Bullismo, Sellini (Aupi): è emeregenza, lo psicologo deve intervenire a scuola
A gennaio 2016 una ragazzina di 12 anni di Pordenone ha tentato di uccidersi lanciandosi dalla finestra di casa: Era ossessionata dai bulli che a scuola, quotidianamente, la prendevano in giro, invitandola ad ammazzarsi. Dopo qualche giorno abbiamo appreso della storia di un altro adolescente che si è sottoposto a una dieta che avrebbe potuto ucciderlo: voleva dimagrire a tutti i costi per non ascoltare più le parole dei compagni che ridavano per il suo peso.
Poi c’è il caso di un bimbo di nove anni della provincia di Reggio Calabria: gli altri allievi gli gettavano lo zainetto nella spazzatura, gli sputavano addosso e lo picchiavano. La madre, disperata, ha deciso di denunciare la scuola per la mancata sorveglianza. Esiste per gli psicologi una vera e propria emergenza bullismo che può essere contrastato a partire dall’intervento a scuola.
“La figura dello psicologo all’interno dei contesti scolastici appare fondamentale, per individuare in maniera tempestiva i disagi prima che possano favorire lo sviluppo di sindromi psicologiche” dice Mario Sellini, segretario generale di AUPI, l’associazione unitaria degli psicologi italiani. Da Nord a Sud il rischio è altissimo. “Sarebbe necessaria la predisposizione di un programma di prevenzione del bullismo a scuola, attraverso la valutazione del disagio giovanile e dei fattori di rischio individuali, familiari e ambientali, che potrebbero generare comportamenti violenti.
L’introduzione della figura dello psicologo nel contesto scolastico, potrebbe contribuire alla promozione delle risorse e delle potenzialità dei ragazzi in una fase delicata come quella dello sviluppo”. In questi giorni è stato diffuso uno studio della Federazione Italiana Società di Psicologia (Fisp), presieduta da Vito Tummino e i dati raccolti vanno proprio in questa direzione. Per gli studiosi il contributo dello psicologo a scuola è un argomento da affrontare immediatamente, soprattutto in merito al bullismo.
Secondo indagini Istat sui comportamenti offensivi e violenti tra i giovanissimi, nel 2014, più del 50 per cento degli 11/17enni è stata vittima di un episodio offensivo, irrispettoso e/o violento da parte di coetanei. Gli atti violenti consistono in offese, parolacce e insulti (12,1%), derisione per l’aspetto fisico o per il modo di parlare (6,3%), diffamazione (5,1%), esclusione per le proprie opinioni (4,7%) e in vere e proprie aggressioni fisiche (3,8%). Tra i ragazzi che utilizzano il cellulare o internet il 5,9% denuncia di avere subito ripetutamente azioni vessatorie tramite sms, e-mail, chat o sui social network.
E in questo caso, infatti, il fenomeno, reso possibile dalla diffusione delle nuove tecnologie fra i più giovani, prende il nome di “Cyber” bullismo. “Nei casi di bullismo – conclude Sellini – l’ambiente scolastico diviene il palcoscenico sul quale il bullo può mostrare tutta la sua aggressività a scapito dei compagni percepiti come più deboli. Mentre il soggetto vessato ha difficoltà a concentrarsi per l’ansia e per i traumi provati. I sintomi del malessere sono molteplici e diversi e possono causare problemi anche in futuro, con altre sintomatologie di natura psicologica. È opportuno intervenire e fermare questo fenomeno prima che sia troppo tardi”.
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