“N – Capace” è il primo film italiano in concorso al Torino Film Festival 2014, opera prima di Eleonora Danco, già nota al pubblico per la partecipazione in La Balia di Marco Bellocchio, La stanza del figlio di Nanni Moretti e, soprattutto, la fiction televisiva Rai È proibito ballare, un film duro e sincero, in parte “Comizi d’amore” di Pasolini ed in parte originale sperimento sociale che indaga nel profondo e nell’intimo della comunità incontrata, messa a nudo di fronte ad una telecamera e al volto di una potenziale sconosciuta. Ottima partenza per il cinema italiano, presente al Festival di Torino targato Emanuela Martini, con due soli film su ottanta ed una paetenza folgorante con The Duke of Burgundy Peter Strickland, dove si parla di amore omossessuale, con al centro della narrazione due splendide donne: Cynthia, affascinante cinquantenne, ed Evelyn, trentenne pacata, strette da una tormentosa passione che vivono nella loro quotidianità un carnale rapporto sadomasochistico, in cui i ruoli di schiavo e padrone sono ben definiti e dove i copioni da interpretare scandiscono le loro giornate.
Due film difficili per aprire un Festival che vul far pensare e dove sarà di scena anche il vero horror, inaugurato con la pellicola di Jennifer Kent, The Babadook, dove si rivoluziona l’idea dell’horror moderno, grazie anche alla perfetta conoscenza del genere classico, primo su tutti di John Carpenter e dell’allucinato Roman Polanski de L’inquilino del terzo piano, rigettandolo in una dimensione di delirio e follia che rinuncia alla banale tensione filmica per diffondere una sensazione di vero e proprio terrore.
Dalla’altra parte dell’Oceano, nelle stesse ore, si apprende della morte, a 83 anni, di Mike Nichols, il regista de “Il laureato” , fabbricatore di ottimi prodotti hollywoodiani cari alle masse, ma sempre di dignitosa fattura.
Tedesco di origine, con l’impronunciabile nome di Mikhail Igor Peschkowsky, si affermò alla attenzione del pubblico nel 1966, dirigendo George segal, Elisabeth Taylor e Richard Burton, nel film “Chi a paura di Wirginia Wolf”, per poi dirigere, dopo il laureato, ottimi film come la commedia antimilitarista “Comma 22”, l’eccellente e per molti versi scandaloso “Conoscenza carnale”, il coraggioso “Silkwood”, il convinte “Cartoline dall’inferno” , l’eccelente “I colori della vittoria” in cui dirige in modo strepitoso Jhonny Travolta, fino ai più recenti “Algels america” (lungo oltre sei ore, tre parti da due e più ore ciascuna sulle tante vite toccate e distrutte dall’Aids nell’America di Ronald Reagan, in cui parla di omosessuali usciti allo scoperto e di altri ancora nascosti, di coppie che si amano e di altre che si disintegrano, di mormoni e di ebrei e poi dell’Antartide, del buco nell’ozono, delle nevrosi del perdono e persino del fantasma di Erhel Rosenberg, giustiziata nel 1953 in quanto spia sovietica); “Closer” fino al suo ultimo lavoro: “One Last Thing Before I Go”, che ancora non esce da noi, basato sul romanzo di Jonathan Tropper e che racconta la storia di un padre divorziato in piena crisi di mezza età, con la ex moglie che si sta per sposare con un brav’uomoe la figlia incinta e lui che se non si opererà potrebbe morire.
Nichols ha vinto tutti e quattro i grandi premi per l’entertainment: Oscar (cinema), Grammy (musica), Tony (teatro) e Emmy (tv), ma soprattutto ha fatto molti film che vorresti sempre rivedere, come, ad esempio, Working Girl, in Italia Una donna in carriera, il rampantismo yuppie dell’America anni 80 sui tacchi malfermi di una splendida Melanie Griffith, una segretaria che vuol fare carriera nella finanza, sospira per Harrison Ford e alterna trampoli da ufficio a metropolitane scarpe da ginnastica e La Guerra di Charlie Wilson del 2007 con Tom Hanks e Julia Roberts, con sceneggiatore (in entrambi i casi) J. J. Abrams, futuro autore della celebratissima serie tv Lost. Come ricorda Angela Mangamauro, L’il suo ultimo, grande progetto, rimasto incompiuto, era un adattamento per la rete Hbo di “Master Class”, dramma del commediografo Terrence McNally su Maria Callas., dove avrebbe di nuovo lavorato con una delle sue star, Meryl Streep, protagonista di Heartburn e Silkwood.
Un cinema il suo, coraggioso tanto quanto quello portato a Torino dalla Martini, che deve vedersela con un taglio di budget di 200.000 euro e di due sale, ma che continua una tradizione gloriosa partita con Rondolino, che è più stimolante di Roma e, forse, anche di Venezia.
Carlo Di Stanislao
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