(Di Carlo Di Stanislao) Anteprima mondiale di “Anni felici”, ultimo film di Daniele Lucchetti in concorso al TIFF, andato in una sala purtroppo periferica ma gremita e che è stato accolto con grande entusiasmo dal pubblico.
Racconto autobiografico ambientato negli anni settanta, con un papà (Kim Rossi Stuart) inquieto e che tenta con poca fortuna la strada dell’arte concettuale e una mamma (Micaela Ramazzotti), che è invece una donna senza particolari ambizioni, appassionata e gelosa, con i due che vivono distanziati e distanti nelle loro teste ma non riescono ad abbandonarsi, trovando un completamento reciproco e una fortissima attrazione fisica. Lo stallo sembra un cliché, una cosa da romanzetto, ma si riflette su tutto il resto. L’arte di Guido, il padre, non va da nessuna parte perché è solo la replica impacciata di quello che insegna all’università e la vita di Serena, la madre, è una rincorsa continua a un uomo che vuol essere lasciato in pace. In questo contesto, i due figli piccoli – Dario e Paolo – smettono di esistere; non sono maltrattati, ma diventano accessori.
Nonostante il tema il tono è leggero e Lucchetti riesce nel pericoloso genere dell’autobiografia che tende, come ha scritto Mario Moretti o al patetismo o all’elogio encomiastico e fastidioso.
Hanno scritto i critici che la seconda parte è meno riuscita della prima e suona anche un po’ fasulla, ma il film funziona ed ha già trovato (è questo l’importante) una distribuzione per l’estero.
Molto bravi i due protagonisti: Kin Rossi Stuart dotato di sempre maggiore spessore e che qui recita il ruolo di un padre distratto ed egoista, mentre nella vita promette di essere attento e premuroso nei confronti dei figli (il primo lo ha appena avuto, il 20 agosto) e Micaela Ramazzotti, secondo Ciak migliore attrice italiana del 2012, passata giovanissima dai fotoromanzi al cinema, anche lei, nella vita, neomamma , con un nudo integrale che fece clamore, nel 2008, in “Tutta la vita davanti” di Paolo Virzì e che sarà una delle protagoniste della miniserie tv in 6 puntate “Un matrimonio”, di Pupi Avati, in onda in autunno su Rai1.
Lucchetti è felice dell’esito e nelle sue interviste ha detto che non rimpiange di aver “saltato Venezia” e, ancora, che gli piacerebbe lavorare con attori statunitensi e, ancora, che è convinto che oggi più che mai il cinema passa attraverso la capacita’ di raccontare qualcosa che sia proprio l’esperienza personale e che lo scopo sia ritrovare la propria innocenza, il candore perduto, perché, come diceva Picasso: “ci vuole una vita per imparare a dipingere come un bambino” e cinema e pittura hanno molto in comune.
Formatosi alla Gaumont di Renzo Rossellini jr., con tesi di diploma costituita dal cortometraggio “Nei dintorni di mezzanotte”, contenuto nel film “Juke box” che raccoglie i migliori corti girati dagli allievi del corso, Daniele Lucchetti deve la sua carriera a Nanni Moretti, per cui è assistente in “Bianca” e che, con Sacher film, gli produce il primo lungometraggio: “Domani accadrà” (1988) con cui vince il Davide di Donatello e “Il portaborse”, del 1991, anticipazione di “mani pulite”.
Dopo aver lavorato per il teatro e girato vari documentari, nel 2007 gira il film “Mio fratello è figlio” unico in cui rappresenta la crescita di due fratelli e del loro rapporto attraverso gli estremismi ideologici e politici degli anni ’60 e ’70, con Elio Germano e Riccardo Scamarcio, molto apprezzato a Cannes e nel 2010 “La nostra Vita”, unico film italiano accettato a Cannes dove il protagonista, Ennio Germano, vince il premio come migliore attore protagonista.
In una intervista ad Arianna Finos su Repubblica alla fine della lavorazione del film Lucchetti ha dichiarato: “Mi ha colpito una frase del libro di Philip Roth La mia vita di uomo. Un insegnante di scrittura dice agli allievi: Chiunque scrivendo sarà sorpreso a usare l’immaginazione sarà fucilato. Il materiale narrativo di scrittori e registi che preferisco ha molto a che vedere con il vissuto dell’autore. In “Mio fratello è figlio unico” e “La nostra vita”, avevo messo elementi personali mascherati. Stavolta racconto in prima persona i grovigli familiari, il rapporto tra un padre e un figlio che mi somigliano entrambi. I fatti sono parzialmente inventati, i sentimenti sono tutti veri. E, spero, contemporanei, perché non volevo fare un film vintage non volevo fare un film vintage.”
Credo che, con “La meglio gioventù” di Marco Tullio Giordana, “Anni felici” sia il miglior film sulla generazione che ha vissuto gli ultimi trenta-quaranta anni di storia nazionale, ma in un contesto più familiare e meno politico, più realistico e meno ucronico.
Il trailer del film, che sarà nelle sale il 3 ottobre, distribuito da 01, su: http://cultura.panorama.it/cinema/anni-felici-daniele-luchetti-trailer.
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