(di Carlo Di Stanislao) – L’alba del pianeta delle scimmie, prequel con James Franco e Freida Pinto, uscito negli Usa lo scorso week-end, ha incassato, in due soli giorni, 54 milioni di dollari, replicando lo stesso successo de Il Pianeta delle Scimmie, di Franklin J. Schaffner, uscito nel 1968. Su YouTube il trailer del film ha raggiunto, in due mesi, 8 milioni di visite e ci si attende un grande successo anche Italia, dove arriverà il 23 settembre. Il film, prodotto da Twentieth Century Fox Film Corporation, Chernin Entertainment e distribuito da 20th Century Fox, ha nel cast oltre a James Franco e Freida Pinto, John Lithgow, Andy Serkis, Brian Cox, Tom Felton, David Hewlett, Tyler Labine, Sonja Bennett, Chelah Horsdal, David Oyelowo, Leah Gibson Jamie Harris, Richard Ridings, Karin Konoval, Christopher Gordon, Jesse Reid e Mattie Hawkinson. Diretto da Rupert Wyatt, la pellicola racconta le vicende di Caesar, la prima scimmia dotata di intelligenza che, dopo essere stata tradita dall’essere umano, si ribella ed inizia la sua battaglia per affermare la libertà della propria razza. Complessivamente al romanzo di Pierre Boulle si sono ispirati ben 5 film, una serie televisiva di 14 episodi del 1974 e una serie animata del 1975. Successivamente alla prima pellicola del 1968, ci sono stati quattro sequel e un remake. Nell’ordine: “L’altra faccia del pianeta delle scimmie” del 1969, “1999 Conquista della terra” del 1971, “Anno 2670 Ultimo Att”o e il remake “Il pianeta delle scimmie” del 2001 a firma di Tim Burton. Nonostante il successo dei sequel e la sensazionale riuscita del remake, il film che più di tutti è rimasto nella memoria è il primo, l’originale, grazie anche alla splendida interpretazione di Charlton Eston e ai prodigi effettuati dal truccatore, che non a caso vinse un Oscar per il suo lavoro. Rispetto al soggetto originale ci sono alcune differenze, mentre nel romanzo, come è logico aspettarsi, l’eroe è di nazionalità francese (Ulysse Mérou), nel film il protagonista diventa americano. Nel film le scimmie parlano l’inglese, come gli umani, mentre nel romanzo la comunicazione era resa più difficile perchè il linguaggio delle scimmie era per gli uomini totalmente sconosciuto ed occorreva impararlo. Nel romanzo, inoltre, il pianeta sconosciuto non era esplicitamente la Terra, benchè ne conservasse intatte molte caratteristiche. Nel romanzo gli umani, tenuti come bestie in cattività, sono totalmente nudi mentre nel film, per ovvie ragioni, indossano abiti primitivi. Allo stesso modo è stata fatta regredire la società dei primati che nel romanzo era molto più avanzata e tecnologica di quella umana prima della catastrofe nucleare e nel film è stata riprodotta come una società semi-primitiva e arretrata. Circa il prequel che sta sbancando in America, come era già successo con “X-Men: L’inizio”, altro celeberrimo e redditizio franchise della 20th Century Fox, esso è un riuscitissimo tentativo di reboot, interessante sotto molti punti di vista, seppur incompiuto sotto altri. Già l’idea di una produzione dal budget decisamente contenuto – “soltanto” 93 milioni di dollari invece che i numeri a tre cifre soliti per questo tipo di blockbuster – è un qualcosa di interessante: gli effetti speciali della Weta riescono nell’impresa di rendere verosimili le ricostruzioni al computer delle scimmie protagoniste. In particolar modo a colpire è Caesar, il primate che è al centro della storia e a cui sono stati regalati i movimenti da AndySerkis/Gollum. E’ senza dubbio lui la cosa più riuscita del film, il personaggio dall’arco narrativo meglio sviluppato e con cui il pubblico empatizza più facilmente. Mentre, dicono gli esperti, è scialba la prova dei protagonisti “umani”, sotto il punto di vista della messa in scena. Quanto agli meriti del film, esso regala al pubblico alcune soluzioni visive affascinanti e pur non riuscendo a tappare molte ingenuità della sceneggiatura, Wyatt dimostra di avere un buon occhio nel sapere sfruttare le location che offre la città di San Francisc e costruisce almeno un paio di scene di notevole impatto visivo. Alla fine il film si lascia guardare, in alcuni momenti è addirittura elegante nella confezione – merito anche della fotografia di Andrew Lesnie – e come primo capitolo di un possibile nuovo ciclo pur con tutti i suoi difetti, garantisce uno spettacolo accettabile. Wyatt, a differenza di Tim Burton che nel 2001 aveva tentato un remake con scarsi risultati-, tenta piuttosto di spiegarci perché questi primati diventano improvvisamente intelligenti e quindi pericolosi. Il segreto sta tutto in un esperimento di laboratorio andato male. Lo scienziato Will Rodman-James Franco sta conducendo ricerche genetiche per trovare una cura all’Alzheimer, ma il virus su cui sta lavorando viene inoculato su scimpanzé che, se sulle prime dimostrano di avere incredibili facoltà intellettive, nel lungo periodo diventano molto aggressive. Una di queste scimmie, ormai fuori controllo, viene uccisa e la ricerca sulla medicina, l’Alz-112, viene sospesa. L’animale lascia un cucciolo, Caesar, che verrà adottato di nascosto da Will, incapace di ucciderlo come gli viene ordinato. Lo scimpanzé però ha ereditato l’intelligenza para-normale della madre e una volta cresciuto si metterà a capo di una rivolta dei primati contro gli esseri umani. Come dicevamo, sembra che nel film il tallone d’Achille siano i due protagonisti: James Franco, che aveva sfiorato l’Oscar con “127 Hours” e la Pinto, strappata a Bollywood grazie a “The Millionaire” di Danny Boyle nel 2008. Sempre del 2008 è l’unico film precedente di Rupert Wyatt: “Prison Escape. Una fuga per un estremo saluto”, con Con Brian Cox, Joseph Fiennes e Liam Cunningham.
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