Le strategie attuate negli ultimi tre anni attraverso gli ammortizzatori sociali per rendere meno pesanti gli effetti della crisi sul mercato del lavoro hanno avuto una “piena efficacia”: a questo punto però è necessario sostenere politiche non più “difensive” ma “offensive” per favorire l’ingresso dei giovani e delle donne nel mercato del lavoro. L’analisi è del presidente di Italia Lavoro, Paolo Reboani, intervenuto all’iniziativa promossa insieme all’Ocse su “Verso una crescita sostenibile: approcci Welfare to Work nell’ambito delle sfide economiche ed occupazionali”.
Nel corso dell’appuntamento è stato messo in risalto come l’impatto della crisi internazionale sul sistema economico e sul mercato del lavoro del nostro paese sia stato rilevante: “Le imprese italiane hanno dovuto far ricorso a strategie difensive basate non solo su investimenti in ricerca, formazione, qualità di prodotto e valorizzazione delle risorse umane, ma anche su processi di riconversione, ristrutturazione e riorganizzazione dei propri assetti”. E’ stato sottolineato in particolare come negli anni appena trascorsi i principali interventi legislativi hanno mirato anzitutto a tutelare la struttura produttiva ed occupazionale del paese supportando, da un lato, la domanda interna di beni e servizi (attraverso, ad esempio, gli incentivi economici per l’acquisto da parte delle famiglie di beni durevoli) e finanziando, dall’altro, con maggiori risorse la spesa per ammortizzatori sociali – in particolar modo per i cosiddetti ammortizzatori sociali in deroga – in modo da permettere a molte aziende di evitare l’interruzione nel rapporto di lavoro (e la conseguente dispersione di capitale umano) e di attuare misure meno drastiche, quali una temporanea sospensione dall’attività produttiva o una riduzione degli orari di lavoro nel periodo di crisi. Ecco allora che ci è concentrati soprattutto sull’ampliamento della platea dei lavoratori beneficiari di ammortizzatori sociali, sulla maggiore integrazione tra politiche passive e politiche attive del lavoro e su una maggiore cooperazione interistituzionale fra Stato e Regioni.
Gli accordi sottoscritti sulle casse integrazioni straordinarie in deroga hanno riguardato nel 2009 268.474 lavoratori, nel 2010 393.170 lavoratori e finora nel 2011 307.410 lavoratori. Gli accordi sulla mobilità in deroga hanno riguardato 20.814 lavoratori nel 2009, 35.846 lavoratori nel 2010, 33.215 lavoratori nel 2011. Il tiraggio (cioè il numero di ore di Cigs effettivamente utilizzate su quelle richieste e poi autorizzate dal Ministero del Lavoro) è andato diminuendo nel corso degli anni, passando dal 70% nel dicembre 2009 al 43% rilevato ad ottobre 2011. Oggi i dati rivelano che oltre il 97% dei lavoratori percettori di ammortizzatori sociali in deroga è stato preso in carico dai servizi per il lavoro; che oltre il 74% dei lavoratori presi in carico ha concordato con i servizi competenti un Piano di azione individuale (il 75% di lavoratori in Cigs in deroga e il 60% dei lavoratori in Mobilità in deroga); che quasi il 50% dei lavoratori presi in carico è stato inserito in un percorso formativo d’aula (il 51% dei lavoratori in Cigs in deroga e il 24% dei lavoratori per le Mobilità in deroga); che quasi il 56% dei lavoratori presi in carico è fuoriuscito (circa il 75% reintegrato nell’azienda di provenienza e quasi il 12% ricollocato).
“Questi risultati – afferma Reboani – confermano la piena efficacia delle politiche ‘difensive’ adottate nello scorso triennio: ora è necessario sostenere politiche ‘offensive’, per l’ingresso dei giovani e delle donne nel mercato del lavoro. Contratto di apprendistato, contratto di inserimento e credito d’imposta sono i principali strumenti per intervenire nei prossimi mesi e sui quali costruire le politiche attive di nuova generazione. Le previsioni per il prossimo triennio sull’andamento del mercato del lavoro impongono però anche un consolidameno delle politiche attive fondate su orientamento, formazione e sostegno al reddito e sulla responsabilità della persona. È questa l’indicazione che viene dalle esperienze più virtuose a livello internazionale e su cui l’Italia, tenendo conto delle particolari condizioni del suo mercato del lavoro, deve indirizzarsi in maniera più efficace”.
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