(Di Carlo Di Stanislao) Cannes è piena di eventi, specchio rutilante della grandeur francese che non demorde, neanche in tempo di crisi. Arrivano divi e fotografi, da ogni dove e dovunque vi sono tappeti rossi su cui scivolare fra ali di folla festante.
L’Italia parte bene, con un magnifico film alla “Semaine”: “Più buio di mezzanotte”, dell’esordiente Sebastiano Riso, storia di Davide, in arte “Fuxia”, ragazzo 14enne dalla magnifica voce, che si scopre “ragazza” nella Catania degli anni 80, dove frequenta la vivace comunità di trans e gay, fuggendo da un padre violento (Vincenzo Amato) e da una madre amorevole ed ipovedente (Micaela Ramazzotti).
A Cannes è presente l’ispiratore della storia, Davide Cordova “Fuxia”, storico co-fondatore del locale romano Mucca Assassina e, naturalmente, il regista ed il cast, composto da Amato, la Ramazzotti e Pippo Del Bono, ma soprattutto da un gruppo di giovani attori non noti, fra cui spicca il giovanissimo Davide Capone, selezionato tra 9mila candidati per il ruolo da protagonista.
“Più buio di mezzanotte”, che esce oggi nelle sale distribuito da Luce, è piaciuto, nonostante sia duro, con le sue ombre notturne, i sorrisi malinconici e l’ironia di chi ha già patito abbastanza per essere triste.
Un film che parla dei paradossi di oggi, quando la condizione di “diversità” nei gusti sessuali trova ancora difficoltà ad essere accettata, specie in Italia, dove ci sono ancora persone discriminate e che arrivano ad uccidersi dal dolore.
Dice Hillman che non vi sono né libri né film psicologici, ma solo letture psicologiche degli uni e degli altri. Ed allora va detto, ad esempio, che fucsia è il colore che viene da una pianta col medesimo nome, molto usato nella moda e nel cinema, chiamato non a caso “ciliegia Hollywood”, identificabile col rosso-magenta e che, in cromoterapia, è vigoroso e resistente e a cui si ricorre per le sue proprietà stimolanti, che infonde rispetto per se stessi, dignità e compostezza, favorendo la concentrazione ed anche l’amore spirituale, scelto come nomignolo a fronte di immagini di sesso vissuto con accoglienza, spensieratezza e giocosità, che genera una illusione povera e inevitabilmente squallida, che fa presupporre che l’amore, l’abbraccio e la sessualità autentica possano essere ottenute attraverso una mera compravendita.
Sullo sfondo del film Catania, col quartiere di Via delle Finanze che è stato il primo quartiere a luci rosse d’Europa, oggi bonificato e murato e la sua comunità trans e gay, molto dinamica, attiva e presente.
Cannes è partita, dicevamo, in pompa magna, con la Kidman presente alla premiere del suo “Grace” che non delude indossando un etereo abito azzurro finemente decorato, firmato Armani Privé.
Le fanno da corollario Zoe Saldana in un candito abito Victoria Beckham, che scivola delicatamente sulle forme, e, anche lei in bianco ma con volumi più importanti, Laetitia Casta, firmata Dior.
Jane Fonda sfila in Elie Saab, Blake Lively stretta in un abito Gucci che le calza a pennello.
Stessa tonalità per Karlie Kloss, che sceglie un peplum dress Valentino ampio, in pizzo con dettagli grigio-blu che rendono l’insieme ancora più scenografico e fiabesco.
Il cinema celebra i suoi riti e le sue frivolezze ma, di tanto in tanto, sulla scorta di ciò che ci insegna Haward Gardner, riflettere sulla importanza di lustrini e frivolezze, ricordando ciò che disse Alda Merini sulla frivolezza femminile, legata ad una “intelligenza ad oltranza”, sarebbe importante.
Il cinema è meglio della realtà; molto meglio, perché fa convivere serietà e frivolezza: due mondi paralleli che non si vogliono incontrare, tendendo a lasciare ciò che è frivolo alla sottocultura e ciò che è serio alla riflessione.
Così applichiamo ad ogni espressione frivola il senso insulso di quella televisiva, dei frizzi da sabato sera, dei vari Ballando sotto le stelle o delle cronache dei matrimoni reali, lontani anni luce dalla levità che è invece leggerezza, sommo guadagno dell’animo umano, come scrivono Kundera e molti altri.
A proposito di scritti vale la pena citare questo frammento di Angeles Mastretta, scrittrice messicana fra le maggiori di oggi, nel suo splendido “Mal de amores”: ““Avrebbe voluto che suo marito le dicesse che era bella e che il suo amante le dicesse che l’amava. Impossibile. Stando così le cose, li lasciò entrambi e si comprò un grande specchio e le opere complete di Mozart. Non fu mai tanto felice come in quell’estate azzurra.”
Fosse stato meno scabroso e duro avrei proposto “Più buio di mezzanotte” per il Roseto Film Festival opera, prima, perché vi si racconta l’arte di sopravvivere in un mondo che senti diverso.
Un film appassionante, scritto bene (dal regista, da Davide-Fuxia e da Stefano Grasso) e con magnifiche musiche di Franco Battiato ad incorniciare di emozioni la storia di un gruppo di ragazzi che a Catania, in Via Etnea e a Villa Bellini, il loro giardino segreto, negli anni ’80 facevano dei loro travestimenti una cultura, una comitiva che durante il giorno veniva additata come “I Puppi”(i froci) ma che durante la notte si riscattava; lì, mentre inscenavano i loro spettacolini, aspettavano il “Principe Azzurro” sotto le vesti di militari, padri di famiglia, piccoli criminali e mafiosi.
Un film in cui è la vita reale a diventare racconto e le immagini forniscono, senza giudizi, il paradigma della differenza.
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