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Odio per le donne in un millennio da incubo

Odio per le donne in un millennio da incubo

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( di Carlo Di Stanislao) – In India il film, che vede protagonisti Daniel Craig e Rooney Mara, non uscirà, perché il regista si è rifiutato di eliminare alcune scene su richiesta del Central Board of Film Certification (la censura locale), che, in particolare, aveva chiesto di tagliare due scene d’amore tra Lisbeth e Blomkvist, lo stupro che la hacker subisce dal suo tutore e la scena d’amore lesbico.
Negli USA “Millennium: Uomini che Odiano le Donne” di David Finche (intitolato “The girl of Dragon Tatoo”), sarà vietato ai minori di 18 anni, mentre in Italia, fra pochi giorni, l’attesa pellicola, seconda trasposizione cinematografica del primo episodio della fortunatissima trilogia letteraria partorita dalla fertile mente dello scrittore svedese Stieg Larrson, sarà in tutte le sale.
Com’è noto vi si narra del giornalista di successo Mikael Blomkvist (Daniel Craig), che aiutato della giovane e ribelle hacker Lisbeth Salander (Rooney Mara,) accetta un incarico dal ricco industriale H. Vanger: indagare sulla scomparsa della nipote Harriet, avvenuta quarant’anni prima.
Da allora, ogni anno un misterioso dono anonimo riapre la vicenda.
Dopo mesi di ricerche, Blomkvist e Salander scopriranno la sconvolgente ed inaspettata verità.
Gli autori (David Finche che ne ha curato la regia e la sceneggiatura con Steven Zaillian), hanno detto che non si tratta di un remake, ma di una nuova versione cinematografica che cercherà di essere il più possibile fedele al materiale letterario di partenza.
Così non è stato nel caso del primo film svedese, diretto da Niels Arden Oplev nel 2009 e che vedeva Noomi Rapace e Michael Nyquist protagonisti, in cui buona parte della trama e alcune dinamiche tra i personaggi venivano stravolte rispetto al libro originale, tanto da aver infastidito non poco i fan della trilogia.
Invece, le atmosfere decisamente cupe proprie della storia ideata da Larsson sono sulla carta perfettamente in sintonia con la poetica estetica fincheriana (se si fa eccezione del sopravvalutatissimo, semplicistico e melenso Il curioso caso di Benjamin Button) e gli allucinanti titoli di testa adrenalinici e cyber-punk del film, diffusi a fini promozionali come fossero un trailer e che potete ammirare subito qui sotto, sembrano dimostrarlo con chiarezza.
Questa nuova versione, con le musiche del duo da Oscar Trent Reznor e Atticus Ross, “è candidato a 5 premi dell’Accademy (tra cui quello per la miglior attrice protagonista per cui è stata nominata Rooney Mara) ed è uscito nelle sale americane il 20 dicembre con grandi incassi nonostante il divieto e in quelle italiane lo vedremo da venerdì prossimo e c’è già una febbrile attesa.
Circa l’autore della fortunata serie, Karl Stig-Erland Larsson, sino al 2004, anno della sua morte a soli 50 anni, per infarto, aveva pubblicato solamente saggi sulla democrazia svedese e sui movimenti di estrema destra.
Poco prima di morire aveva contattato una delle principali case editrici svedesi, la Norstedts, e consegnato una serie di tre romanzi polizieschi che costituiscono la trilogia Millennium.
Larsson aveva pensato ad una serie di dieci romanzi e prima di morire aveva già sviluppato il quarto ed il quinto volume.
In seguito alla sua morte la trilogia conobbe un enorme successo, dapprima in Svezia quindi in Francia, dove fu pubblicato dalla casa editrice Actes Sud, poi in tutta Europa divenendo il caso letterario dell’anno: finora sono stati venduti 8 milioni di copie.
Attualmente i suoi libri sono tradotti in 25 paesi ed in Italia pubblicati dalla casa editrice Marsilio.
Si è discusso molto dell’effettivo valore della trilogia.
Specialmente nell’ambito critico letterario.
L’opera di Larsson ha venduto tantissimo ma, allo stesso tempo, ha attirato su di se critiche pesanti. L’attacco più evidente è stato quello di Carlo Fruttero, uno dei maestri del giallo italiano, che ha definito Uomini che odiano le donne Una brodaglia scritta non col computer ma dal computer in un articolo su La Stampa nel 2009.
Le accuse che la critica ha mosso contro Millennium sono le più varie: la monotonia, la mancanza di uno stile unitario se non nel suo essere freddo, la semplicità con la quale si può leggere, l’essere costruito completamente a tavolino.
Ma chi considera Millennium un fenomeno esclusivamente commerciale dimentica lo spessore del suo autore, giornalista impegnato nel monitoraggio dei nuovi fenomeni di estrema destra e neonazisti, fondatore di Expo (in Europa una delle più importanti riviste antirazziste) e consulente di Scotland Yard.
Ciò che è sembrato evidente fin dall’inizio, è che la Svezia che Larsson ci mostra non è il paese civile e privo di violenza che tutti immaginiamo, bensì un posto con traffici di minorenni, prostituzione e dubbia condotta dei servizi segreti.
Un paese di violenze sulle donne, di episodi di razzismo e sessismo, con pregiudizi vari e varie espressioni di violenta inciviltà.
In effetti e con grande anticipo sui fatti tragici della’eccidio di Anders Behring Breivik, Larsson ci fa riflettere sul fatto che il Nord Europa è un’incubatrice di xenofobia, con paesi (Olanda, Danimarca, Svezia, Norvegia), in cui esistono forze politiche oramai istituzionalizzate, in alcuni casi indispensabili ai partiti conservatori per governare, che fanno della xenofobia e della retorica neonazista il proprio elemento identitario. Alle presidenziali austriache dello scorso anno, la candidata del Fpoe Barbara Rosenkranz, d’estrazione dichiaratamente filo-nazista, ha raggiunto la significativa cifra del 15,6%.
In aprile, l’Ungheria ha ratificato una revisione della Costituzione nella quale Dio, Patria, l’orgoglio della nazione etnica magiara e lo Stato definito nella sua essenza nazionale, etnica, sostituiscono i vecchi articoli che definivano l’Ungheria una Repubblica Democratica.
In Svezia, nella ex culla della socialdemocrazia, il partito di estrema destra dei “Democratici svedesi”, con il suo giovane leader 31enne Jimmie Akesson, è riuscito nel settembre dello scorso anno per la prima volta ad accedere al Parlamento della Svezia, con un programma apertamente anti-islamico ed ostile all’Unione Europea.
Torniamo al cinema. Dopo il danese Niels Arden Oplev, lo svedese a Daniel Alfredson ha portato sullo schermo tutte gli altri due romanzi della trilogia “La ragazza che giocava con il fuoco” e “La regina dei castelli di carta”, quest’ultimo nel 2010.
In tutti e tre i film, anche se con qualità differenti, si descrivono strade di metropoli tetre e quasi svuotate, come se fossero pronte ad accogliere nella morsa plumbea del suo torpore i suoi abitanti.
Una atmosfera eredita dal David Lynch de I segreti di Twin Peaks, con una dimensione morbosa che raggruma le atmosfere del giallo deviandole in un nuovo percorso sensoriale e narrativo. la trilogia Millennium ha cambiato, prima con i prodotti letterari poi con le trasposizioni schermiche, il gusto del grande pubblico modellandolo su un nuovo genere che travalica le categorie cablando immagini, stile e cultura disomogenei. Ora l’americano Finche cerca di riprodurre il clima glaciale di Larsson, un clima che nasconde incubi immani dietro una apparente normalità, con deliri di ultima generazione, trascinati in pruriginosi rituali violenti, indecifrabili come certi Funny Games hanekeiani o certo cinema, ad esempio, di Cristopher Nolan.
Per quanto è dato vedere dai trailer (http://cinemagnolie.blogspot.com/2011/10/girl-with-dragon-tatoo-di-david-fincher.html ), la regia sembra piuttosto ispirata e dinamica e, nonostante Oltreoceano si siano dette grandi cose sulla prova di Rooney Mara (che per la sua interpretazione di Lisbeth Salander è candidata al Golden Globe, oltre che all’Oscar, come migliore attrice), è soprattutto Daniel Craig ha campeggiare, particolarmente a suo agio nei panni del giornalista Mikael Blomkvist.

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