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Un ricordo di Damiano Damiani

Un ricordo di Damiano Damiani

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(Di Carlo Di Stanislao) E’ morto tre giorni fa a 90 anni, lontano dalla attività da dieci anni e con all’attivo film di impegno e passione civile, costruiti con un riuscito mix codici popolari e di denuncia, come “il rossetto” e “Il giorno della civetta””.

Damiano Damiani, artigiano dalla solida professionalità e dalla sguardo attento, entra nel mondo del cinema nel 1947, dopo il diploma alla Accademia di Brera, con il documentario La banda d’Affori , poi lavoro come sceneggiatore ed infine di afferma come autore assieme a quel gruppo di registi troppo poco ricordati (Comencini, Lattuada e Olmi, che hanno fatto la storia del nostro cinema negli anni 60 e 70.

Dopo L’isola di Arturo, dall’omonimo romanzo di Elsa Morante, di cui cura anche la sceneggiatura assieme a Ugo Liberatore e Cesare Zavattini, puntando molto per l’introspezione psicologica dei personaggi e l’anno dopo, il 1963, La rimpatriata, con Walter Chiari, vincitore del premio Fipresci, sulla borghesia dell’epoca, attraverso un incontro tra vecchi amici, che con malinconia pensano a ciò che sono diventati e a ciò che avrebbero voluto essere; si cimenta anche nel nascente genere “spaghetti western”, con l’eterodosso Quién sabe? (1966), in cui aggiunge il tema di fondo dell’impegno politico, dirigendo magistralmente Klaus Kinski e Gian Maria Volonté.

Negli anni settanta gira La moglie più bella, il film d’esordio al cinema di Ornella Muti e nel 71 tocca due polizieschi in cui la mafia si sposa al film d’azione: Confessione di un commissario di polizia al Procuratore della Repubblica, con Martin Balsam e Franco Nero, e L’istruttoria è chiusa: dimentichi, sempre con Franco Nero.

Dopo alcune opere minori, nel 1984 è il regista della prima stagione di una delle serie italiane più celebri, La piovra, realizzata da un soggetto di Ennio De Concini, dove, con grande maestria e senso dello spettacolo popolare si descrive la mafia dell’Italia contemporanea, quella collusa con la politica, che svilisce e manipola le istituzioni. Il pubblico si appassiona alla storia del commissario Corrado Cattani, l’eroe antimafia attorno al quale ruota il racconto, interpretato da Michele Placido.

Il suo ultimo lungometraggio è del 2002: Assassini dei giorni di festa, tratto dal libro omonimo dello scrittore argentino Marco Denevi, riconosciuto come d’interesse culturale nazionale dalla Direzione generale per il cinema del Ministero per i Beni e le Attività Culturali italiano; in cui si narra di come un gruppo di teatranti italiani, ridotti alla fame, scelga di recitare la parte dei parenti alle veglie funebri di gente a loro sconosciuta, nel tentativo di rubacchiare qualcosa.

Di Damiani l’Istituto Cinematografico Lanterna Magica de L’Aquila, conserva copie dei film “Il rossetto”, “La noia”, “Il giorno della civetta” e “La moglie più bella”, oltre ai bozzetti per i costumi di “Quen sabe?”, presentati in un allestimento sulla bozzettistica cinematografica italiana, al Roseto Film Festival nel 2010.

Passionale, curioso, con il gusto per la polemica, Damiano Damiani, attento alle ragioni del pubblico ma non privi di originalità e invenzione, è l’autore di un cinema di qualità, popolare ma mai scontato o banale.

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