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Festival del Cinema a Chieti

Festival del Cinema a Chieti

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(Di Carlo Di Stanislao) E’ partita lunedì 4 e chiuderà i battenti venerdì 8 novembre la 23° edizione del “Chieti Film Festival Scrittura e Immagine”, evento pensato e presieduto dall’infaticabile Edoardo Tiboni (patron anche del “Flaiano”) ed organizzato da Giampiero Consoli e Martina Corongiu, con 20 film in cartellone , tutti proiettati al Supercinema di Chieti a prezzi più che popolari : 4 euro a pellicola, 3 euro ridotto, 12 l’abbonamento e 10 il ridotto.

Al solito il Festival è suddiviso in tre sezioni: “Scrittura e immagine”, dedicata alla scrittura nel cinema e a film tratti da opere letterarie; “Orizzonti” sulle nuove tendenza della “decima Musa” e infine quella degli “Omaggi”, quest’anno tutta al femminile, con protagoniste Anna Magnani ed Edit Piaf.

Ma diffusamente femminile è tutta la rassegna, con ritratti di donne attuali in film di grande valore come il già proiettato (in apertura) “Gloria” di Sebastian Leo, storia di una cinquantenne che ancora sprizza vitalità o “La vita di Adele” di Abdellatif Kechiche, vincitore della Palma D’Oro e discusso film tratto dalla graphic novel “Il blu è un colore caldo” di Julie Maroh, che racconta lo sfaccettato e cruciale passaggio dall’adolescenza all’età adulta attraverso una protagonista che si scopre predisposta all’omosessualità e vive un’importante storia d’amore narrata con concisione che trasuda però vita vera, grazie ad un realismo ipnotizzante; in programma stasera con inizio alle 21.

Avremmo visto volentieri questo film confrontato con il capolavoro di Truffaut “Adele H, una storia d’amore”, dove invece l’autore sembra far violenza alla storia, quella documentata dalle testimonianze autobiografiche lasciate dalla stessa Adele, storia dell’amore “unico e solitario” di una fragile fanciulla, capace di attraversare gli Oceani per tentare di riconquistare un vacuo tenentino che la respinge, con le immagini che alludono, con rinvio evidente, ad un vecchio film di Hawks, Barbary Coast (La costa dei Barbari, 1935), con un battello che scivola nella nebbia di una notte esotica, la scialuppa che sbarca i passeggeri, la gente sul molo, che attende.

Individui dai trascorsi incerti che hanno abbandonato domicili più ospitali in cerca di fortuna e di una nuova vita e in mezzo a loro, una donna e che donna: Adele, che aspira all’assoluto, respinge la sicurezza di un ordine imposto, sperimenta i rovelli di una solitudine vanamente protesa all’altrui conoscenza, si perde nei labirintici sentieri di un mondo impenetrabile al desiderio.

In entrambi i film, quello di ieri e quello di adesso, la follia radicalizza la diversità delle protagoniste, ne cristallizza l’estraneità irriducibile, ponendo fra il soggetto e la realtà una distanza incolmabile.

Da non perdere assolutamente al Supercinema del Capoluogo teatino in questi giorni di Festival, giovedì 7 novembre alle 17, “La vie en rose” di Olivier Dahan con Marion Cotillard, Sylvie Testud, Clotilde Courau e Jean-Paul Rouve, ritratto della grande Edith Piaf, uscito nel 2007 e che racconta l’infanzia, la fama, il trionfo e la disperazione di una grande artista e lo fa con sincerità e trasporto, descrivendo una donna tormentata e sensibile, fragile e indistruttibile, pronta ad affrontare qualsiasi sacrificio per la sua arte, vissuta in modo da farne la immortale fra tutte le cantanti.

Andremo anche a vedere l’opera prima di Luca Maniero “Il principe abusivo”, che chiuderà il Festival venerdì 8 alle 18, portando di persona a Tiboni e agli altri l’augurio per il loro progetto di ripristinare il premio dedicato allo sceneggiatore e regista teatino Anton Giulio Majano, premio portato avanti dal Comune per alcuni anni, poi interrotto bruscamente, al solito per mancanza di fondi 8° di autentica volontà politica).

Nato a Chieti nel luglio del 1922 e morto a Marino, in provincia di Roma, nel 1994, giornalista scrittore, sceneggiatore, Anton Giulio Majano ha diretto alcuni film, tra i quali particolarmente interessante “La domenica della buona gente”, di cui abbiamo una copia perfettamente conservata nella Cineteca dell’Istituto Lanterna Magica de L’Aquila, film tenuto su un registro impressionistico, al di fuori di una storia solidamente costruita, che però supera gli scadimenti melodrammatici e talune insistenze macchiettistiche, grazie alla scioltezza di un raccontare lesto, appoggiato ad una frequente, acuta facoltà di osservazione, ad un umore sapido, ad un fervore ideologico, e ad una recitazione svelta con ottimi interpreti in Maria Fiore, Sophia Loren e Renato Salvatori e splendide musiche del grande Nino Rota.

Naturalmente sin d’ora la nostra copia è ha disposizione di Tiboni e dei suoi, come anche il saggio originale di Grazia Maria Fachechi su Majano, poi pubblicato, ma in misura ridotta, nella Treccani Cinema.

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