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Il femminile identitario e seduttivo secondo Daniela

Il femminile identitario e seduttivo secondo Daniela

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(di Carlo Di Stanislao) –  Il 1° marzo 2012, allo scadere esatto dei 75 anni dalla morte di Gabriele D’Annunzio, complessa figura, ancora controversa e dibattuta, nello splendido Teatro Bibiena di Mantova, la nostra straordinaria Daniela Musini, rosetana di nascita e pescarese di adozione, interpreterà lo spettacolo, da lei stessa scritto e diretto, “Gabriele ed Eleonora. Una passione scarlatta”,  già presentato con grande successo a L’Avana e S. Pietroburgo ed ora richiesto in quella che fu la patria di Virgilio ed il gioiello dei potentissimi Gonzaga, in apertura di una stagione teatrale zeppa di nomi illustri, del calibro di Manuela Kustermann, Leo Gullotta, Gaia De Laurentiis, Gianmarco Tognazzi e Monica Guerritore. Dopo lo spettacolo della e con la Musini, a celebrare l’anniversario della morte di d’Annunzio sarà lo stesso Presidente del Vittoriale, Giordano Bruno Guerri, il quale, dopo la performance della splendida attrice-autrice,  proporrà il suo avvincente “Notturno d’Autore” dedicato al  Vate. Il molte volte premiato lavoro teatrale di Daniela Musini, si incentra su un monologo intenso e palpitante, in cui mediante slittamenti temporali, suggestioni evocative ed oniriche visioni, irrompe la figura (immaginata e non reale) di Gabriele d’Annunzio,  con il quale Eleonora Duse, sua incomparabile Musa ispiratrice,  instaura uno struggente dialogo in absentia, punteggiato dalle appassionate musiche di Chopin, Debussy e Rachmaninov, che la poliedrica, inesauribile Daniela eseguirà al pianoforte.

“La Duse dei nostri giorni”: così è stata definita Daniela Musini dal quotidiano nazionale Donne News ed a ragione,  per il crescendo di emozioni e sensazioni che, ogni volta, sa a donare al pubblico. Altro elemento dirompente dello spettacolo, è lo “scempio” del vecchio e pregiudiziale stereotipo dell’Abruzzo contadino forte e gentile, trasformato, dall’Autrice,  in magmatica modernità, che da alla nostra regione un’impronta cosmopolita e tutta protesa verso un fulgido futuro.
Uno spettacolo sulla seduzione ed il sedurre, variopinto e suadente, dai toni caldi e sfumati, animato da una femminilità prepotente, in cui la parola, ma anche il silenzio e l’attesa ed il sottile piacere ad essa collegato,  sembrano essere il filo conduttore di un comportamento che spesso viene vissuto come decisamente “interiore”, fonte di gratificazioni intense e decisamente personali, individuali. L’immaginario gioca un ruolo potente nella seduzione femminile e coinvolge intensamente la donna attraverso fantasie e simbolismi. Il tempo, l’attesa, l’ascolto sono tutte realtà interne, personali, intime e sembrano ben descrivere l’approccio femminile alla seduzione, sia in veste attiva che passiva. Al contrario, l’uomo sembra privilegiare l’agito, il fare, il dire. Nella donna la ciclicità, legata anche a fattori squisitamente biologici, sembra condurre e ricondurre le cose all’interno di un meccanismo immutabile ed identico a sè.
Nell’uomo il ritmo sembra invece giocare una parte preponderante nel gioco seduttivo. Così come nell’atto sessuale i tempi divergono drammaticamente e l’una raggiunge lentamente l’apice del piacere attraverso una “curva di crescita” lenta e progressiva e l’altro invece attraverso uno “spunto” immediato e cogente, nella seduzione (e sulla scena) il processo si ripete tal quale. Nel magmatico spettacolo della Musini, la seduzione diventa un rito messo in atto oltre il semplice accoppiamento e la necessità di una biologica procreazione; un rito in cui uomini e donne stanno tra loro in una relazione come l’acqua e il fuoco, la terra e l’aria, in cui l’idea di innato si  coniuga con quella dell’esclusività: ciò che è mio non può appartenere anche a te. In fondo, con la scusa di parlare della Duse e di D’Annunzio, la nostra Daniela cerca di rispondere all’interrogativo eterno ed irrisolto: cosa vuol dire essere donna. Questa domanda vive nel cuore femminile dagli antichi tempi in cui per la donna era semplice operare all’interno del proprio clan, del gruppo sociale o della famiglia, dai tempi in cui il legame con la Terra, l’Acqua e la Luna pulsava in armonia con la vita e con lo spirito che la pervade. Allora la donna trovava in sè le risposte, poiché queste le erano fornite dalla vita stessa, dall’esempio delle altre donne e dal rispetto che il mondo maschile aveva per lei.

La donna guidava la sua stessa vita e quella degli altri fidandosi della propria intuizione, dell’innata saggezza, percorrendo il sentiero interiore già tracciato dalla madre e da tutte le madri che erano venute prima di lei. Conosceva i ritmi della terra, l’insegnamento degli animali, i poteri curativi di piante ed erbe, la ciclicità della vita, accettava le tappe del cammino iniziatico femminille con sincerità e devozione. Così il menarca, la maternità, e la menopausa erano sempre vissuti come momenti sacri, momenti in cui la Divinità entrava più profondamente nel corpo e attraverso il corpo manifestava il suo potere creativo, il potere di dare la vita e con esso la magia della Creazione. Ma cosa accade oggi quando una donna si chiede cos’è una donna? Sembra che di fronte a questa domanda la donna avverta sulle prime come un risuonare nella mente di un’eco lontana, e senta poi quest’eco scenderle al cuore e poi al ventre, e poi il risalire a spirale di un’energia potente lungo la colonna vertebrale. E ci ricorda, la bravissima Daniela, che la natura femminile non è quella dell’obbedienza nel silenzio, nè quella di vivere una parità che strozza l’anima con irruenza, ma quella di vivere in sé il proprio mistero, impregnarsi della propria Luce, godere della propria canzone, impossessarsi del Nume e farlo vibrare. Non occorre più parlare, abbiamo parlato abbastanza, non occorre più fare, abbiamo fatto abbastanza. Occorre Essere, essere Donna, essere Dono. La donna ha mani dal tocco leggero e potente, mani in grado di tessere tele infinite d’amore e pazienza e compassione e perdono. La donna ha piedi ancorati al suolo per attingere l’energia della Madre Terra e distribuirla ad altri, piedi che sanno camminare e camminare e camminare per trovare le Verità più nascoste e che sanno poi danzare per condividere le verità con il cielo.

La donna ha un ventre che può generare, accogliere, nutrire e partorire, ha un ventre caldo e magico che è stato scelto per deporvi il seme della vita. La donna ha seni morbidi che danno cibo, calore, riposo, coccole e gioia, seni in cui l’anima neonata può ritrovare l’abbraccio divino appena perduto. La donna ha un corpo che canta la vita e i suoi continui passaggi di gioia e dolore, di morte e rinascita, un corpo che sa, da sempre sa, che in questa fusione di opposti è il potere della Luce nascosta, quella che può conquistare qualsiasi amante, nutrire qualsiasi figlio, ripartorire la vita fisica, psichica e spirituale ogni qualvolta sia necessario. Archetipo di questa femminile sacro e arcano, è la Divina Duse che dice: “ Gli perdono di avermi sfruttata, rovinata, umiliata. Gli perdono tutto, perché ho amato”, perché sa che un giorno, l’oggetto del suo amore, potrà scrivere, con rimpianto: “E’ morta colei che non compresi e che non meritai”.

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