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Donne volanti

Donne volanti

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(di Carlo Di Stanislao) – Nello stesso giorno, il 24 luglio, in cui Sally Ride, la prima donna americana ad aver viaggiato nello spazio, e’ morta all’eta’ di 61 anni, dopo 17 mesi di strenua battaglia contro il cancro; Google ricorda, con il suo doodle, il 115° anniversario dalla nascita di un’altra donna legata al volo: Amelia Earhart , un’aviatrice coraggiosa che nel 1928 attraversò l’atlantico in aereo e nel 1931, l’8 aprile, stabilì il record mondiale di altitudine, raggiungendo i 18.415 piedi di altezza (5.613 metri).
Esempio di donna capace di superare non solo difficoltà reali, come il pilotare aerei di legno e stoffa in situazioni estreme, ma soprattutto pregiudizi e luoghi comuni, come antiquate teorie mediche maschiliste, la Earhart dimostrò, nei fatti, che una donna può fare, agire, essere abile, capace e fare le stesse cose che fanno gli uomini. E, spesso, di farle anche meglio.
Nata il 24 luglio 1897 ad Atchinson, nel Kansas, Amelia, nel 1914, comincia a frequentare i corsi per infermeria, che la porteranno a prestare servizio in un ospedale militare in Canada, durante tutta la durata della Prima guerra mondiale. Sei anni dopo, ecco la folgorazione con il mondo dell’aeronautica: va insieme al padre ad un raduno presso il Daugherty Airfield a Long Beach in California e, pagando un dollaro, per la prima volta sale a bordo di un biplano, per un giro turistico di dieci minuti sopra Los Angeles.
È in quell’occasione che decide di imparare a volare. Frequenta le lezioni e, a un anno di distanza, con l’aiuto della madre, acquista il suo primo biplano, con il quale stabilirà il primo dei suoi record femminili, salendo ad un’altitudine di 14.000 piedi.
Nell’aprile del 1928 il capitano Hilton H. Railey, le propone di essere la prima donna ad attraversare l’Atlantico e il 17 giugno, a bordo di un Fokker F7, chiamato Friendship, decollano con Amelia Earhart, il pilota Stultz e il co-pilota e meccanico Gordon. Sebbene sia relegata a ben poche funzioni, quando il team arriva in Galles, 21 ore dopo, gli onori sono quasi tutti per lei. Anche il Presidente Coolidge le invia con un cablogramma le sue personali congratulazioni.
L’8 aprile 1931, pilotando un autogiro Pitcairn PCA-2, stabilisce il record mondiale di altitudine di 18.415 piedi (5.613 metri). Un anno dopo, arriva un’impresa comune ad un solo altro pilota: la trasvolata in solitario, impiegando quasi 15 ore per volare da Terranova a Londonderry nell’Irlanda del Nord. Il 24 agosto dello stesso anno è la prima donna a volare attraverso gli Stati Uniti senza scalo partendo da Los Angeles (California) e arrivando a Newark (New Jersey).
Nel 1937 decide di entrare definitivamente nella storia: vuole essere la prima donna a fare il giro del mondo in aereo. Il 1º giugno dello stesso anno, insieme con il navigatore Frederick J. Noonan, parte da Miami e comincia la trasvolata di ben 29.000 miglia.
Ventotto giorni dopo, arrivati a Lae in Nuova Guinea, sono a 7.000 miglia dalla conclusione del viaggio. In prossimità dell’isola di Howland, Amelia prova insistentemente a contattare la guardia costiera: “Dobbiamo essere sopra di voi ma non riusciamo a vedervi. Il carburante sta finendo…” A nulla valgono i tentativi compiuti dalle autorità per farsi notare. Probabilmente l’aeroplano si perde e precipita ad una distanza calcolabile fra 35 e 100 miglia dall’isola di Howland.
Venuto a conoscenza dell’accaduto, il presidente americano Roosvelt autorizza l’avvio delle ricerche con l’impegno di nove navi e 66 aerei, ma ancora adesso non si è riusciti a risalire alla dinamica dell’accaduto.
Ricordavamo, all’inizio, Sally Ride, la prima astronauta statunitense a raggiungere, il 18 giugno 1983 lo spazio, a bordo della STS-7, preceduta solo dalle due russe Valentina Vladimirovna Tereškova e Svetlana Evgen’evna Savickaja, morta oggi a solo 61 anni.
Entrata alla NASA nel 1978, nel primo corso per astronauti ad accettare donne, durante la sua carriera la Ride è stata addetto alla comunicazioni nella seconda (STS-2) e terza (STS-3) missione del Programma Space Shuttle e ha collaborato nello sviluppo del braccio robotico dello Space Shuttle.
Dopo quello del 1983, il suo secondo volo spaziale avvenuto nel 1984, sempre a bordo del Challenger.
Era all’ottavo mese di addestramento per la sua terza missione al momento del Disastro dello Shuttle Challanger e fu nominata membro della commissione di inchiesta che ha indagato sulla cause dell’incidente.
Per una pur succinta storia del volo al femminile, non si può non ricordare Harriet Quimby, che nel 1911 divenne aviatrice e nel 1912 fu la prima donna a sorvolare La Manica, ma con minor fortuna di Amelia Earhart, in quanto la sua impresa coincise con l’inabissamento del Titanic e i giornali dedicarono poche attenzioni al suo straordinario volo.
E ancora, sempre nel 1912, Rosina Ferrario, la prima donna italiana che conseguì il brevetto di aviatrice civile, ottava nel mondo e partecipò a molte manifestazioni tra cui il meeting dell’Aviazione di Napoli, in occasione del quale fece cadere dal cielo una pioggia di garofani rossi. Con l’arrivo della prima guerra mondiale, si propose per aiutare i feriti di guerra ma il Ministero proibì i voli civili e nel momento in cui Rosina manifestò il suo desiderio di far parte dell’aeronautica, si sentì rispondere che “non era previsto l’arruolamento di signorine nel regio esercito”.
Un’altra aviatrice italiana, Carina Negrone, stabilì, nel 1935, il primato mondiale raggiungendo l’altezza di 12.043 metri, mentre la prima, nel nostro Paese, a guidare un aereo di linea fu, nel 1967, Fiorenza De Bernardi, quarta donna nel mondo ad essere nominata pilota di linea.

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