(di Carlo Di Stanislao) – La sua vita è stata il cinema e, attraverso questo, l’esplorazione dell’uomo. Ha realizzato così una cinquantina di film, fra cui alcuni capolavori assoluti, attivo fino all’ultimo giorno e lucido, con uno sguardo originale e critico fino alla fine. Manoel Candido Pinto de Oliveira (questo il suo nome per esteso) aveva il destino segnato fin dalla nascita, sia perché nasceva all’interno della tradizione del cinema lusitano, sia perché, fin da ragazzino, fu incoraggiato dai genitori a ‘svagarsi’ con lo spettacolo.
A soli venti anni, esordendo con “Douro Fauna Fluvial”, piacque al grande Pirandello e fu osannato dall’intera critica francese.
Non piacque invece al regime di Salazar che blocco ogni sua produzione, tanto da costringerlo, per un lungo periodo, a rinunciare al suo amato cinema, per dedicarsi alla ditta di famiglia che produceva vino; un ottimo vino.
E fu un periodo lungo, più di 40 anni, tanto che la sua pur lunga carriera (l’ultimo film presentato a Cannes è dello scorso anno, quando di anni lui ne aveva 105), è iniziata davvero solo a 66 anni, ma con un ritmo incalzante, con la produzione di un film l’anno e vincendo praticamente tutto ciò che un regista europeo può vincere: per ben due volte il Leone d’oro alla carriera a Venezia, la Palma d’oro a Cannes, il Pardo d’onore a Locarno.
Lo si ricorda soprattutto per la ‘tetralogia degli amori frustrati’ che realizzò negli anni ’70 e per “Francisca” del 1981 e per “Le Soulier du Satin” del 1985: sette ore di teatro filmato dal testo di Paul Claudel, a sbalordire tutti alla Mostra di Venezia.
Per me resta indimenticabile, sempre a Venezia ma nel 2008, la sua lezione sul cinema dopo aver aperto la 65/a edizione con 7 minuti di grande cinem, con il corto “Do Viseval ao Inviseval”, un’opera di una modernità impressionante, con di scena due uomini (uno più anziano e uno più giovane) che si incontrano a San Paolo del Brasile e non fanno altro che complimentarsi tra di loro per questa loro occasionale rimpatriata. Ma non riescono neppure ad esprimere più di tanto questa loro contentezza perché interrotti rispettivamente dalle suonerie dei loro rispettivi telefonini. Cinque minuti buoni di questo strazio finché i due non pensano bene di telefonarsi per poter parlare in pace alla cornetta, anche se sono l’uno di fronte all’altro. In quell’occasione il maestro aveva detto: “Il futuro è un’incognita, il passato un disastro e il momento attuale fa più paura del passato”. E ancora: “Non mi piace la parola pubblico. Le sedie sono pubbliche, le persone sono invece spettatori. E ogni persona è diversa dall’altra, ha le sue uniche impronte digitali”.
Questo modo di vedere ce di fare cinema è sempre più eclissato e coartato e mi vengono il mente le parole della sua chiusa, sempre in quella mostra di Venezia, quando scherzando 8ma non tanto) sulla sua età e sulla deriva che il cinema stava assumendo disse: “Adesso sto solo iniziando la seconda giovinezza. Comunque non sono il più giovane, ma casomai il meno apprezzato”.
Cinema vero, autentico, narrativo, profondo, senza grandi effetti e grandi trucchi o magnificenti scenografie.
Un cinema che ricorda quello di Antonioni (con cui condivideva la passione per le auto sportive) e che è all’opposto di ciò che oggi si produce e piace.
Ma esiste ancora un buon compromesso fra cinema buono e che si vende e lo dimostra il cinema francese, molto bel fatto e di successo, da svariati anni.
Puntuale, il prossimo 8 aprile, si apre la quinta edizione del festival del nuovo cinema francese, una ‘vetrina’ sulle nuovissime proposte della produzione français contemporanea, che prte dalla Capitale per fare poi tappa a Napoli, Palermo, Bologna, Torino e da, quest’anno, anche a Lecce, con più di trenta titoli mostrerà al pubblico (gli spettatori di De Oliviera) tutta la ricchezza del cinema di Francia con proiezioni in quattro sedi: il Cinema Quattro Fontane e la Casa del Cinema per la sezione Novità e Anteprime, i Cineasti del Presente all’Accademia di Francia a Roma – Villa Medici, mentre al Maxxi – Museo Nazionale delle Arti del XXI secolo, ha sede l’evento speciale dedicato al rapporto tra arte e cinema.
E’ un’edizione che difende la pluralità dei generi la varietà, e anche un viaggio alla scoperta del french touch che ha conquistato l’Italia ed il resto d’Europa. In cartellone ci sono produzioni popolari e sofisticate, film campioni d’incasso e pellicole indipendenti, così come i drammi e le commedie romantiche, fino alle favole, ai casi di cronaca, ai documentari. E’ ancora il momento d’oro della commedia: la Parigi dei sans papier e la solidarietà tra classi in Samba della coppia d’oro Éric Toledano e Olivier Nakache; il delicato viaggio nei ricordi in Les Souvenirs dell’attore-regista Jean-Paul Rouve; love story e shock culturali in Tokyo Fiancée di Stefan Liberski. E il colorato e spietato mondo dell’haute couture in Chic! di Jérôme Cornuau, che si è ispirato ai classici di Howard Hawks e Blake Edwards e alla sua esperienza personale di regista di spot pubblicitari per profumi e creme di bellezza. Per prepararsi al meglio, ha frequentato sfilate a Parigi e Milano e si è fatto aiutare dal costume designer Pierre-Jean Larroque, esperto di fashion, teatro, opera e cinema. Il cinema d’autore vive nel film Au fil d’Ariane, nuova opera firmata da Robert Guédiguian e autentico tributo alla moglie/musa Ariane Ascaride e, infine, il film rivelazione Les Combattants/The Fighters – Addestramento di vita di Thomas Cailley
Nel periodo del Festival, dal 9 al 12 aprile, Rai Movie, partner del Festival, manderà poi peliccole noir di questi ultimi anni.
“Randez-vous” è una iniziativa a dell’Ambasciata di Francia in Italia, realizzata dall’Institut français Italia, in collaborazione con uniFrance films e la partecipazione dell’Accademia di Francia a Roma – Villa Medici.
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