(Di Carlo Di Stanislao) Il titolo sembra rifarsi alla situazione politica italiana, con Renzi che sgambetta Letta e l’opposizione che attacca Alfano e Calderoli (con ombre lunghe anche sulla Bonino), allo scopo di far cadere il governo per tornare al voto, anche se vige ancora il “Porcellum” e l’alternativa è quella di un direttivo ancora più traballante.
Berlusconi parla a favore di Alfano, tornato delfino irrinunciabile e getta la croce su “toghe e burocrazia”, mentre Emma Bonino convoca (ora, a cose fatte? ) l’ambasciatore kazako e Procaccini, capo di gabinetto, si dimette, ma dice di aver avvertito il ministro e di andarsene solo per senso di responsabilità.
“Tutti contro tutti” nella vita politica ed istituzionale e, secondo Rolando Ravello, in quella della gente comune, dei nuovi poveri che ormai abbondano in Italia, in una società fatta di abusi e soprusi ed in cui anche la casa diventa un bene difficile da raggiungere o conservare.
Appuntamento numero quattro al Roseto Film Festival “Opera Prima”, tratto da un monologo scritto e portato in teatro sempre da Ravello, “Tutti contro tutti” racconta, con i toni tragicomici della commedia amara, la guerra tra poveri per guadagnarsi il diritto di una casa, ricordando a tratti “Totò cerca casa” e spesso la grottesca drammaticità di Scola in “Brutti, sporchi e cattivi”.
Mano felice quella di Ravello che racconta la pratica, ormai diffusa, di rubare case nei quartieri poveri delle grandi città, dove l’illegalità regna sovrana e la lotta per conservare un proprio spazio è quotidiana.
Tra la difficile integrazione con gli immigrati e l’altrettanto precaria convivenza tra loro di gruppi di diverse etnie, si è alle prese con nuove forme di povertà, ma anche, fortunatamente, di solidarietà.
Tutto questo narrato in un film lontano da banali e facili risate, che mostra l’Italia odierna e lo spirito d’adattamento richiesto ai suoi abitanti e racconta l’attuale malessere sociale con garbo e affrontando argomenti scomodi come ingiustizia, sopruso, bullismo, razzismo e discriminazione con genuinità narrativa. Ovviamente l’approccio bonario e leggero non rende più digeribile il dramma e l’identificazione con gli eroi rappresentati su schermo scatta fin troppo facilmente, considerando i timori attuali dell’italiano medio.
Un film in “allegretto”, con passaggi pittoreschi e brani di alleggerimento, che tuttavia non lo spostano dal binario del rigore e della compostezza, con una profondità che traspare infiltrando di riflessioni un pot-pourri che luccica in superficie.
Siamo certi che anche questo film, come gli altri tre precedenti, sarà apprezzato dal folto pubblico (una media di 400 presenze a sera) della kermesse rosetana, spostata, dopo 17 anni, in Piazza del Municipio, diretta artisticamente (e con immutati valore e sensibilità) da Tonino Valeri e coordinata con attenzione e competenza da Mario Giunco.
Ieri commemorato il passato presidente di giuria, il grande Mario Moretti, autore e regista teatrale e cinematografgico scomparso il 6 ottobre scorso, con la presentazione del suo “Riflusso di coscienza. Memorie erotiche di un teatrante”, illustrato da Vincenzo Moretti (lettore di letteratura italiana alla università di Stoccolma) e dalla stesso Mario Giunco, memoria storica e culturale del territorio.
Sempre ieri l’assessosre al turismo del Comune, dott.ssa Maristella Urbani, ha illustrato le novità per il prossimo anno: un coinvolgimento diretto del pubblico nel voto (come nelle prime edizioni) ed una lettura filologica dei film in concorso prima della proiezione, affinchè lo sguardo sia più attento.
Poi, sempre in collaborazione con l’Istituto Lanterna Magica de L’Aquila, un post-festival con documentari e corti di giovani autori soprattutto abruzzesi, per offrire una vetrina a chi, molto spesso, non ha possibilità di grande rappresentazione.
Uno spazio per illustare, soprattutto, (come accadeva, ma solo sino al 1985, nel Festival Internazionale Cinema Giovani di Torino), la cultura, i sentimenti, le tendenze, le speranze, i sogni, ed anche le delusioni, le difficoltà, la tristezza, lo sconforto, la ribellione d’una gioventù che quotidianamente affronta i problemi dell’esistenza in una società, in continuo movimento, trasformazione, radicale mutamento di forme e di contenuti., con uno sfondo al tempo stesso storico, politico, ideologico, sociale ed implicazioni di vario genere, dalla sociologia alla politica, dall’ideologia al linguaggio, secondo procedimenti tecnici e produttivi, artistici e spettacolari che di fatto coprono tutte le possibilità attuali di produzione e distribuzione cinematografica, previlegiando, come nella sezione “Opera Prima”, gli autori più provvisti d’un linguaggio autonomo e d’un forte impegno conoscitivo.
Operazione coraggiosa ed in controtendenza quella lanciata dalla dott.ssa Urbani, in un panorama con vistosi problemi produttivi e di distribuzione, nonostante, come scriveva nel 2009 Mario Dal Bello nel suo eccellente saggio: “Inquieti. I giovani nel cinema italiano del duemila”, nel nostro Paese vengano prodotti ogni stagione centinaia di film che hanno come protagonisti giovani e adolescenti alle prese con i problemi quotidiani, i sentimenti, le scelte, le paure e l’ingresso nel mondo degli adulti e che, molto spesso non siano descritti come ribelli tout court, bensì come adolescenti spaventati e confusi alle prese con il proprio “romanzo di formazione” o di trentenni (ancora giovani e vistosamente sbeffeggiati da insulti come “bamboccioni”) stretti tra le apparenze, le aspettative altrui e un modello di vita in cui stentano a riconoscersi.
Certamente sosterrò, per il 2014 e la nuova sezione, fuori concorso e come apertura, il bel documentario ad episodi, prodotto da Rai Cinema e Faro Film da un’ idea di Franco Scaglia.
E’ tutto questo “L’Italia del Nostro Scontento”, opera ad episodi firmata dalle brave Elisa Fuksas, Francesca Muci e Lucrezia Le Moli, presentato in alla 4° edizione del Festival Internazionale del Film di Roma nella sezione “L’Altro Cinema – Extra”, curata da Mario Sesti, in cui appunto si parla di una generazione di venti-trentenni scontenti di uno stile di vita logoro, pieno di conflitti sociali e senza un’aspettativa di futuro migliore, privo di possibilità lavorative e sociali e con il “bel paese”, che sembra ormai completamente scomparso.
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