(di Carlo Di Stanislao) – “The Lady”, di Luc Besson, ha inaugurato degnamente il recente Festival Internazionale del Film di Roma, accolto con un caldo applauso dal folto pubblico e da buone recensioni da parte della critica. La pellicola racconta la vita della pacifista birmana Aung San Suu Kyi, costretta per quasi 20 anni agli arresti domiciliari dal regime militare del suo Paese ed ha, forse, il punto di forza più evidente, nella splendida interpretazione della protagonista: Michelle Yeoh, che ha imparato il birmano e studiato ore di filmati sulla Suu Kyi, tanto da risultare così convincente che finzione e realtà si confondono. Girato tra la Thailandia e Oxford e visionato da uno dei figli della pacifista, il film è appassionante e profondo, emotivamente coinvolgente e con soluzioni narrative di indubbia fascinazione, nel ripercorrere la nascita dell’opposizione della donna contro la dittatura militare birmana e gli sviluppi complicati della guerra fredda scatenata da parte del regime. Focalizzandosi sul rapporto con il marito e la famiglia in generale, il film descrive la dimensione intima di una donna costretta dal regime a vivere lontano dai propri affetti, saldi e duraturi nonostante le difficoltà. L’attrice Michelle Yeoh, il cui marito, Jean Todt, figura tra i coproduttori del film, ha affermato: “Il nostro film è un atto d’amore e di impegno. Da lei ho imparato cosa significano il sacrificio, l’impegno, la passione, e se con il film riusciremo a informare e far riflettere dei giovani sul suo messaggio avremo ottenuto una vittoria”. Un film necessario e utile per mettere in luce la figura complessa e bellissima di una donna che ha sacrificato tutto in nome della giustizia e della democrazia ed ancora una pellicola che evidenzia una nuova fase del cinema bessoniano: non più avanguardia di genere né sperimentazione (sia essa nell’animazione “minimea” o nel bianco e nero di Angel-A), ma cinema civile ed insieme di massa. “The Lady” è un film femminista di un cineasta maschilista, che però adora le donne. Non manca al film un briciolo della retorica o dell’agiografia che ci si poteva attendere fin dall’inizio, tese al ritratto di una donna che ha sacrificato tutto di sé ed ha accettato una prigionia non certo solo fisica nel nome di un bene superiore e collettivo. Ma esso decolla in più punti e tocca il suo apice quando affronta, con smaliziata abilità, il versante personale e privato della storia di Aung San Suu Kyi, facendo del marito Michael Aris un vero e proprio (co)protagonista. Dietro una grande donna c’è sempre un grande uomo, sembra sostenere Besson non senza un’ombra, pur leggera, di maschilismo: e Aris, sempre supportivo nei confronti della moglie nonostante le sofferenze e i sacrifici sopportati fino alla morte avvenuta per cancro, finisce per diventare il vero martire del film. In definitiva non un film politico, ma una storia d’amore passionale e filiale, che resiste alle lontananze fisiche e al dolore in nome di un progetto comune: la libertà del popolo birmano. Luc Besson ha potuto contare su un lavoro di preparazione incompleto, dove le figure di riferimento sono una, inaccessibile al tempo delle riprese a causa della detenzione, e l’altra (il marito, l’attore David Thewlis) purtroppo tragicamente e prematuramente scomparsa. Eppure il risultato è eccellente. Nato a Parigi il 18 marzo 1959, Luc Besson ha passato i primi anni della sua vita seguendo i genitori, istruttori di nuoto subacqueo, nei loro viaggi intorno al mondo. A diciassette anni, un incidente in mare lo ha costretto a rinunciare alle immersioni e al progetto di diventare un biologo marino specializzato in delfini. La sua prima regia, “le dernier combat” è del 1982 ed il successo arriva con “Subway” tre anni dopo. Fra il ’90 ed il ’99 i suoi maggiori successi: “Nikita”, “Leon”, “il quinto elemento” e “Giovanna d’Arco”. Dopo una lunga parentesi come produttore (“15 agosto. Non sarà una vacanza per tutti) e sceneggiatore, torna alla regia nel 2010, con il visionario ed avventuroso “Adèle e l’enigma del faraone”, basato su una serie di fumetti intitolati Le straordinarie avventure di Adèle Blanc- Sec, ideati nel 1976 dall’autore francese Jacques Tardi, che tra il fascino dei misteri delle mummie egizie e la nascita di uno pterodattilo, ricrea un genere per famiglie (e cinefili) che si credeva perduto. A noi pare estremamente interessante, anche, la realizzazione, come cinema d’animazione, della trilogia dedicata al giovane Arthur e all’infinitesimale mondo dei Minimei: Arthur e il popolo dei Minimei nel 2007, seguito nel 2009 da Arthur e la vendetta di Maltazard, con la conclusione, Arthur 3 – La guerra dei due mondi, alla fine del 2010. Sebbene Besson peschi a piene mani dalla letteratura (tanto da “I Viaggi di Gulliver” quanto da “Alice nel paese delle meraviglie”) e dal cinema (La storia infinita e L’isola del tesoro), è comunque riuscito a realizzare questi film d’animazione autentici e coinvolgenti, storie per bambini tutt’altro che banali e ingenue. Nell’aprile 2011 Besson è stato l’ospite d’onore del Future Film Festival 2011, tutti e tre i film della “Maratona Minimei” e, ancora, Il Quinto Elemento e Le straordinarie avventure di Adele Blanc Sec, da cui ci si aspettava di più al botteghino. Per chi volesse approfondire Besson consigliamo, soprattutto, “il quinto elemento”: Il più internazionale dei suoi grandi successi; uno spettacolare kolossal postmoderno, che mescola fantascienza, azione e ritmi da cartoon, lasciando lo spettatore senza respiro. Besson ha potuto incontrare Suu Kyi solo dopo il suo rilascio, avvenuto il 13 novembre 2010, quando le riprese di “The Lady” erano già terminate. “Ho risalito lo stesso viale, mi sono trovato davanti alla stessa casa” ricostruita “al millimetro” in Thailandia, dove sono state girate la maggior parte delle scene, ha detto Besson in una conferenza sul film a studenti universitari di Lille, in Francia. Luc Besson è anche riuscito a filmare una parte degli esterni direttamente in Birmania, grazie ad una piccola telecamera, facendosi passare per un turista. “Ho girato 17 ore di pellicola, talvolta con un militare a tre metri da me”. Gli attori ripresi in Thailandia in seguito sono stati trasposti su queste immagini, grazie alla tecnica del “fondo verde”. Per il momento, Aung San Suu Kyi non vuole vedere il film, in cui si parla anche della morte del marito e del padre. “Mi ha detto ‘Lo vedrò quando ne avrò il coraggio'”, ha precisato Luc Besson, anche perché, pare, la pacifista abbia gradito molto film del regista francese: Nikita e Leon Le Grand Bleu, Giovanna D’Arco e Angela. La protagonista di “The Lady”, Michelle Yeoh Choo-Kheng, è un’attrice cinese-malese residente a Hong Kong famosa interprete di film d’azione, fra cui “la tigre e il dragone” (2000) e “La mummia – La tomba dell’Imperatore Dragone” (2008). Dal 2004 è fidanzata con Jean Todt, a quel tempo direttore della scuderia Ferrari di Formula Uno. Todt e la Yeoh si incontrarono nel giugno 2004 in un evento promozionale organizzato dalla Ferrari a Shanghai in Cina. A farli incontrare è stato un precedente compagno della Yeoh, Thomas Chung. La sua migliore prova, a mio avviso, è quella di coprotagonista di “Memorie di una geisha”, di Rob Marshall, adattamento del romanzo omonimo di Arthur Golden prodotto dalla Amblin Entertainment di Steven Spielberg, con il quale ha vinto l’Accademy Award nel 2006.
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