiano Damiani.
Negli anni ottanta prende parte a Tenebre di Dario Argento e poi interpreta Speriamo che sia femmina di Mario Monicelli, ma a metà decennio monta di nuovo in sella e dà il volto al celebre personaggio dei fumetti Tex Willer in Tex e il signore degli abissi, in cui rinnova il sodalizio con Tessari.
Da allora lovarto soprattutto in produzioni televisive, fra cui Il capitano, Butta la luna e la terza stagione della fiction Rai Capri.
Aveva ricevuto riconoscimenti di prestigio, dal David di Donatello al premio del Festiva internazionale di Karlovy Vary come miglior attore, dal Globo d’oro al Nastro d’argento alla carriera nel 2008 e, per tre volte, il Premio De Sica e si era prestato come testimonal per una campagna sulla dieta e la vita sana contro l’eccesso di colesterolo. In quella occasione, due anni fa, era tornato nella nostra città di L’Aquila, dove comunque era stato, ospite dell’ Istituto Cinematografico La Lanterna Magica, già negli anni novanta.
La morte lo ha rapido non durante una sparatoria a Tucson, ma sulla strada di casa, in una agguato sotto forma di un frontale, mentre era alla giuda della sua vettura.
Ma per noi ragazzi di 60 anni, resterà il Ringo giovane ed immortale, impenitente conquistatore di donne ed infaticabile difensore delle cause.
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