(di Carlo Di Stanislao) – Non accade né per Venezia, né per Roma e tantomeno per Torino, ma per Cannes sì, a testimonianza di quanto, nel cinema, Italia e Francia siano unite.
Inizia oggi e va in scena sino al 14 giugno, ‘Le vie del cinema da Cannes a Roma‘, rassegna che ripropone, nei cinema della Capitale, una nutrita selezione dei più bei film che hanno fatto la storia di Cannes 2012.
A seguire, dal 13 al 19 del mese, la manifestazione si sposterà a Milano, dove prenderà il titolo di ‘Le vie del cinema – Cannes e dintorni’, con anche i film della Quinzaine e della Semaine de la Critique.
Naturalmente ci saranno il vincitore “Amour” di Haneke, con gli straordinari Jean Luis Trintignant e Emmanuelle Riva e, ancora, i premiati ‘Post tenebras lux’ di Carlos Reygadas e ‘Beyond The Hills’ di Cristian Mungiu, mentre farà a capolino ‘De Rouille et d’os’ di Jacques Audiard, che tecnicamente non è stato premiato, ma la cui protagonista, Marion Cotillard, è arrivata sul red carpet convinta di essere la vincitrice predestinata.
Altri titoli attesi sono ‘Moonrise Kingdom’d i Wes Anderson e ‘Paradise: Love’ di Ulrich Seidl, mentre fra i titoli della Quinzaine des Réalisateurs ci saranno ‘Le repenti’ di Merzak Allouache, ‘Camille redouble’ di Noémie Lvovsky e ‘The We and the I’, la nuova pellicola di Michel Gondry.
Saranno poi in programma anche ‘Infancia clandestina’ di Benjamín Ávila e ‘Dangerous Liaisons’ di Jin-ho Hur, quest’ultimo ambientato nella Shangai degli anni Trenta; mentre dalla Semaine de la Critique ‘Aquí et Allá’ di Antonio Méndez Esparza, ‘Au galop’ di Louis-Do de Lencquesaing e ‘Broken’ di Rufus Norris.
Incredibile invece la totale assenza italiana, poiché né il vincitore del premio numero due: “Reality” di Matteo Garrone, né gli altri due film fuori concorso: “Dracula 3D” di Argento e “io e te” di Bertolucci, sono elencati nelle due rassegne.
Una delusione colossale per gli appassionati, anche se Georgette Ranucci, la curatrice di questa 17° edizione di Cannes in Italia, ha fatto di tutto per averli.
Comunque, nonostante le assenze nostrane, una rassegna davvero interessante con le proiezioni, a Roma al cinema Eden, al Giulio Cesare e al Multisala Adriano, mentre a Milano sono state coinvolte le sale dell’Anteo spazio-Cinema, dell’Apollo spazio Cinema, dell’Arcobaleno Multicenter, del Colosseo, del Mexico e dell’Oberdan.
Stasera, dunque, alle 20,30, sarò al cine Eden di Roma, per la “prima” italiana di “Amour”, di Michael Haneke, regista austriaco da anni attivo in Francia, grande poeta della ricerca della verità attraverso la sensualità ed il voyerismo, il cui capolavoro, “La pianista” (vincitore sempre a Cannes nel 2001), si avvale di un’intensa e toccante Isabelle Huppert, che vi interpreta, con superba bravura, una donna dalla doppia vita, si sofferma a riflettere sull’importanza della repressione sessuale in termini intimistici.
Cannes ama particolarmente questo regista-filosofo, che si è laureato in filosofia e psicologia a Vienna e che, sulla Croisette è di casa, avendo anche vinto il premio per la miglior regia nel 2004 con “Niente da nascondere” e quattro anni dopo la Palma D’Oro con “Il nastro bianco”.
Nato nel ’42 da un attrice e da un regista, autore di storie scioccanti e intrecci senza speranza, Michael Haneke è tra i registi contemporanei che dividono di più il pubblico.
Un gruppo di pompieri irrompe in una casa. C’è un cattivo odore. Una porta è chiusa e bloccata con del nastro adesivo. I pompieri la buttano giù, e dentro trovano il cadavere di una signora anziana sdraiato sul letto, circondato da fiori. Inizia così, “Amour”, che poi continuare con la storia di Georges e Anne; una coppia che si ama ancora, dopo tanti anni; una copia in cui lui, ancora oggi, dopo essere tornati da un concerto, dice alla moglie che è bellissima.
E’ stato scritto che “Amour” è il film più sentimentale di Haneke, un film in cui ci dimostra come un regista spesso accusato di assoluta freddezza possa continuare a fare il suo cinema algido e chirurgico pur regalando un’opera a suo modo straziante e toccante, che colpisce, commuove, “respinge”, a tratti fa paura, ma che, soprattutto, analizza in modo ossessivo e in fondo nuovo il difficile tema dell’amore, che non ha requie e che non muta, neanche col passare degli anni.
Poche settimane fa, a Cannes, Moretti, ovvero Monsieur le Président, si è lasciato toccare da questo capolavoro sull’amore totale senza inutili romanticismi e superando l’avversione che gli provocò Funny Games, ha consegnato la Palma d’oro a Michael Haneke.
Anche solo per questo il film va assolutamente visto.
Un film su un tema difficile: l’ amore fino alla morte, che superando l’insulto della malattia che trasforma l’essere umano in un grumo inerte di dolore, ci racconta con sapienza narrativa, di una coppia di anziano coniugi, colti, eleganti, innamorati fino all’ultimo l’uno dell’altra, Georges e Anne, che dividono la vita nel caldo appartamento che li ha visti da sempre felici. Un giorno Anne ha un ictus, metà del suo corpo resta paralizzato, vivere diventa una maledizione, nonostante le cure affettuose di Georges, nonostante l’affetto della figlia Eva, interpretata da Isabelle Huppert (brava tanto quanto i magnifici protagonisti: Enmanuelle Riva e di Jean Louis Trintignant).
Ciò che mi aspetto è vedere un film che non è certo una passeggiata di salute, ma una storia di due ore sulla necessità della morte; non un trattato di sociologia sul tema dell’eutanasia, con Trintignant e Riva chiusi in un amore totalizzante, che non vuole né tollera aiuti ed intrusioni.
In cui dolore fisico e malattia sono intoppi che possono essere sconfitti solo morendo insieme e noi siamo a soffrire insieme con quei due magnifici attori, perché solo in questo modo potremo condividere il loro destino.
(65)