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Un libro per l’Italia

Un libro per l’Italia

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(Di Carlo Di Stanislao) In copertina un quadro di Caravaggio, pittore dalla tempra violenta e collerica, appassionato ed infelice, con una vita sempre sospesa fra le critiche dei benpensanti che non riconoscevano la sua arte e quelle degli invidiosi che non arrivavano al suo genio.

La storia è quella di una conversione, o riconversione, o inversione a u; la forma quella di un diario, scritto dal Walter Siti, già autore della trilogia sul presente composta da Scuola di nudo, Un dolore normale, Troppi paradisi, con un protagonista deciso ad abbandonare la città e le illusioni di onnipotenza che lo hanno cullato per trent’anni fino trasferirsi da Roma a Milano (l’inverso di Caravaggio, che giunse a Roma dalla Lombardia a soli vent’anni), con una perdita di quell’intenso erotismo riservato esclusivamente a giovani maschi efebici, per sperimentare un rapporto con un compagno nuovo e molto diverso dai precedenti.

Il titolo la dice lunga: “Exit strategy”, per descrivere qualcosa che non è solo ricerca di una via d’uscita dal caotico e dal moderno, ma tentativo di recuperare speranze e desideri, sogni e prospettive, con sullo sfondo un’Italia che cade a pezzi, che perde posti di lavoro e dignità, ogni giorno e, fra le righe, un interrogativo agghiacciante e profondo, che ci chiede se sia ancora possibile per noi italiani risvegliarsi dall’incantesimo, dimenticare il “sole in tasca” del leader idolatrato e odiato in ugual misura e se esiste una via d’uscita che non sia semplice recessione, oppure, come il vecchio protagonista teme per sé, l’uscita si configura soltanto come un ennesimo trompe-l’oeil, dove le ossessioni non si sconfiggono combattendole ma si eludono parlando d’altro.

Dopo “Resistere non serve a niente”, caso letterario e Strega lo scorso anno, Siti scrive un libro che fa male, infarcendoti di uno stile volutamente rude, che ci fa vivere, dolorosamente, le situazioni e l’angoscia, il senso di vuoto, che attanaglia il protagonista perso in una realtà che non vuol vivere, ma che è costretto a guardare con occhi spalancati.

Come fu per “Resistere non serve a niente”, ma con una punta di cattiveria in più, il lessico è quasi sconcio, forte, scuote gli animi, costringe a riflettere e ad interrogarsi attraverso il paravento dell’omosessualità, di un mondo così lontano dalla regola -così lo racconta- fatto di escort e di sesso estremo, per far trasparire la voglia di normalità, che è l’unica via di fuga, l’unico vero rifugio per una serenità forse più tiepida, ma vera.

Non è una sconfitta, non è il riposo del guerriero che dopo una vita fatta di estreme azioni e di tentativi di ricercare in un estetismo rifocillante, non è la rassegnazione di chi non ha più soldi per comprare i propri desideri, è la consapevolezza di essere giunti alla fine di un percorso e di non avere più voglia di cercare qualcosa che non esiste se non nell’evanescenza delle proprie immagini mentali.

La crudezza con cui si racconta il lento decadere della madre malata, affetta da una demenza senile ormai irrimediabile, distrugge, perché descrive con chiarezza le molte realtà che esistono, i pensieri non detti, ma fatti trasparire, la crudeltà di un egoismo così radicato, ma non ammesso, giustificato, mascherato; così metafora dopo metafora, la realtà intorno i mescola con la realtà immaginata, con i sogni non realizzati, e solo quando i sogni si realizzano, quando le sorprese si palesano ecco che quella realtà cruda, goccia goccia da concretezza alla vita sognata e tingendola di verità la rende vivibile.

Come fu per “Resistere non serve a niente”, ma con una punta di cattiveria in più, il lessico è quasi sconcio, forte, scuote gli animi, costringe a riflettere e ad interrogarsi attraverso il paravento dell’omosessualità, di un mondo così lontano dalla regola -così lo racconta- fatto di escort e di sesso estremo, per far trasparire la voglia di normalità, che è l’unica via di fuga, l’unico vero rifugio per una serenità forse più tiepida, ma vera.
Non è una sconfitta, non è il riposo del guerriero che dopo una vita fatta di estreme azioni e di tentativi di ricercare in un estetismo rifocillante, non è la rassegnazione di chi non ha più soldi per comprare i propri desideri, è la consapevolezza di essere giunti alla fine di un percorso e di non avere più voglia di cercare qualcosa che non esiste se non nell’evanescenza delle proprie immagini mentali.

La crudezza con cui si racconta il lento decadere della madre malata, affetta da una demenza senile ormai irrimediabile, distrugge, perché descrive con chiarezza le molte realtà che esistono, i pensieri non detti, ma fatti trasparire, la crudeltà di un egoismo così radicato, ma non ammesso, giustificato, mascherato; così metafora dopo metafora, la realtà intorno i mescola con la realtà immaginata, con i sogni non realizzati, e solo quando i sogni si realizzano, quando le sorprese si palesano ecco che quella realtà cruda, goccia goccia da concretezza alla vita sognata e tingendola di verità la rende vivibile.

Un libro schietto e diretto, fatto di note autobiografiche che lasciano un segno così crudo e dolce da riconciliarci con il mondo, donandoci una speranza di felicità, non sofisticata, ma genuina, guadagnata a fatica e tra mille contorcimenti e sofferenze.

Un libro per questa Italia in cerca di riscatto, di illusioni e di sogni, amoroso e poetico, con una ricchezza lessicale che lascia interdetti ed una schiettezza lucida ed ammirevole.

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