ISS: sbocciano i primi fiori coltivati nello spazio
Sulla Stazione Spaziale l’arrivo del 2016 è stato salutato con un’importante novità: la crescita delle piante di zinnia che erano state seminate lo scorso 16 novembre. Un nuovo esperimento per la ‘serra cosmica’, che in questo caso vede impiegata per la prima volta una pianta da fiore.
Il ‘giardiniere spaziale’ che ha dato il via alla coltivazione è stato l’astronauta della NASA Kjell Lindgren, rientrato sulla Terra l’11 dicembre 2015. L’astronauta dal “pollice verde” Scott Kelly mostra con orgoglio il primo fiore sbocciato nello spazio postandone l’immagine su Twitter.
Dopo aver coltivato e mangiato per la prima volta della lattuga romana spaziale, l’americano dimostra di saperci fare anche con il giardinaggio. La specie fatta crescere nel “Veggie plant growth facility”, all’interno della Stazione spaziale internazionale è una Zinnia, scelta dagli scienziati per la sua “sensibilità alle condizioni ambientali e alla luce”. Una pianta più difficile da coltivare rispetto alla lattuga, infatti Kelly ha incontrato non pochi ostacoli nel farla sbocciare.
A dicembre 2015 la situazione sembrava critica, le zinnie stavano morendo. Con uno strappo al protocollo, la Nasa ha accordato a Kelly il permesso di operare in autonomia, ‘improvvisando’ e trovando la soluzione al problema dell’irrigazione. Soluzione che è riuscito a trovare riportando le piante in piena forma fino a dare vita al primo “giardino spaziale” in orbita.
Un esperimento che ha l’obiettivo di studiare il comportamento dei vegetali in condizioni di microgravità, in vista di futuri, lunghi, viaggi umani nello spazio interplanetario
Un’immagine che richiama alla mente il botanico Mark Watney, interpretato dall’attore Matt Damon, in “The Martian”, che si salva coltivando patate su Marte.
L’esperimento è stato ideato per verificare il comportamento delle piante da fiore in condizioni di microgravità, soprattutto in rapporto a paramenti ambientali di particolare criticità come l’illuminazione, e per studiare le modalità di conservazione dei semi in orbita.
L’importanza di questo test risiede anche nel fatto di essere propedeutico alla coltivazione di piante da frutto e ortaggi come i pomodori, i cui semi dovrebbero far ingresso a bordo della ‘casa cosmica’ nel 2017.
La facility Veggie, realizzata dall’azienda americana Orbital Technologies, è già salita agli onori della cronaca il 10 agosto 2015 quando gli astronauti hanno raccolto e mangiato la lattuga rossa romana seminata e cresciuta in microgravità.
Il rilievo di questo esperimento, nell’ambito degli studi sui sistemi biorigenerativi, è correlato alla possibilità di produrre autonomamente cibo in orbita, un elemento di fondamentale importanza per viaggi e permanenze di lunga durata nello spazio.
Questi scenari, tramite le attività di ricerca nel già citato settore biorigenerativo e in quello dei sistemi abitati spaziali, assumono una fisionomia sempre più concreta anche grazie all’impegno dell’Agenzia Spaziale Italiana. In questi ambiti l’ASI è attiva da molto tempo e con un ruolo di eccellenza attraverso il coordinamento nazionale IBIS (Italian Bio-regenerative Systems).
(72)