(Di Carlo Di Stanislao) Si era imposto all’attenzione nel 2008, a soli 31 anni, vincendo il Ciak D’Oro con Alessandro Zanon per il miglior sonoro in presa diretta col film-rivelazione “La ragazza del lago” di Andrea Molaioli ed ancora il premio Aits, per il film Tv di Gianluca Tavarelli “Maria Montessori”.
Ora l’aquilano Alessandro Palmerini è candidato, sempre per il sonoro in presa diretta (la sua specialità), con ben due film al prossimo “Davide di Donatello”: “Diaz” di Daniele Vicari, assieme a Remo Ugolinelli e “Io e te” di Bernardo Bertolucci, certamente due dei migliori film della nostra produzione più recente. Palmerini, anche se giovanissimo, è già un veterano del suono in diretta, essendosene occupato, con magistrale sensibilità e capacità fuori dal comune, per film come “Il passato è una terra straniera” (2008); “Giulia non esce la sera” (2009); “Le cose che restano” (2010); “doc Medici con L’Africa” (2012).
Nel 1928, con il Manifesto dell’asicronismo, gli autori Ejzenštein, Pudkovin e Alexandrov sostenevano la validità del sonoro e si preoccupavano di individuare nuove è più perfette forme di montaggio, a sostegno della drammaturgia filmica.
Con il 1930 il suono si standardizzò in un unica traccia monofonica riportata sul bordo esterno della pellicola 35 mm., tra il fotogramma e le perforazioni.
A metà del XX secolo, il sonoro nel cinema si evolve con la consapevolezza di uno strumento d’integrazione più verosimile e maggiormente sensazionale, con una attenzione tutta particolare dedicata al supporto magnetico, dall’alta fedeltà ed, infine, alla a stereofonia che, a partire dagli Anni Cinquanta, segnò una vera e propria esplosione del sonoro nel cinema. Il suono registrato con un doppio canale e appositamente diramato in sala consentiva di dare un effetto di profondità senza eguali.
Pertanto, soprattutto oggi, un film non è solo luce, coreografia, scelta interpretativa e fotografia, ma anche ed anzi spesso, soprattuto suono.
In effetti, come ha scritto Laurent Jullier nel saggio “il suono nel cinema” (Lindau, 2007), il suono nel cinema di oggi è divenuto un fattore determinante nella valutazione della qualità estetica di un film, oltre che del successo di pubblico nelle sale, perché è attraverso il suono ed i suoni che l’autore crea il tipo di emozioni che un’opera suscitare e, per fare questo, occorre un bagaglio tecnico-culturale ed una grande sensibilità nel saper analizzare ciò che ascoltiamo: parole, musica, rumori, per dare a questo il giusto contesto.
La caratteristica del suono di Palmerini è questo: non solo vibrazione ma anche emozione ed emozione squisitamente narrativa, al servizio di una storia, con la sua etica e gli sviluppi che presuppone.
Alessandro, insomma, ripercorrendo lo sviluppo delle tecniche e le grandi trasformazioni del linguaggio cinematografico, ne usa i fattori fondamentali per l’interpretazione dei singoli film, con una carrellata di suoni e voci, versioni multiple e doppiaggio, riproduzioni meccaniche ed effetti speciali, che permettono all’opera di emergere perfettamente nel suo significato più autentico ed emozionante.
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