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A Firenze la “bottega della scienza”

A Firenze la “bottega della scienza”

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Parte a Firenze il percorso per creare uno “science shop”, una “bottega della scienza”, luogo dove possano interagire “alla pari” cittadini, associazioni, ricercatori e istituzioni per proporre nuove idee e far partire nuovi progetti.

L’idea è promossa dal Centro Interdipartimentale per lo Studio di Dinamiche Complesse (CSDC) dell’Università di Firenze e dall’Associazione Caffè-Scienza Firenze-Prato e punta a coinvolgere gli enti di ricerca (quali CNR e INFN, per esempio), il comune di Firenze (per esempio attraverso la rete delle biblioteche e dei musei comunali), la Regione Toscana, le associazioni culturali, blogger e persone interessate.

«I Science Shop sono nati negli anni 70 in Olanda, per offrire ai cittadini la possibilità di far svolgere delle ricerche “certificate” senza dover affrontare spese impossibili – spiegano i promotori – All’inizio si trattava di ricerche di tipo chimico (analisi del suolo), ma ogni comunità ha esigenze ed aspettative diverse. Nella pagina “Science Shop” riportiamo alcuni esempi di “sportelli” funzionanti».

E l’8 luglio, presso la Biblioteca delle Oblate (sala conferenze) alle ore 17 ci sarà una presentazione/discussione della proposta di aprire uno presso l’Università di Firenze. L’incontro è libero. Sempre l’8 luglio, alle 21, e sempre alle Oblate si terrà un incontro con la cittadinanza per esporre i contenuti di un progetto di ricerca che utilizza i science shop come strumento di indagine partecipativa su grandi temi sociali come le migrazioni, il benessere, la salute e l’ambiente, e raccogliere critiche, consigli, ecc. Per partecipare agli incontri per favore registrarsi.

Lo sportello della scienza è composto da vari elementi, a spiegarli sono i promotori.

«Per i cittadini, lo sportello si concretizzerebbe con un sito web, in cui si possono vedere le attività passate e proporre delle nuove ricerche. inoltre, al compimento della ricerca proposta, si ha la possibilità di discutere il risultato della ricerca in vari incontri pubblici, oltre che per mezzo di strumenti “social” come il web, facebook, youtube, ecc. Ma è anche possibile partecipare direttamente ad alcune ricerche, come si fa con l’approccio “citizen scienze” (la scienza dei cittadini).

Per l’Università si tratta in primo luogo di effettuare un censimento interno (allargabile ad altri enti di ricerca) per stilare un database di ricercatori disposti a partecipare e per determinare le aree in cui si può offrire questo servizio. Questo censimento dev’essere dinamico, dato che nel tempo può variare la disponibilità e l’offerta. Effettuato il censimento, verrà costituito un comitato che avrà il compito di accettare le proposte dei cittadini e passarle al ricercatore del settore, per il coordinamento.  Con il contributo dei ricercatori coinvolti, viene precisata la proposta e viene valutato l’impegno richiesto. Viene quindi aperto un bando, rivolto agli studenti, che hanno la possibilità di effettuare le ricerche come tirocinio o anche come lavoro di tesi.

Per gli studenti universitari si tratta infatti di una possibilità unica di svolgere delle ricerche con un risvolto sociale immediato, e di acquisire così delle competenze anche relazionali che difficilmente vengono insegnate nei corsi usuali. Via via che le richieste dei cittadini vengono accolte, si aprono infatti dei bandi interni rivolti agli studenti. Gli studenti possono così svolgere la ricerca, coordinati dai ricercatori responsabili. Al termine della ricerca verrà organizzata una presentazione pubblica dei risultati, con discussione e valutazione da parte dei cittadini. Il risultato di tutta l’indagine viene poi pubblicato sul web, su YouTube e eventualmente su giornali specializzati o generici.

Per i cittadini si tratta di un servizio che sicuramente renderà l’Università più vicina alla società civile. Ma è anche possibile partecipare direttamente alla ricerca. In primo luogo, con la partecipazione degli studenti liceali che scelgono l’università come luogo dove svolgere l’alternanza scuola-lavoro. Ma si possono prevedere delle forme di partecipazione diffusa. Molti dei temi che, presumibilmente, interesseranno i cittadini hanno a che fare con rilevazioni statistiche (questionari) sulla percezione di fenomeni sociali, oppure con la misurazione diffusa di quantità che possono essere rilevate facilmente (mobilità, qualità dei servizi) o con sensori a basso costo (traffico, inquinamento). Si può quindi pensare ad una rete di cittadini che si “mette a disposizione” della cittadinanza contribuendo a effettuare tali ricerche, possibilmente utilizzando sistemi mobili (cellulari).

Per le associazioni, oltre  a fornire lo strumento della ricerca, c’è la possibilità di contribuire favorendo il confronto con la cittadinanza. Secondo me, i cittadini andrebbero coinvolti ad ogni livello, non solo con le richieste, ma anche nella progettazione degli esperimenti, nella loro realizzazione, nella valutazione dei risultati e delle loro implicazioni sociali. Per fare questo, è necessario il coinvolgimento di quelle realtà che sono “a contatto” con i cittadini, perché questi incontri devono quando possibile essere percepiti come delle “discussioni tra pari”, e l’università ha sempre delle difficoltà a stabilire contatti diretti con la cittadinanza».

Il Cambiamento – Pressenza

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