I misteri del Titanic, miti e leggende sul “re degli oceani”
Quest’anno cade il 104° anniversario del naufragio del Titanic, la tragedia navale più importante del secolo scorso.
La notte del 14 aprile 1912, alle ore 23.40 il transatlantico “inaffondabile” urtò un iceberg, inabissandosi nell’Oceano Atlantico 2 ore e 40 minuti più tardi (alle 2:20 del 15 aprile).
Un evento che nella sua tragedia continua ad affascinare ancora oggi.
Ci sono diverse leggende che circondano il Titanic, tramandate nel corso degli anni.
Ma quante di queste possono dirsi reali?
Dalla canzone finale dell’orchestra, all’inquietante profezia nel 1898, ecco alcuni dei misteri che hanno contribuito a rafforzare il mito del Titanic.
LA PROFEZIA DEL TITANIC
Nel 1898 lo scrittore Morgan Robertson rilasciò una novella dal titolo “Futility, Or the Wreck of the Titan” (Futility, o il naufragio del Titan).
La storia raccontava di come un transatlantico chiamato Titan, la più grande nave mai realizzata, colpì un iceberg e affondò.
La novella fu scritta prima che il Titanic fosse progettato, ma il Titan era simile in dimensioni (269 m contro i 244 metri del Titanic).
Entrambe le navi affondarono dopo aver colpito un iceberg nel Nord Atlantico e non avevano sufficienti scialuppe di salvataggio per i passeggeri.
Nella sua storia, il signor Robertson chiama il Titan “inaffondabile”, termine utilizzato anche in promozione del viaggio inaugurale del Titanic.
Il Titanic affondò nel 1912, 14 anni dopo.
LA MALEDIZIONE DEL TITANIC
Quando il Titanic affondò, sono state avanzate ipotesi sull’esistenza di più di una maledizione.
Una di queste, ad esempio, era legata alla pratica della White Star Line di non dare il battesimo alle loro navi.
Il varo in passato (ma ancora oggi) era un rito propiziatorio, in quanto i marinai affidavano le loro vite all’imbarcazione e perciò la benedicevano, dandole un nome.
Una delle leggende più diffuse, è legata direttamente alla città di Belfast, dove è stata costruito il Titanic.
Alla nave fu dato il numero 390.904, che, quando si riflette, ricorda le lettere “NOPOPE”, lo slogan contro i cattolici, ampiamente utilizzato dai protestanti estremisti in Irlanda del Nord, dove è stata costruita la nave.
La nave fu accusta di essere “anti-cattolica”, perché i suoi produttori, l’azienda Harland and Wolff, aveva una forza lavoro quasi esclusivamente protestante e un presunto record di ostilità verso i cattolici.
Una leggenda più intrigante riguarda la maledizione della mummia di una sacerdotessa di Amon-Ra che ha vissuto nel 1050 aC.
Secondo i racconti, dopo la sua scoperta nel 1890 in Egitto, l’acquirente della mummia ha incontrato grave disgrazia.
La mummia è stata poi donata al British Museum, dove ha continuato a causare problemi misteriosi per i visitatori e il personale.
Fu quindi acquistata dal giornalista William Thomas Stead, che non credette alle voci di una maledizione.
La leggenda afferma nascose la mummia nella sua auto per paura che non sarebbe stata presa a bordo del Titanic a causa della sua reputazione.
Avrebbe poi rivelato ad altri passeggeri la presenza della mummia la sera prima della tragedia.
Documenti ufficiali affermano che il British Museum non ha mai ricevuto la mummia, solo il coperchio del suo sarcofago (che è in mostra al museo e conosciuto come il “Unlucky Mummy”.
Inoltre, tranne durante la guerra e speciali mostre all’estero, il coperchio non ha lasciato mai la stanza egiziana.
IL TITANIC NON AFFONDO’ MAI
Secondo la teoria dello scrittore Robin Gardiner, la nave che affondò non fu il Titanic ma la sua gemella Olympic.
Nel suo libro verrebbe descritta la più grande truffa del secolo: John Pierpoint Morgan, proprietario della compagnia marittima ‘ White Star Line’, avrebbe architettato un modo per rifarsi dei danni subiti dallo scontro precedente della Olympic con la nave Hawke della Marina britannica.
Il Titanic all’epoca dei fatti (1911) ancora non era stato ultimato.
Morgan quindi decise di sostituire le due navi: l’Olympic viene ricostruita con gli “scarti” del Titanic, e quest’ultimo viene spacciato come Olympic.
A partire da Southampton, quindi, non fu “l’inaffondabile”, ma l’Olympic ricostruita alla buona.
Secondo Gardiner questo spiegherebbe perché l’iceberg è riuscito facilmente a scalfire lo scafo, ricostruito con pezzi di scarto.
Inoltre sostiene che l’impatto fu voluto: l’intenzione di Morgan non era quella di far affondare la nave, ma di ripagare i lavori dell’Olymipc con l’assicurazione che copriva eventuali danni.
L’ORCHESTRA DEL TITANIC
Una delle storie più famose e romantiche che circondano il Titanic riguarda l’orchestra.
Si dice che il 15 aprile, mentre la nave s’inabissava, gli otto musicisti, guidati da Wallace Hartley, continuarono a suonare fino alla fine sul ponte anteriore.
E sebbene sembri una trovata cinematografica, si tratta di realtà.
Quello che rimane un mistero è l’ultima canzone suonata.
Secondo la maggior parte delle testimonianze la melodia finale fu l’inno cristiano “Nearer, My God, To Thee” (Più vicino a te, mio Dio).
Sembra che lo stesso Hartley una volta disse a un amico che se si fosse trovato su una nave che affonda quella sarebbe stata una delle canzoni che avrebbe voluto suonare.
LA VOCE DEI TESTIMONI
Il Titanic affondò alle ore 2.20 del 15 aprile 1912, portandosi con sè 1.518 anime dei 2.223 passeggeri imbarcati (equipaggio compreso).
Il testimone oculare Jack Thayer, a bordo di una lancia, rese questa testimonianza:
“Il ponte era leggermente girato verso di noi. Si vedevano mucchi dei quasi 1500 passeggeri rimasti a bordo che si affastellavano come sciami d’api, ma solo per ricadere a gruppi, a coppie, da soli, mentre circa 80 metri di scafo si alzavano formando con la superficie un angolo di circa 70°. Poi la nave, e con essa il tempo stesso, sembrarono fermarsi. Infine, gradualmente, il ponte si girò, come a voler nascondere l’orrendo spettacolo alla nostra vista.
Improvvisamente, tutta la struttura del Titanic sembrò rompersi in due, abbastanza chiaramente sulla parte anteriore, una parte s’inclinava e l’altra si ergeva verso il cielo”.
Lawrence Beesley, sopravvissuto al naufragio, aggiunse:
“Prima che il ponte fosse completamente sommerso, il Titanic s’innalzò verticalmente per tutta la sua lunghezza e, forse per 5 minuti, vedemmo almeno 150 piedi della nave alzarsi sopra il livello del mare, diretta contro il cielo; poi precipitando obliquamente disparve sott’acqua.”
Beesley descrisse anche l’impatto emotivo di chi visse quei tragici istanti:
“D’improvviso un fiotto di luce dal castello di prua e un razzo s’innalzò sibilando verso il cielo, là dove le stelle ammiccavano sfavillanti sopra di noi. Salì sempre più in alto, mentre un mare di volti lo seguiva con lo sguardo e una pioggia di scintille ridiscesero lentamente scomparendo ad una ad una. E con un sospiro affannoso una parola sfuggì dalle labbra della folla: ‘Razzi!’. È inutile negare l’intensità drammatica della scena; separatela da tutti i terribili eventi che seguirono e immaginatevi la calma della notte, la luce improvvisa sui punti affollati di gente vestita o svestita nelle fogge più svariate, lo sfondo degli enormi fumaioli e degli alberi affusolati rivelati dal razzo che s’innalzava, il cui lampo illuminava allo stesso tempo i volti (e i riposti pensieri) della folla obbediente, gli uni semplicemente col bagliore fisico della luce, gli altri con l’improvvisa rivelazione del significato di quel messaggio. Ognuno seppe senza il bisogno di parole che chiedevamo aiuto a chiunque fosse abbastanza vicino da vederci”
Il colonnello Gracie, risucchiato in acqua e sopravvissuto alla tragedia scrisse:
“Nella zona di cui parlo, fin dove riuscivo a vedere, salivano al cielo le grida più atroci mai udite da uomo mortale, se non da chi sopravvisse a quella terribile tragedia. I gemiti e i lamenti dei feriti, le urla di chi era in preda al terrore e lo spaventoso boccheggiare di chi annegava, nessuno di noi lo dimenticherà più fino al giorno della sua morte”.
Verso le 8 della mattina, giunse sul posto il Carpathia che recuperò i naufraghi sopravvissuti sulle lance.
Scrisse in seguito il capitano Rostron:
“Non galleggiava nemmeno un frammento del relitto, forse un paio di sedie a sdraio, qualche cintura di salvataggio, molto sughero, ma niente di più di quei resti che spesso vengono trascinati dalla marea sulle spiagge. La nave era affondata trascinando tutto con sè. Ho visto un solo cadavere in acqua, nessuno era riuscito a sopravvivere in quel mare gelido”.
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