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Nomisma Wine Monitor – guerra del vino: in Francia la storia si ripete

Nomisma Wine Monitor – guerra del vino: in Francia la storia si ripete

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La Spagna convoca l’ambasciatore francese a seguito di episodi che ricordano la guerra del vino degli anni ’80 quando i “vignerons” bloccavano alla frontiera e svuotavano le autocisterne provenienti dall’Italia. Solo che oggi quel vino è soprattutto spagnolo. E’ risaputo che la Francia rappresenta con oltre 8,2 miliardi di euro il primo esportatore di vino al mondo.

Meno risaputo è invece il fatto che, dopo la Germania, si configura come il secondo importatore mondiale di vino sfuso, con quasi 6 milioni di ettolitri importati nel 2015 contro i 9 milioni dei tedeschi. Dove finisce tutto questo vino? La gran parte è destinato alle grandi catene distributive e ai relativi vini a private label che oggi rappresentano ben il 35% dei consumi francesi di vino, ma questo non sta bene ai produttori transalpini che vedono così abbassarsi i prezzi dei loro vini – quelli “comuni” non legati cioè a una Dop o un Igp –a causa dei vicini concorrenti. Quali? Se trent’anni fa eravamo soprattutto noi italiani a esportare vino sfuso in Francia, oggi il ruolo di “cattivo” è passato agli spagnoli.

“Nel 2015, dei 6 milioni di ettolitri di vino sfuso importato dai francesi, l’83% è arrivato dalla Spagna” dichiara Denis Pantini, Responsabile di Nomisma Wine Monitor – “mentre dall’Italia sono giunti appena 380.000 ettolitri, vale a dire il 7% di tutte le importazioni francesi di vino sfuso”. Rispetto a dieci anni fa, le importazioni nel mercato d’oltralpe di vino in cisterna dalla Spagna sono passate da 2,5 a 4,9 milioni di ettolitri, con una progressione del 92%.

Al contrario, quelle provenienti dall’Italia sono diminuite da 830 mila a 380 mila ettolitri, evidenziando all’opposto un calo del 52%. “Competere con lo sfuso spagnolo è dura”, continua Pantini, “dato che nel 2015 il prodotto iberico è entrato in Francia con un prezzo medio più basso del 36% rispetto a quello italiano”.

Dieci anni fa il differenziale di prezzo era meno del 10% (in pratica pochi centesimi al litro), ma una viticoltura maggiormente irrigata e meccanizzata nelle aree più produttive della Spagna ha creato un gap di competitività praticamente impossibile da colmare. Anche per questo la sostenibilità economica delle nostre imprese vinicole sarà sempre più legata alla loro capacità di differenziare i propri vini attraverso il legame territoriale o, chi potrà farlo alla luce degli investimenti necessari, al brand della propria azienda.

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