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Cinema: una crisi e una attesa

Cinema: una crisi e una attesa

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(Di Carlo Di Stanislao) Il cinema può anche essere sogno ed evasione, ma è soprattutto specchio rutilante e a volte severo della realtà.

Nel 2003, durante un convengo alla Bicococca di Milano, dal titolo più che esplicito: “Il mondo, che sta nel cinema, che sta nel mondo” , Marco Bellocchio ebbe modo di sottolineare come il cinema, come qualunque forma di arte, risente dei vari climi culturali e se ne fa interprete in modo più o meno diretto.

La stessa cosa sottolinea nel saggio “Cinema specchio della realtà” (Aracne, 2013) Francesca Barrione, aggiungendovi che il cinema ha modalità tali da non solo descrivere, ma insinuare piccoli o grandi mutamenti nella società e nell’approccio individuale, agendo sul piano dell’inconscio e della consapevolezza soggettivi, focalizzando più livelli di indagine, di percezione, di comprensione, sempre rivolte alla crescita cognitiva dello spettatore.

Si può pertanto affermare che il cinema realizza i suoi eventi sempre come rispecchiamento del mondo e, quando è buon cinema, segna un nuovo modo di guardare la vita e riconsiderare il destino individuale e collettivo in un’articolata e complessa occasione di analisi.

Tutto questo per introdurre “Blast”, eccellente pellicola presentata a Locarno 2014 e che esce oggi nelle nostre sale, che vede protagonista una giovane madre e la sua famiglia, ma che ha come vero protagonista il crollo e la disperazione di più generazioni dinanzi al default economico della nazione greca; con l’amarezza dovuta alla constatazione di un dato di fatto, la frustrazione che deriva da uno stato di impotenza, la rabbia che ne sgorga come un fiume in piena.

In questo splendido film, diretto con bravura dal giovane regista trentasettenne Syllas Tzoumerkas ed interpretato con magistrale intensità da Angeliki Papoulia (vincitrice quest’anno con “The Lobster”del premio della Giuria a Cannes), c’è, in primo piano, il disgregarsi delle più elementari abitudini, il corrompersi di sentimenti positivi e l’alimentarsi in crescendo di un cinismo fomentato da un senso di colpevolezza, disorientato e distribuito in maniera caotica dagli apparati di potere.

Il film è la storia di una esplosione (“blast” appunto): quella di una famiglia e quella di una nazione, una bomba che esplode in faccia a chi guarda, con una violenza emotiva che a tratti può risultare irritante.

Il sesso, che all’inizio è un giocoso atto di libertà, si trasforma in un cupo sfogo, che, pure, va guardato, perché girare la testa altrove non si può più.

La protagonista, Maria, che sculaccia la madre, invalida, rinfacciandole di aver nascosto i debiti della famiglia ed intanto litiga con il marito, marinaio sempre lontano da casa, con il quale ha fatto tre figli “come una coniglia”, che la tradisce con prostitute e colleghi, “pur amandola, ed il cognato che si spinge verso il fascismo di “Alba dorata”, con la “scusa” di appartenere alla schiera dei “nuovi poveri”.

Una famiglia disgregata in una nazione disgregata, con la protagonista, che ha rinunciato a un futuro all’università per occuparsi del negozietto di famiglia, della madre disabile e della sorella con problemi mentali, che si accorge che nulla è più come prima, come aveva immaginato e conclude: “D’ora in poi voglio parlare solo con gente estranea, preferisco il rimorso che provo piuttosto che la vita che ho condotto sino ad oggi. Spero di avere una vita molto meno futile ma non tanto dolorosa”.

Nel cast, oltre alla Papoulia, il regista e sceneggiatore Vassilis Doganis (per la prima volta sullo schermo, nel ruolo del marito) ed una serie di pluripremiati attori del teatro e del cinema greco: da Themis Bazaka (la madre) a Maria Filini (la sorella Gogo), da Giorgios Biniaris (il padre) a Makis Papadimitriou (il cognato).

Eccellente la colonna sonora: “musica-rumore” del gruppo aperto “drog_A_tek”, capace di creare un inno all’improvvisazione caotica, grazie alla scelta di registrare suoni di vita vissuta utilizzano oggetti, strumenti musicali analogici e digitali, macchine da scrivere e persino rifiuti. Il video del film su: http://www.panorama.it/cinema/a-blast-crisi-greca/

Inizia il 3 settembre e si conclude il 13 il il 72° Festival Internazionale del Cinema di Venezia, con il solito carpet stellare grazie ad una cospicua presenza di Hollywood in concorso e fuori concorso, che porterà a sfilare davanti al Palazzo del Cinema del Lido tanti premi Oscar e nomi del calibro di Jake Gyllenhaal e Josh Brolin, protagonisti del film d’apertura ‘Everest’, di Johnny Depp che accompagnerà ‘Black Mass’, di sua moglie Amber Heard (nel cast di ‘The Danish Girl’ in corcorso), di Ralph Fiennes coprotagonista del film di Luca Guadagnino ‘A Bigger Splash’, del regista Brian De Palma che assisterà alla proiezione di un documentario realizzato su di lui e, ancora, i premi Oscar Eddie Redmayne, Tom Hooper ed Anthony Hopkins (che ritroverà al Lido il regista che gli fece vincere la statuetta nel 1992 con ‘Il silenzio degli Innocenti’, ovvero Jonathan Demme, presidente della giuria di Orizzonti), Juliette Binoche e Tilda Swinton. Presidente della giuria del concorso principale, Alfonso Cuaron, miglior regista nel 2014 con Gravity, che aprì la Mostra di Venezia 2013 per poi aggiudicarsi ben 7 statuette su 10 nomination ricevute.

Ed il glamour è assicurato anche nelle altre sezioni del cartellone e nel nuovo spazio del Cinema in Giardino, che porterà al Lido la più amata rockstar italiana, ovvero Vasco Rossi, ma anche il trasformista di fama internazionale Arturo Brachetti, oltre ai registi Giuseppe Tornatore, Giuliano Montaldo, Gianni Amelio ed altri. Ma personalmente considero il clou di questa mostra del cinema, la presentazione in concorso, il 9 settembre, dell’opera prima di Piero Messina “L’attesa”, film dalle atmosfere inconsuete, in una Sicilia senza sole o arance, dove due donne, una fidanzata straniera ed una madre, si ritrovano a trascorrere tre giorni e diversi conflitti, in un’antica casa nella campagna siciliana, mentre nelle strade del paese si festeggia la Pasqua ed il giovane fidanzato-figlio è atteso invano da entrambe.

Il giovane regista siciliano Piero Messina, è autore del cortometraggio “Terra”, prodotto con la partecipazione di Rai Cinema come saggio di diploma del Centro Sperimentale di Cinematografia e presentato in concorso al 65° Festival di Cannes, del corto “Stidda ca curri”, vincitore del 50° Taormina film fest, e ha diretto il corto prodotto da Rai Cinema, ispirato al romanzo di Luois Fernand Celine “Viaggio al termine della notte con Paolo Sorrentino come protagonista e immagini inedite de “La grande bellezza” nella trama ed è al suo primo film.

E’ stato anche assistente alla regia di Paolo Sorrentino per “This must be the place” e “La grande bellezza”.

Questo sua opera prima, di grande eleganza stilistica, vede protagonista Juliette Binoche, ha come direttore della fotografia Daniele Ciprì ed è stata prodotta da Nicola Giuliano, Francesca Cima e Carlotta Calori per la Indigo Film (che produce le opere di Sorrentino, ma ha prodotto anche “Il ragazzo invisibile” di Salvatores; “La nave dolce” di Daniele Vicari; “Benvenuto Presidente” di Riccardo Milani, ecc.), insieme alla Babe Films francese, con la partecipazione della Film Commission Sicilia.

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