Katia Ricciarelli, 70 anni da protagonista
Katia Ricciarelli, una delle cantanti liriche più famose e amate del mondo, varca la soglia dei 70 anni. Nata a Rovigo il 18 gennaio del 1946 da una famiglia molto modesta – il padre abbandona la mamma che cresce sola le sue tre figlie – la Ricciarelli inizia a lavorare come commessa alla Upim e come operaia in una fabbrica di mangiadischi.
Da donna a donna – la mia vita melodrammaticà edito da Piemme. Si laurea al Conservatorio Benedetto Marcello di Venezia. Il primo vero debutto avviene nel 1969 al Teatro Sociale di Mantova dove porta in scena Mimì nella Boheme.
Katia Ricciarelli ha saputo dare voce – letteralmente – alle donne più controverse della storia della lirica, portandole nei teatri di tutto il mondo. Quarantasei anni di carriera, un repertorio operistico che vanta oltre 70 ruoli, sette interpretazioni per il cinema, nove in fiction televisive: nella sua vita Katia Ricciarelli ha provato tutto, perfino una partecipazione al reality La Fattoria nel 2006.
In carriera Katia Ricciarelli ha calcato i più importanti palcoscenici mondiali, collaborando con i nomi più illustri del panorama teatrale, tra cui Placido Domingo, Agnes Baltsa e Josè Carreras con il quale avrà una storia che durerà 13 anni e iniziata nel 1971 al Teatro Regio di Parma dove la Ricciarelli conosce un giovane tenore emergente, tecnicamente molto dotato: “era Josè Carreras e due cose di lì a poco sarebbero accadute nella sua vita: sarebbe divenuto un grande tenore di fama mondiale e avrebbe condiviso con me, da protagonista, l’esperienza sentimentale più profonda della mia esistenza”. Dopo di lui sarà la volta di Pippo Baudo: la coppia resterà insieme per 18 anni fino al divorzio nel 2004.
Due storie d’amore che “per differenti motivi, mi hanno allontanata dall’obiettivo di avere un amore speciale e una famiglia: prima, la nota relazione con Josè Carreras, fatta di passione, ardore, complicità, ma anche di bugie e segreti mai veramente rivelati, posta in secondo piano da un matrimonio al quale lui non riuscì mai a rinunciare. Poi la tanto chiacchierata unione con Pippo Baudo”.
Richiestissimo, il soprano canta al ritmo della bacchetta dei più grandi maestri, da Riccardo Muti a Claudio Abbado fino a Zubhin Metha. Puccini e Verdi i compositori che ricorrono più spesso scorrendo l’elenco dei suoi lavori. A chi le chiede a quale delle sue eroine è più affezionata, Katia Ricciarelli risponde di sentirsi “un pò come fa una nonna con i nipotini, che a tutti vuole bene, ma segretamente ha delle attenzioni in più per il prediletto.
Alcune opere hanno un posto particolare nel mio cuore: per la grandezza dei colleghi che con me hanno condiviso la scena, per il trionfo che ne è scaturito successivamente, per il valore aggiunto che l’esperienza ha dato alla mia vita professionale e privata”. E la ‘nipotè prediletta del soprano “è la Tourandot”.
Entrare nel personaggio, cambiare vesti, sperimentare è quello che le riesce meglio: sono gli anni 2000, il soprano scende dal palcoscenico e si piazza davanti alla cinepresa prendendo parte a diversi film. Nel 2005 arriva anche il Nastro d’Argento con ‘La seconda notte di nozzè di Pupi Avati. “Il mio primo ciak fu memorabile. Mi ricordo che arrivai sul set con l’emozione e l’agitazione di un’attrice alle prime armi pronta ad affidarsi al suo regista.
Ero già stata davanti alla cinepresa nel ruolo di Desdemona nell’Otello di Zeffirelli, ne conoscevo le dinamiche, ma non avevo ancora provato a rappresentare la vita vera, e non quella magniloquente e artificiosa dell’opera” racconta. “Il primo trauma arrivò quando vidi gli abiti che avrei dovuto indossare: vestiti semplici, semplicissimi, in pratica degli stracci. Io, abituata a seta, paillettes e chiffon, non riuscii a trattenere le lacrime, chiedendo a Pupi come pretendesse che andassi in scena con quella ‘robà. Ricordo che gli domandai tra i singhiozzi: “la prima volta che faccio un film e mi conci in questo modo?”. Lui, paziente, “mi rispose che avrei dovuto dimenticare di essere Katia Ricciarelli, nell’abbigliamento come nei modi, e tutto sarebbe stato più semplice e naturale”.
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