Pokémon compie 20 anni, la storia di un successo nato dal sacrificio
20 anni fa, oggi, iniziava una leggenda. Il 27 febbraio 1996 uscivano in Giappone Pocket Monsters Red e Pocket Monsters Green, due titoli originali e sconosciuti che da lì a poco avrebbero generato un fenomeno inarrestabile che ancora oggi gode della stessa forza e della stessa vitalità di quel titolo uscito in una fredda giornata di febbraio.
20 anni fa, oggi, iniziava una leggenda. Il 27 febbraio 1996 uscivano in Giappone Pocket Monsters Red e Pocket Monsters Green, due titoli originali e sconosciuti che mandarono quasi in bancarotta il creatore Satoshi Tajiri e la sua Game Freak, tanto da costringerlo a rinunciare al suo stipendio per pagare i dipendenti.
Una serie nata morta, generata da un sacrificio disperato che da lì a poco avrebbe però generato un fenomeno inarrestabile che ancora oggi gode della stessa forza e della stessa vitalità di quel titolo uscito nella fredda giornata di febbraio.
Per l’uscita europea dobbiamo aspettare il 1999, più di tre anni dopo, quando in Europa e in Italia arrivano Pokémon Rosso e Blu, che nel giro di poco tempo diventano i giochi di ruolo più venduti di tutti i tempi su GameBoy. Già, perché è lì che è nato tutto, sul piccolo schermo monocromatico della console portatile Nintendo – proprietaria dello studio che produce la serie, Game Freak – dalla quale non si separerà mai.
Chiunque abbia posseduto un GameBoy alla fine degli anni ’90 ricorderà bene la serie, avrà iniziato il percorso di allenatore e si sarà trovato davanti ad una delle scelte più difficili della sua infanzia: quella per il Pokémon iniziale tra il terzetto ormai divenuto leggenda.
Ed è proprio questo momento che, fin da subito, lasciava intendere che quel piccolo/grande gioco era molto più che un semplice videogame per bambini o ragazzini; era un piccolo gioiello più profondo di quanto possa sembrare ad una prima occhiata, che proprio grazie alla cura che ne ha caratterizzato lo sviluppo è arrivato, dopo 20 anni, a proporre episodi mai scontati e sempre all’avanguardia.
Pur proseguendo su un rigido percorso in cui le divagazioni erano spesso malviste, una cautela giustificata (anche) dallo spettro del fallimento che Tajiri aveva sfiorato e dal cui abisso era nata la saga.
Perché, di fatto, la serie non è mai uscita dalla sua casa principale: il GameBoy prima, i Nintendo DS e 3DS dopo. Le console portatili rappresentano la costante più importante per la serie, che ai mostriciattoli tascabili ha sempre saggiamente affiancato una console portatile.
Una scelta che per molti è sembrata limitante, ma che in realtà ha permesso agli sviluppatori di concentrarsi su un unico mercato e su un’unica idea di Pokémon. Poi, certo, ci sono stati gli spinoff: i Mistery Dungeons, per esempio, o i Pokémon Stadium, Pinball e l’imminente Pokken Tournament. Divagazioni, appunto, che hanno caratterizzato altre console, spesso casalinghe, per fornire una distrazione a tutti gli appassionati.
Ma Pokémon, quello vero, è sempre stato su console portatile. E ha sempre proposto qualcosa che le altre serie, semplicemente, non offrivano: un equilibrio che consentiva ai giocatori più giovani di divertirsi senza impegno e a quelli più attempati di accedere ad una profondità – di statistiche, di storia, di esplorazione – che ben pochi giochi possono dire di avere. È questo il più grande merito di Pokémon e l’elemento responsabile del suo successo, che dopo innumerevoli capitoli principali – rigorosamente “doppi” – non accenna a diminuire nonostante, negli anni, gli sviluppatori abbiano sperimentato sempre più. Fino ad arrivare al 3D degli ultimi episodi che, grazie ad una struttura equilibrata, riesce a non snaturare l’atmosfera in maniera magistrale.
Ma soprattutto come si è evoluto il mondo reale si è evoluto quello virtuale. Così sono arrivati i palmari, gli smartphone, il GPS e tematiche più attuali. Sono cambiati i cattivi e, soprattutto, i loro obiettivi sempre più alti e potenzialmente catastrofici.
È cambiata l’idea del mondo connesso, aprendosi al web e creando una rete interna ed esterna, con la quale connettersi con altri giocatori per scambiarsi oggetti, Pokémon e darsi battaglia. Dal cavo link – necessario per gli scambi tra GameBoy su Rosso e Blu – si è quindi passati al WiFI locale prima e al web dopo.
Un’evoluzione che ha sempre mantenuto l’aspetto più importante: l’equilibrio. In tutto, dagli scontri alle meccaniche di gioco. Due decenni di Pokémon sono anche serie TV, film, l’indimenticabile Ash, la mascotte Pikachu, i leggendari e i gadget, oltre a tutti gli elementi che inevitabilmente finiscono per caratterizzare un brand internazionale.
Ma Pokémon, da buon prodotto giapponese, è sempre rimasto la stessa piccola, rigorosa gemma nata 20 anni fa dalla mente di Satoshi Tajiri. Una perla sulla quale non ci ha inizialmente scommesso nessuno, nemmeno la stessa Nintendo, ma che è riuscita a raggiungere una crescita rapida e inesorabile. Per poi non fermarsi mai.
(fanpage.it)
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