(Di Carlo Di Stanislao) Dice che non è un libro politico (solo due capitoli su dodici si occuperebbero direttamente di questo), né autobiografico, ma la testimonianza diretta di 40 anni di storia italiana, fatta con lo sguardo privilegiato di chi vi ha assistito direttamente.
“Sale, zucchero e caffè”, ultima fatica del giornalista più famoso della televisione, è stato presentato a Otto e Mezzo dalla amica-nemica Lilli Gruber, illustrato in modo accattivante e con ampi dettagli sui variegati contenuti: dalle incursioni notturne nel lettone dell’amatissima nonna Aida, dove cercar rifugio dai brutti sogni, all’infanzia a L’Aquila, nell’Italia della ricostruzione, alla gavetta giornalistica nella redazione locale del “Tempo” (dove si occupò a lungo di sport, in particolare tennis e rugby), al concorso nazionale per radio telecronisti del 1968 in cui si classificò al primo posto e in seguito al quale venne assegnato al telegiornale, per poi diventare un osservatore delle vicende – non solo politiche – italiane, fino alla più stringente attualità.
Una storia personale fatta di molti incontri (con i potenti ma anche con gente comune), di forti emozioni e di esperienze epocali, che è anche la ricostruzione di tanta parte della storia e del costume del nostro Paese.
Che Vespa sappia scrivere è certo ed è la sua una scrittura accattivante ma, come nota Il Fatto Quotidiano, a parte Renzi, nelle nutrite 446 pagine del florilegio molto autocelebrativo e molto in vena di strenna natalizia, non compare un solo personaggio di sinistra, mentre vi è una profusione inutile di sport, moda, design, hockey su prato.
Insomma un libro che entra degnamente in una delle più mediocri collane della molto calata Mondadori, quella chiama appunto “I Libri di Bruno Vespa”, che si poteva evitare salvaguardando una parte di foresta pluviale dal disboscamento ed è al contempo indice della arretratezza di un paese che ha debellato lo scorbuto e la pellagra, ma non ancora la banalità ed il giudizio di parte.
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