Sergio Citti è morto la sera del 14 gennaio, ad ottanta anni, dopo essere stato il più importante degli attori-simbolo di Pasolini, che lo volle in Accattone poi in Mamma Roma, La ricotta (episodio del film con Rossellini e Godard: RoGoPa) Porcile e il Decameron. Era nato in borgata e, all’inizio, Pasolini se ne serviva per capire fino in fondo l’idioma di una Roma che stata cambiando ed in peggio.
Fu anche diretto dal fratello Sergio, a partire da Ostia del 1970 quindi Storie scellerate (1973), Casotto (1977) e Il minestrone (1981) scritti dallo stesso Sergio con l’amico Vincenzo Cerami.
A quattro mani diressero Cartoni animati, mentre Coppola lo volle per Il Padrino, Elio Petri per Todo modo e Bernardo Bertolucci per La luna.
In teatro aveva lavorato con Carmelo Bene, attore-autore spietato con tutti, ma che di lui parlava come di un autentico talento naturale.
Se ci addolora la morte di Citti, ci riempie di orgogliosa gioia il Golden Globe ad Ennio Morricone per la “Miglior colonna sonora” del film “The Hateful Eight” di Quentin Tarantino, colonna candidata (e tra le favorite,)ai prossimi Oscar, in una serata tutta hollywoodiana che ha visto il trionfo con ben tre riconoscimenti (film, regista e protagonista)di “Revenant” (Redivivo), con Leonardo Di Caprio e del regista messicacano Alejandro González Iñárritu; oltre alla 25enne Jennifer Lawrence, che vince il suo terzo Globe per la commedia-musical “Joy”.
E veniamo al film di ci vogliamo parlare: “La corrispondenza” di Giuseppe Tornatore, riuscita riflessione su due grandi temi: la morte e l’amore, con due star internazionali (Jeremy Irons e Olga Kurylenkì) scelte per protagoniste che hanno, nonostante ed anzi soprattutto grazie alla differenza d’età, un’ottima alchimia e rendono credibile il sentimento che sono chiamate a interpretare.
L’amore fra i due è di quelli abissali e rari. Si vedono poco Ed e Amy (questi i loro nomi nella finzione) si sfiorano e si possiedono nelle molecole temporali che gli vengono concesse, attraversano la loro storia uniti dalla visione siderale e dalla scienza che li unisce in una intensa congiunzione intellettuale.
È una stella bianca, forse d’avorio, l’ultimo dono che lui le fa ritrovare dopo aver lasciato l’albergo dove si sono dati convegno. Perché, dopo, Ed scompare.
Una partenza come tante, messaggi, email, frasi d’amore. Ma stavolta è diverso. Perché la comunità scientifica, nel mezzo di un congresso cui partecipa anche Amy, ne annunzia la morte, commemorandone la fama e troncando il respiro alla sua giovane allieva.
Ma l’amore, appunto, è un enigma. L’amore che non muore e sopravvive a se stesso. Amy dai grandi occhi verdeazzurro che forse riflettono la Nebulosa del Granchio, è davanti a questo mistero con email e videomessaggi di lui che continuano oscuramente ad arrivarle, come da qualche remoto angolo, datati dopo il giorno della sua “morte”.
Scienza e anima, materia e spirito e rarefazione della materia, dove Giuseppe Tornatore, in una totale simulazione della realtà e del tempo, accordando in modo perfetto la sua duplice vocazione ad operare sulla memoria e sul mistero trasformistico, escogita un grande film: romantico, struggente, antiretorico, ardente, astrale, fatto di pura energia e meraviglia.
Carlo Di Stanislao
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