(Di Carlo Di Stanislao) Il 24 febbraio 2013 è ancora lontano, ma già il motore degli Oscar gira a pieno regime. Si è appreso, ad esempio, che, a sorpresa, a condurre la serata al Dolby Theatre, sarà Seth MacFarlane, il creatore de “I Griffin” e della serie tv “Ted”, prossimamente in onda anche in Italia e, ancora,che la data per le nomination ufficiali è stata fissata per il 10 gennaio.
Naturalmente noi italiani siamo in trepida attesa, dal momento che da tempo veniamo trascurati e poiché il film prescelto, “Cesare deve morire” dei Taviani, già vincitore dell’Orso d’oro al Festival di Berlino, dovrà prima riuscire a entrare nella cinquina finale per poter ambire alla vittoria come Miglior film straniero, lottando contro grandi candidati come No, ultimo capitolo della trilogia di Pablo Larrain sulla dittatura di Pinochet ; Las malas intenciones di Rosario Garcia-Montero; Infancia clandestina Benjamin Avila; Blancanieves di Pablo Berg; El artista y la modelo di Fernando Truebra; l ‘acclamato Sister e The Hunt – La caccia, di Thomas Vinterberg.
In eccellente posizione anche altri film, come Mads Mikkelsen, che narra la vera storia d’amore consumatasi nel 1700 tra la giovane regina di Danimarca e il suo medico e che, potrebbe bissare il successo ottenuto due anni fa da Susanne Bier e White Tiger, Kolossal di Karen Shakhnazarov, costato 11 milioni di dollari e basato sul romanzo di Ilya Boyashov.
Ancora vanno ricordati Mushrooming, diretto dall’esordiente Toomas Hussar, Pharmakon di Joni Shanaj e If Only Everyone, di Nataliya Belyauskene.
Fra i papali anche The Deep, racconto di sopravvivenza realmente accaduto, diretto dal regista di Contraband Baltasar Kormakur, storia che vede protagonista un pescatore sopravvissuto miracolosamente dopo aver trascorso parecchie ore nell’acqua gelata dell’Oceano, in seguito la naufragio della sua barca, avvenuto realmente al largo della costa islandese nel 1984.
L’Islanda non ha mai vinto un Oscar ed è stata nominata una volta sola nel 1992 con Children of Nature di Friðrik Þór Friðriksson. E chissà che il suffisso 13 non le porti fortuna.
E’ dal 2006, da La bestia nel cuore di Cristina Comencini, che un italiano non entra nella top five e dal 1999, dal successo de La vita è bella di Benigni, che non vince un Oscar.
E sono in parecchi a dire che, forse, nella scelta, sarebbe stato meglio puntare su È stato il figlio di Daniele Ciprì, , Magnifica presenza di Ferzan Ozpetek e, forse anche, Bella addormentata di Marco Bellocchio.
Oppure inviare piccoli outsider meno quotati ma molto validi, come Diaz di Daniele Vicari, Gli equilibristi di Ivano De Matteo e La-Bas, educazione criminale di Guido Lombardi: lavori inaspettatamente (perché provenienti da registi meno noti) positivi e, soprattutto gli ultimi due, ben accolti anche dalla stampa internazionale.
Io personalmente avrei mandato La-Bas, educazione criminale, vincitore del Leone d’Argento nella Settimana della critica di Venezia 2011, di cui Variety aveva scritto: “Finalmente uno sguardo fresco ai problemi dell’immigrazione clandestina in Italia” ed aggiunto: “ha qualche difetto da debutto ma anche sincerità e onestà di mille miglia superiore a prodotti connazionali di budget di gran lunga maggiori”.
Oppure Reality di Matteo Garrone, che ha avuto, dopo la vittoria a Cannes, probabilmente non un capolavoro, ma, rispetto a Cesare deve morire, con una maggiore capacità di essere compreso e di comunicare più universale, con potenzialità per intrigare i palati più esigenti come quelli più “popolani”.
Ci presentiamo, invece, con un quasi documentario nel carcere di Rebibbia, coi detenuti – alcuni dei quali segnati dalla “fine pena mai” – che rappresentano il Giulio Cesare di William Shakespeare, commentato, sempre da Variety con la frase: “intrigante curiosità potrebbe scaturire dalla vita in cella, ma solamente nei cinema d’essai”.
Centro non una buona partenza per chi dovrà sfidare, oltre a quelli citati, Amour di Michael Haneke (Palma d’oro a Cannes 2012 e tra i più probabili finalisti); A perdre la raison di Joachim Lafosse; Children of Sarajevo di Aida Begic; A Royal Affair di Nikolaj Arcel; Quasi amici di Olivier Nakache ed Eric Toledano (altro fortissimo cavallo in gara); Barbara di Christian Petzold (Orso d’argento a Berlino 2012); Kon-Tiki di Espen Sandberg e Joachim Rnning; 80 Million di Waldemar Krzystek; Sangue do meu Sangue di Joo Canijo; Beyond the Hills di Cristian Mungiu, (premi per la sceneggiatura di Mungiu e le due attrici principali, Cosmina Stratan e Cristina Flutur, a Cannes 2012) e The Hypnotist di Lasse Hallstroem.
Ricevendo la notizia della loro candidatura i fratelli Taviani, 163 anni in due, mentre stavano prendendo l’aereo per gli Usa dove parteciperanno in concorso al Festival di New York, hanno commentando la loro selezione: ”Siamo felici ed è solo l’inizio di un bel viaggio”. Speriamo abbiano ragione.
Intanto resta certo il nome di i MacFarlane, noto per la sua bravura come cantante crooner, oltre che come doppiatore e per il suo umorismo irriverente e già si pensa di posticipare (forse al 15 gennaio) le nomination, mentre nelle prossime settimane verranno fissate anche le altre tappe.
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