(di Alessia Leone) – La crisi grava sul bilancio familiare, e a pagarne le spese sono anche i viaggi d’istruzione, tanto cari ai ragazzi quanto “inutilmente” dispendiosi per genitori e professori.
La crisi, una parola che riassume la condizione mondiale attuale che, in termini di concretezza per i comuni cittadini, si traduce in tagli netti verso ciò che è considerato superfluo.
Superfluo come può essere un viaggio d’istruzione, così definito per il suo scopo di istruire gli alunni in maniera diretta e di fargli toccare con mano ciò che studiano sui libri di scuola, viene spesso considerato un lusso, una perdita di tempo ed una scusa per saltare giorni di scuola. Dunque, poiché le famiglie non possono più permettersi spese non strettamente necessarie alla sopravvivenza umana, si è inaugurato, in Abruzzo ma non solo, il trend della breve uscita didattica di giornata, spesso inscritta in un raggio di pochi chilometri da casa.
Se infatti, qualche anno fa, il viaggio di maturità veniva visto dagli studenti come un miraggio che testimoniasse, e in un qualche modo celebrasse, la loro vittoria contro cinque lunghi anni di “tortura” scolastica, oggi rappresenta un’opportunità, a mio parere di vitale importanza per un’adolescente, che si ha paura di perdere.
L’Abruzzo non è l’unica regione che risente di questo trend negativo: nelle scuole di tutta Italia le priorità sono ben altre. Anzi, spesso sono i docenti a tirarsi indietro per la responsabilità troppo alta di un lavoro extra molto spesso non pagato e senza garanzie assicurative.
La crisi economica, però, non è stata l’unica causa della soppressione dei viaggi d’istruzione: a volte è lo stesso collegio dei docenti che, come forma di protesta contro i tagli alle scuole pubbliche, propone di evitare il fatidico viaggio. Il liceo classico Vittorio Emanuele II e l’istituto De Titta di Lanciano ne sono un esempio concreto. Per i ragazzi di questi istituti si svolgeranno solo le gite prenotate nel mese di Novembre e gli stage linguistici: l’”ira” dei docenti contro i tagli alla scuola pubblica è l’artefice di tale iniziativa, che a mio avviso, non fa altro che punire in maniera maggiore gli studenti.
Ma, a questo punto, è lecito chiedere cos’è che interrompe, a causa o meno della crisi, l’organizzazione di un viaggio d’istruzione.
In primo luogo viene da rispondere che l’intoppo è la mancanza di fondi. La preside Annateresa Rocchi dell’istituto Acerbo di Pescara, che quest’anno non ha proposto nel POF nessuna gita scolastica, spiega come la mancanza di fondi, che, se ci sono, vengono destinati preferibilmente ad attrezzature e al materiale didattico che gli studenti utilizzano nell’arco dell’anno scolastico, e la scelta di evitare discriminazioni tra gli studenti più abbienti e quelli meno facoltosi, hanno portato alla scelta di evitare viaggi troppo dispendiosi, che, a detta della preside Donatella D’Amico dell’istituto Manthonè di Pescara, possano arrivare anche alla somma di 300 euro, prediligendo la conoscenza e la valorizzazione di uscite giornaliere nei confini del territorio regionale.
Questa mancata organizzazione di viaggi d’istruzione ha prodotto i suoi effetti negativi anche nel bilancio delle varie agenzie di viaggi. La conferma viene dal presidente del gruppo Baltour, Agostino Ballone.
Anche la città di L’Aquila deve combattere contro la crisi, a favore della cultura. Qui, addirittura sono i professori che, organizzandosi in collette, cercano di aiutare i loro studenti a partecipare alle gite, che hanno avuto la possibilità di svolgersi grazie anche ai fondi di alcune donazioni fatte in seguito al terremoto. Questa triste situazione ci viene confermata proprio dal preside dell’istituto Cotugno, Angelo Mancini, che si chiede come mai non siano intervenuti gli enti locali a rimarginare questa ferita culturale verificatasi da qualche anno a questa parte.
Anche il liceo scientifico Bafile ricorre a ogni mezzo possibile per garantire la gita ai propri alunni. Esempio concreto è la disponibilità dei professori a rinunciare alla gratuità che i tour operator garantiscono ogni 15 persone. Loro, infatti, in questa situazione, preferiscono pagarsi la gita da soli.
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