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Far Cry Primal, lo sparatutto diventa primordiale

Far Cry Primal, lo sparatutto diventa primordiale

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Chi ha detto che uno sparatutto per essere avvincente deve per forza trasportare il giocatore in mondi futuri e impossibili? Non per forza i ‘nemici’ devono essere alieni, zombi o temibili robot. L’adrenalina può scorrere a fiumi, infatti, anche senza armi tecnologiche e la lotta per la sopravvivenza può essere combattuta anche semplicemente contro la natura ostile. È quello che deve aver pensato la Ubisoft, la casa produttrice di Far Cry, che ha deciso di ambientare il suo ultimo capitolo – Far Cry Primal – nell’era preistorica, per la precisione nel Mesolitico.

Un ambiente naturale ostile, animali feroci ed enormi e, naturalmente, il nemico numero uno, l’uomo delle tribù rivali. In questo scenario si muove Takkar uno degli ultimi sopravvissuti della tribù Wenja. A Oros, questa la regione dove si svolge l’azione, non c’è posto per tutti e Takkar dovrà vedersela con gli uomini delle tribù rivali, i cannibali Udam e gli Izila già padroni delle nuove ‘tecnologie’.

In Far Cry Primal la lotta per la sopravvivenza incomincia dall’approvvigionamento di cibo, dal trovare ripari per la notte, dal primeggiare nell’uso delle armi da tiro – frecce e lance -, nel forgiare la pietra. Takkar ha dalla sua, però, caratteristiche che gli altri umani non posseggono ancora. Lui è già un esponente della specie Sapiens. Un’evoluzione che gli permette non solo di primeggiare nell’uso delle armi ma anche nell’addomesticare gli animali e farne suoi alleati.

In Far Cry Primal, in uscita su tutte le piattaforme, compreso il Pc, allo snodarsi della missione principale, quella che condurrà il giocatore alla meta finale, anche ben 51 obiettivi intermedi. La conquista di ognuno di essi porterà trofei indispensabili per un prosieguo più agevole del gioco.   (dire.it)

 

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