(di Carlo Di Stanislao) – Accolto male dalla critica negli USA e senza entusiasma, fuori concorso , a Venezia, “La regola del silenzio – The Company You Keep”, diretto e interpretato dal decano del cinema impegnato a stelle e strisce Robert Redford, mescola azione e dramma, in una trama che riporta alla memoria le proteste antibelliche degli anni 70, un film adatto per coloro che vogliono sentirsi a posto con la coscienza, ma anche cullati dalla sapiente messa in scena di tipo hollywoodiano, con un cast con giovani promesse come Shia LaBeou e Anna Kendrick, affiancati da attori affermati come Julie Christie, Sam Elliott, Brendan Gleeson, Terrence Howard, Richard Jenkins, Stanley Tucci, Nick Nolte, Susan Sarandon e lo stesso Redford, nei panni di un avvocato e padre single, che cresce la figlia nei sobborghi di Albany, la cui tranquilla esistenza viene sconvolta quando un giovane reporter che ne svela la vera identità di pacifista radicale del gruppo denominato Weather Underground, che negli anni ’70 manifestava contro la guerra e che è ancora cercato per omicidio in seguito a un attentato finito male.
Anche se il film è narrativamente impeccabile e la recitazione superba, con la giusta attenzione all’entertainment ma senza mai dimenticare la storia delle persone e di un’intera nazione, vi è qualcosa di risaputo e noioso nel film, sicché, sei anni dopo “Leoni per agnelli” e due dopo il courtroom drama “The Conspirator”, Redford sembra girare sempre lo stesso film.
In fondo, da anni, il suo cinema è un “Come eravamo” che, pur prendendo spunto da Pollack e Pakula, finisce per annoiare, anche con spy story come questa, in cui una generazione di attori (Redford, Nolte, Sarandon, Christie) ripensa alla propria carriera, agli ideali per i quali ha combattuto durante la giovinezza, al cinema che li ha visti protagonisti, ma con troppi rimpianti e troppi rimorsi.
Comunque Redford resta un ottimo autore e anche se non sempre innovativo, né più giovane, Né irresistibile come un tempo, la sua posizione inflessibile a favore del diritto all’indipendenza del cinema e la ricerca di nuovi e coraggiosi talenti lo hanno portato alla istituzione , nel suo Utah, del Sundance Festival e del Sundance Institute, più altre iniziative utili per la vitalità del cinema, che ne fanno un personaggio “super “nella settima arte e non solo.
Con la forza nitida e onesta di osservazione che gli è propria, ha diretto film su cui pensare e che trasmettono il suo amore per la natura. Con “Gente comune”(1980) ha preso l’Oscar per la regia ed ha confermato il suo indubbio talento con “Milagro”(1988), ” In mezzo scorre il fiume”(1992) e “L’uomo che sussurrava ai cavalli”(1998).
E’ stato insignito della Legion d’Onore e, come attore nel 2002, gli è stato conferito l’Oscar alla carriera, una carriera di grande empatia e spessore, con elementi di coerenza davvero fuori dal comune.
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