(Di Carlo Di Stanislao) Qualsiasi sia il soggetto, la fotografia di Berengo Gardin è sempre curiosa, indagatrice, esploratrice, mai scontata. Una fotografia che possiede ancora lo “stupore” dell’immagine e che sa rivelarci le infinite sfumature di una città e di chi l’ha vissuta e la vive, anche fra le cupezze.
Così, dopo oltre 16 anni dal suo primo lavoro sull’Aquila, consacrato nel libro edito dall’Istituto Cinematrografico La Lanterna Magica, il grande Gianni Berengo Gardin è tornato a giugno per un nuovo reportage dedicato alla città ferita, progetto della One Group Edizioni che si tradotto in una nuova opera editoriale, che sarà presentata in anteprima nella Sala Sericchi della Carispaq, in Via Strinella 88, con inizio alle 17,30 il 3 aprile prossimo.
I vicoli, le piazze, le chiese, i campanili e i silenzi, i volti attoniti, come risucchiati dal vuoto di una città mancante ed ignorata, dopo riflettori artati e prontamente distratti.
Gianni Berengo Gardin e la sua collaboratrice Donatella Pollini, nota fotografa milanese, hanno realizzato, in un programma intenso, tra tappe nella zona rossa, nei nuovi quartieri, nei borghi e una full immersion nella vita cittadina, un reportage che non è solo descrittivo, ma etico e morale: un epos per immagini di come ci si riduce e su come potersi risollevare.
Ciò che più impressiona, nelle nuove foto, spesso “inquadrate” come quelle “antiche” a fare da più drammatico contrasto, è il silenzio, reso palpabile e struggente, mortifero e quasi insopportabile.
Come era ancora accaduto per le foto fatte a Mariani subito prima del terremoto (2008), le immagini di Gardin sono percorsi di luce che spalancano un velo funebre ed assieme incitano alla speranza.
In queste immagini si ritrovano, mutate e più struggente, le foto del suo esordio, nella Roma occupata dai tedeschi e devastata dai bombardamenti.
Sempre fedelissimo al bianco e nero, in questi nuovi scatti Gardin fa largo uso della Nikon e del teleobiettivo, naturalmente con una assoluta e costante fedeltà alla pellicola, che ritiene tuttora decisamente superiore come qualità rispetto al digitale, utile, magari, per chi ha fretta, ma non per chi vuole emozionare e riflettere.
Guardando le foto de L’Aquila vengono in mente le melanconie delle sue foto di Venezia, degli anni settanta, con una città, che sebbene maciullata e contorto, non manca di mostrare ancora la sua vocazione monumentale.
Nato a Santa Margherita Ligure nel 1930, Berengo Gardin, che sarà presente a L’Aquila alla presentazione del libro, ha realizzato innumerevoli mostre in musei di livello internazionale, come il MOMA ed il Guggenheim di New York, ha inoltre pubblicato oltre 200 libri, collaborato con le maggiori testate nazionali e internazionali, da Epoca a Stern a Time e realizzato numerose immagini anche per il mondo della pubblicità. Attualmente vive a Milano ed è affiliato all’agenzia Contrasto. Nel 2008 gli è stato assegnato il Lucie Award alla carriera, il più importante premio fotografico del mondo.
“L’Aquila prima e dopo”, si chiama il nuovo libro e, nella anteprima, lo stesso Gardin ha detto che “la cosa più impressionante è il silenzio che c’è per le strade. Non passa nessuno, non c’è nessuno. Non ci sono i bambini che giocano, le donne che vanno a fare la spesa, la gente che va in ufficio. C’erano solo quattro cani abbandonati che giravano”.
Insomma, dopo 16 anni, in questo nuovo volume, il grande artista ha voluto raccogliere le stesse situazioni che aveva fermato in passato per rendere ancora più duro e inevitabile il confronto.
Un atto doloroso, ma dovuto nei confronti di chi quotidianamente vive esiliato dalla propria vita, in un tessuto urbano che non lo rappresenta più.
Nella presentazione, fra una settimana, invitato come presidente della Lanterna Magica, ricorderò che le immagini non solo sono belle o brutte, ma evocative, oppure sostanzialmente vuote.
E quelle di Berengo, dietro alla apparenza realista, non sono semplici foto, pittogrammi che frugano e scavano nelle coscienze di ciascuno.
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