(Di Carlo Di Stanislao) A sole 48 ore dal via le polemiche piovono su Cannes, con la stampa specializzata che rimprovera agli organizzatori la senilità della più parte dei registi e la scarna presenza femminile fra loro.
Se si escludono Amat Escalante, 34 anni , che presenta in concorso “Hèli” e Rebecca Zlotowski, 32, che porta alla sezione Un Certain Regard, “Grand Central” e vede protagonisti Lèa Seydoux, presente anche nel cast di “La vie d’Adèle” di Abdellatif Kechiche, gli autori hanno più di 40 anni ed anche se si chiamano Steven Soderbergh, James Gray e “Fratelli Coen”, a Cannes vinsero da giovanissimi.
Circa la scarsa attenzione per le donne, occore dire che di autrici secondo noi non ve ne sono poche: oltre a Valeria Golino con il suo “Miele” per Un certain regard e Valeria Bruni Tedeschi, in concorso, contiamo ancora Sofia Coppola con il suo “The Bling Ring”, Claire Denis con “Les Salauds”, oltre a Rebecca Zlotowski, Chloè Robinchaud, Lucia Puenzo e Flora Lau.
Oltre alle polemiche, naturalmente, piovono anche i pronostici che danno favoriti Arnaud Desplechin, Abdellatif Kechiche e Arnaud des Pallierès, con la percentuale maggiore per il primo, col suo “Psychothèrapie d’un indien des plan”, con nel cast Benicio Del Toro e Mathieu Amalric, nei panni rispettivamente del paziente e dello psicoanalista che l’ha in cura.
Anche l’ultimo però, Arnaud des Pallierès, per la prima volta In Concorso, si contano ottime probabilità di vittoria, con la trasposizione sullo schermo di “Michael Kohlhaas”, tratto dall’omonimoracconto di Von Kleist sulla fine del Sacro Romano Impero Germanico sconfitto da Napoleone, con Bruno Ganz, Mads Mikkelsen e Denis Lavant.
Dotatissimo allievo della celebre “La Fémis”, l’École Nationale Supérieure des Métiers de l’Image et du Son, la più importante scuola francese di cinema, con sede a Parigi e in cui si sono formati talenti come Alain Resnais François Ozon, Jean-Jacques Annaud, Theo Angelopoulos, Volker Schlöndorff, Costa-Gavras, Andrzej Zulawski, pare che il giovane regista abbia doti tali che sorprenederanno la giuria, tanto da strappare la palma a tutti gli altri.
Io (come tutti i vecchi cinefili), attendo soprattutto, oltre a Sorrentino, il neo-naturalizzato cineasta francese Roman Polanski, con il classico della letteratura erotica “Venere in pelliccia” di Leopold Von Sacher Masoch ed un cast da urlo, con la moglie Emmanuelle Seigner e Louis Garrel, figlio di Philippe Garrel e dall’attrice Brigitte Sy, nipote del celebre attore Maurice Garrel, tenuto a battesimo da Antoine Doinel e che per una volta, dal 2008 e dopo l’esperienze di “Attrici”, accanto alla compagna Valeria Bruni Tedeschi, non sarà dietro la macchina da presa, ma attore di un regista che ama quei modelli (da Renoir a Truffaut a Eustache), che lui col suo cinema ha cercato di demolire.
Il John Walker & Sons Voyager, l’esclusivo veliero dal raffinato stile anni ’20, la cui rotta ripercorre le memorabili navigazioni epiche che hanno portato Johnnie Walker dai quattro angoli della Scozia ai quattro angoli del mondo, è adesso alla fonda a Prtofino, ma, il 15, sarà a Cannes per la festa del cinema, prima di toccare, in successione Monaco, Atene, Barcellona, Amsterdam, Londra, Amburgo e Copenhagen, sino ad arrivare a Edinburgo in agosto, facendo così ritorno proprio dove la storia di John Walker & Sons ebbe inizio quasi due secoli fa.
Nel momento del massimo splendore i Clipper furono le navi preferite per il trasporto di carichi poco ingombranti e molto redditizi come le spezie, la seta, la lana o il tè e al giorno d’oggi, di tutti quelli costruiti nella metà del 1800, sembra che sia sopravvissuto il solo Cutty Sark.
Ma il cinema è capace di ogni trovata ed invenzione e resurrezione, tanto da far rivere il John Walker & Sons Voyager, sperando che l’idea porti successo e fortuna ad un festival su cui, da sempre, si punta molto.
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