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Tatuaggi in sicurezza

Tatuaggi in sicurezza

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(di Carlo Di Stanislao) – La pratica del tatuaggio rituale o ornamentale è molto antico e risale alla preistoria; ma è stato nel 1769 che il Capitano inglese James Cook, approdando a Tahiti, osservando e annotando le usanze della popolazione locale, trascrivesse per la prima volta la parola Tattow (poi Tattoo), derivata dal termine “tau-tau: onomatopea che ricordava il rumore prodotto dal picchiettare del legno sull’ago per bucare la pelle. Oggi la pratica è diffusa in tutto il mondo occidentale, con ben 80 milioni di tatuati nei soli Stati Uniti.

Ricordiamo, poi, che rimuovere un tatuaggio è impresa sempre difficile.

I primi tentativi di rimozione tatuaggi furono eseguiti da Aetius, un medico greco che descrisse nel 543 A.C. una metodica che prevedeva l’utilizzo di sale (salabrasione)

Da allora sono state studiate varie tecniche per la rimozione tatuaggi come l’escissione, la crioterapia, la dermoabrasione, la cauterizzazione, la coagulazione ad infrarossi e l’ablazione con laser, che prevedono la distruzione, la rimozione meccanica, chimica o termica dello strato epidermico,  in modo che i pigmenti possano spostarsi verso la superficie cutanea.

Attualmente il gold-standard è l’uso di laser Q-switched, che permettono un’alta percentuale di successo con pochissimi effetti collaterali.

Circa, poi, la pericolosità non solo allergologica degli inchiostri da tatuaggi, la comunità scientifica si interroga da tempo.

Già nel 2008, la Food and Drug Administration, che negli Usa si occupa di approvare i coloranti aggiunti nei cibi, nei cosmetici e nei farmaci, pubblicò una ricerca in cui negava l’approvazione “a tutte le sostanze chimiche utilizzate nei tatuaggi”, confermando quanto segnalato dal 2003 dalla Commissione europea, secondo cui si evince che la maggior parte delle sostanze chimiche adibite a tale scopo, sono pigmenti industriali creati come base della vernice delle auto o come inchiostro per penne potenzialmente tossici per la salute.

In effetti, tali sostanze sono amine aromatiche, inserite negli elenchi dei cancerogeni primari e, sempre nel 2008, il Consiglio d’Europa diramò un avviso in tal senso a tutti gli organi di competenza e, in Italia, a Ministero della Salute e Regioni.

Nel 2009, a Torino, il procuratore Raffaele Guariniello, impegnato nei processi Tyssen ed Eternit, condusse una inchiesta su campioni di inchiostro colorato per tatuaggi, con prelievi e indagini eseguite dall’Arpa e con risultati tossici davvero allarmanti.

Nel 2011, poi, sulla prestigiosa rivista Contact Dermatitis, un gruppo di dermatologi tedeschi, attraverso un metodo di laboratorio molto sensibile, che può scovare i composti chimici anche quando sono presenti solo in tracce, hanno potuto dimostrare che i 14 pigmenti di solito usati per il nero, contengono carbone e nerofumo e sono allergeni primari in grado di creare reazioni allergiche anche molto gravi e persistenti e che possono sfociare in veri e propri linfomi.

Ora non si vuole allarmare alcun lettore, poiché, in generale, il rischio di malattie della pelle indotte dall’inchiostro nero, poiché è considerato quello a più alta concentrazione di sostanze nocive, è di poco superiore al 7%. Pur tuttavia va segnalato, agli amanti della body art, che il problema è che le regole sono poche, nonostante il dilagare della moda, sia come tatuaggi decorativi, che come anche quella del make-up permanente.

Gli elenchi delle sostanze consentite sono carenti, l’etichettatura dei prodotti manca di data di scadenza, istruzioni per l’uso e garanzie di sterilità.

In Germania le prime disposizioni comparse nel 2009 vietano per ora soltanto alcune categorie di sostanze tossiche, mentre in Italia, non ci sono ancora norme al riguardo.

Spero che anche di questo si parli a Pescara, dal 7 al 9 settembre, alla “East Coast Tattoo Convention, che si svolgerà presso la Fiera Adriatica al Pala Universo di Silvi Marina, con concerti e spettacoli e, in chiusura, un incontro con gli autori dei migliori tatuaggi eseguiti per la competizione; ma in cui non mi pare siano previsti discussioni e dibattiti sulle norme di sicurezza.

Nel frattempo ci allarma la notizia, letta questa estate sulla stampa on-line, che la Nokia, a corto di idee e nel tentativo di risalire il mercato, si prepara alla novità- shock del tatuaggio magnetico che permette d’identificare le chiamate, la cui innovazione risiederebbe nella capacità, del tatuaggio, di prendere diverse forme e colori, a seconda del segnale captato o della utenza chiamata.

Per il tatuaggio saranno usati, oltre agli inchiostri, sostanze magnetiche, ricaricabili medianti potenti calamite da applicare localmente.

Un rischio aggiuntivo su cui, speriamo, la Nokia abbia l’accortezza di fare indagini prima della immissione sul mercato.

Perché non vorremmo che, mentre scuotiamo la testa increduli sulle cifre in gioco nel braccio di ferro giudiziario tra Apple e Samsung e Tim Cook, il numero uno dell’azienda di Cupertino e Larry Page, boss indiscusso di Google, stanno negoziando, con discrezione e sottobanco, un accordo miliardario sulle questioni di proprietà intellettuale, inclusi i brevetti sugli smartphone; grazie al’ex-fabbricante di gomma finlandese, sia consentito di inserire nella pelle fattori poco noti e potenzialmente responsabili di drammatiche patologie.

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