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L’astice al veleno

L’astice al veleno

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Torna a grande richiesta L’astice al veleno, la commedia di Vincenzo Salemme che lo scorso Natale dal palcoscenico del Teatro Olimpico ha conquistato il pubblico romano con uno strepitoso successo e 30.000 spettatori. Al termine della lunga tournée dello scorso anno, lo spettacolo vanta al suo attivo più di 130 repliche, con oltre 110.000 spettatori e un incasso di 2.900.000 euro, il primo per la prosa.

“Una commedia brillante e romantica la cui protagonista è un’attricetta, Barbara, amante addolorata e delusa del regista dello spettacolo che sta provando, il quale è però un inseparabile ammogliato. Gustavo invece è un pony express che consegna pacchi dono per il Natale imminente. La vicenda si svolge il 23 dicembre, nel teatro dove Barbara deve debuttare. In scena ci sono anche quattro figure molto particolari, le statue raffigurate nella scenografia: una lavandaia del cinquecento, uno scugnizzo di Gemito, un poeta rivoluzionario tratto dal Regno delle  Due Sicilie, un “munaciello”, figura mitologica dell’iconografia popolare napoletana, che si esprime come un primitivo. Barbara, bellissima donna ma molto suscettibile e sognatrice, parla con le statue inanimate che nella sua fantasia prendono vita. Solo lei (e il pubblico in sala) le vede “vivere”. Sono come gli amici immaginari dei bambini. Quando arriva Gustavo, col costume di Babbo Natale per consegnarle il dono di una ditta teatrale, anche lui vede muoversi le statue. È segno inequivocabile che tra i due c’è molto in comune. Peccato che Barbara abbia un piano diabolico: per mettere fine alla sua relazione con il regista adultero lo invita a una cenetta a lume di candela in teatro per avvelenarlo con un vino al cianuro di potassio e poi togliersi la vita. L’arrivo di Gustavo complica le cose perché le statue gli impediscono di uscire dal teatro in modo che la sua presenza renda impossibile il piano omicida di Barbara. Il tutto condito dalle incursioni di un astice vivo da cucinare ma che nessuno ha il coraggio di ammazzare.”

Vincenzo Salemme

 

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